Pace e bene,
nel caldo del sole estivo, contempliamo la vera luce che si dipana dal volto di Cristo, luce gentile capace di rischiarare la nostra vita e guidare i nostri passi…
Questa domenica celebriamo la festa della Trasfigurazione del Signore. Matteo, a differenza di Luca, la colloca sei giorni dopo la professione di fede di Pietro (cf Mt 16,13-20) e il primo annuncio della passione, morte e risurrezione di Gesù (cf MT 16,21-28), evidenziandone il legame. Gesù conduce in disparte i suoi, «su un alto monte», che per tradizione biblica è luogo della rivelazione di Dio. Qui, in intimità e in modo privato, Gesù rivela la sua divinità.
Non vuole dare spettacolo, ma imprimere nella mente e nel cuore dei suoi qualcosa di profondo, di prezioso, che solo dopo la morte dovrà essere rivelato. Tutto ciò ci parla di umiltà. Sì, Dio è umile, non ama l’appariscenza, non ha bisogno di mettersi in mostra. Quanta differenza con tanti nostri modi di fare; nella nostra “era dell’immagine”, quanti non si lasciano scappare occasione per mettere in mostra quanto hanno fatto, dalle cose più semplici a quelle più impegnative.
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Quel desiderio di essere amati e valorizzati spesso degenera in ricerca di visibilità e vanagloria. Per non parlare poi di tanti presunti veggenti, subito pronti a pubblicare le loro presunte estasi, visioni, stimmate… Quanta differenza con i santi, che invece nascondevano tutto, e con i veri stimmatizzati, come ad esempio San Pio, che nascondeva a tutti le stimmate, “gridando dietro” a chi con l’inganno cercava di scorgerle. L’umiltà dovrebbe essere il primo gradino per salire la scala delle virtù e il primo criterio per discernere ciò che profuma di Dio… Chiediamoci: a che punto sono con l’umiltà? Preferisco nascondermi, o cerco di mettermi in mostra?
Andiamo avanti. Gesù fu trasfigurato. Il “cambio di forma” di Gesù viene descritto attraverso la luminosità del volto e delle vesti. Per un attimo viene dunque rivelata la divinità del Figlio di Dio celata dalla sua natura umana. Ed ecco apparire Mosè ed Elia, rappresentanti della Legge e dei profeti che conversavano con Lui. Ci fa capire che l’Antico Testamento si compie in Gesù e che Gesù si lascia condurre dalle Scritture, seguendo il piano salvifico iniziato già secoli addietro. Gesù non è un “battitore libero” ma Lui, parola divina incarnata, si lascia condurre dal Padre e dalle Scritture, come un musicista che segue lo spartito. Questo è importante anche per noi. Come ci ha ricordato papa Francesco «la vita cristiana è “semplice”: ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica.
“Forse noi l’abbiamo fatta un po’ difficile, con tante spiegazioni che nessuno capisce… E per ascoltare la Parola di Dio, la Parola di Gesù basta aprire la Bibbia, il Vangelo. Ma queste pagine non vanno lette, vanno ascoltate. “Ascoltare la Parola di Dio è leggere quello e dire: ‘Ma a me questo che dice, al mio cuore? Dio cosa sta dicendo a me, con questa parola?”. E la nostra vita cambia”».
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Infine, ecco l’intervento di Pietro il quale, folgorato da tanta bellezza, vorrebbe fare tre capanne. In semplicità, egli vorrebbe fermare questa situazione celestiale e non andare oltre. Ma non è possibile. Questo momento di grazia che Pietro e gli altri stanno vivendo è in funzione della missione. Servirà loro per leggere e rileggere con occhi nuovi la passione di Gesù, sapendovi scorgere non il fallimento ma il compimento del disegno di salvezza di Dio.
Quel Gesù che sarà sfigurato nella passione, è lo stesso Gesù che ora è trasfigurato; la passione non è un incidente di percorso, ma il luogo del dono senza riserve di Gesù per noi e del suo filiale abbandono al Padre. Contemplare la gloria del Signore serve anche a noi per non scoraggiarci nei momenti difficili; è come alzare lo sguardo verso il cielo quando il paesaggio davanti è triste e brullo. In fondo così il Signore continua a fare anche nella nostra vita: semina tante grazie che ci preparano e ci aiutano ad affrontare i momenti difficili che inevitabilmente arrivano. A noi sta saperne fare tesoro…
Infine, ecco la voce del Padre che dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». Fermiamoci su queste parole senza commentarle. Lasciamole risuonare nel nostro cuore, anzi, incidiamole nel cuore, perché possano aiutarci a dirigere i nostri passi sulla via tracciataci da Gesù, nelle piccole come nelle grandi scelte di ogni giorno.