Missionari della Via – Commento alle letture di domenica 6 Novembre 2022

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Pace e bene, questa domenica apriamo il cuore alla gioiosa certezza della risurrezione, frutto dell’infinito amore e fedeltà di Dio per noi…

Alcuni sadducei pongono una questione abbastanza assurda a Gesù,  costruendo un caso basato sull’antica legge del levirato in Israele, secondo  cui un uomo doveva sposare la moglie del fratello morto così da dargli  una discendenza. Alla base di questa legge vi è il forte ed arcaico desiderio  di sopravvivere nei figli; il figlio infatti era considerato figlio del defunto,  non del padre carnale. Ma nella logica dei sadducei basta questa legge per  provare che non vi è risurrezione dai morti.

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Gesù risponde a tappe.  Anzitutto fa capire che la risurrezione è un “salto” in una qualità di vita  totalmente altra, rinnovata. Nella risurrezione gli uomini e le donne  saranno partecipi della vita divina, dunque immortali, per cui il matrimonio  non servirà più, essendo una realtà (sacra) legata a questo mondo e alla  procreazione.

La prospettiva dei sadducei invece «presuppone una visione  piuttosto materiale dell’aldilà: la risurrezione consisterebbe [al massimo]  in un ritorno alla vita terrena soltanto migliorata e potenzializzata; si  proietta nell’aldilà il positivo della vita terrena, in particolare le gioie, la  fecondità e la fertilità, con un semplice aumento quantitativo. Ci sarà  dunque anche un ritorno alla vita matrimoniale. Era una opinione assai  comune nel giudaismo, ed è anche il punto debole dell’argomentazione  dei sadducei» (G. Rossé).

Infatti la risurrezione della “carne”, promessa da  Gesù a coloro che credono in Lui («chi mangia il mio corpo e beve il mio  sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» Gv 6,54), sarà  un “di più” inimmaginabile, oltre ogni possibile umana congettura, perché  è una novità preparata da Dio che non appartiene alle nostre categorie  spazio-temporali. Un corpo spirituale, immortale, non soggetto alla  corruzione, alle malattie… qualcosa di meraviglioso e non “campato in  aria”, vista la concreta risurrezione di Gesù e la già avvenuta assunzione al  cielo di Maria! 

San Paolo, a proposito di questa splendida realtà, parla di «quelle cose che occhio non vide, orecchio udì, mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» (1Cor 2,9). E quando parla della risurrezione utilizza l’immagine della semina: la pianta che cresce, infatti, non è un seme proporzionalmente più grande: «Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale» (1Corinzi 15,42- 44). E fa notare Robert Cheiab: «Pur non sapendo come saranno i  nostri corpi, è certo che essi non saranno una carne sottomessa alla  corruzione. Qui ci possono essere di aiuto le sfumature dell’ebraico  quando parla del corpo: basar. Basar è sì corpo, ma è anche persona.  Al plurale significa popolo. Basar, in breve, è l’identità personale. Per  cui, trasformati, trasfigurati, saremo comunque noi stessi» 

In secondo luogo, che Dio sia il Dio dei viventi e non dei morti è già più  che comprovato nel primi cinque libri della Bibbia (la Torah, nella quale i  sadducei dicevano di credere). Gesù lo dimostra citando l’episodio del  roveto ardente (cf Es 3,6), in cui Dio si rivela a Mosè come è il Dio di  Abramo, di Isacco, di Giacobbe, che in Lui sono dunque vivi, nell’attesa  della risurrezione finale del “corpo”.

Questo riempie di consolazione. Nella  risurrezione, saremo sempre noi, con il nostro “io profondo” ma immersi  in una qualità di vita nuova e totalmente altra! Cosa significa? Che in Dio  ci ritroveremo, ci riconosceremo, ci conosceremo tutti, essendo partecipi  della divinità e onniscienza di Dio. Che meraviglia! E riconosceremo i meriti  gli uni degli altri, senza invidia né divisione alcuna, ma gioendo e amandoci  dello stesso amore divino! 

E l’efficacia della risurrezione investe già la vita terrena, dando modo  alle persone di poter vivere in un altro modo. Vivendo unito a Dio  «l’uomo può rinunciare al matrimonio perché è “persona”, costituita  come tale dal suo rapporto con Dio. Non è tenuto a conservare la  specie, perché è della stessa specie di Dio… Il matrimonio cristiano con  la sua fecondità… è testimonianza dell’amore e della fecondità di Dio…  è segno transitorio di ciò che sarà per sempre: vivere per Lui come Lui  vive per noi; è la nostra piena realizzazione» (p. Silvano Fausti).

Per  questo già ora è dato ai credenti di poter anticipare questa forma di  vita “come angeli nei cieli” consacrandosi interamente a Dio, per  amare tutti del suo stesso amore, donandosi con generosità. Chiediamo al Signore che ravvivi in noi il desiderio del cielo, di  ritrovare in Lui i nostri cari e di vivere su questa terra secondo il cielo,  sapendoci amati e amando del suo stesso amore.

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