Pace e bene
questa domenica contempliamo la trasfigurazione, ricordando che non siamo soli nel buio delle nostre notti…
Il vangelo di oggi ci annuncia una trasfigurazione: Dio che si rivela nel suo fulgore a Pietro, Giacomo e Giovanni. Insieme a Gesù, appaiono sul monte anche Elia e Mosè: possiamo dire che l’Antico Testamento e il Nuovo si sposano nel compimento che Cristo sancisce. La gioia che i discepoli sperimentano è così grande che cominciano a pensare di non voler lasciare quella pace e quella bellezza. Infatti, riconoscono che non è solo buono stare con Gesù ma è bello. In italiano è un termine molto estetico; ci dice che Dio permea la concretezza. Egli si rivela non solo come buono per noi ma anche bello. Annunciare questa bellezza è importante.
Dio è concreto, e l’incarnazione ci dice proprio questa concretezza: Dio non sta lontano, relegato nell’astratto ma abita la nostra storia, così che possiamo farne esperienza. È questa bellissima concretezza di Dio di cui abbiamo bisogno, e che dobbiamo testimoniare: un Dio bello e non solo una buona morale. Questo vuole dire che Egli ti conosce, puoi sentirlo vicino, abita la realtà, dona alla tua vita il riflesso della sua bellezza che permea anche la moralità.
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Ma da dove iniziare questo annuncio di bellezza? Possiamo imparare dalle bellissime parole che la voce del cielo proclama, che invita all’ascolto di Gesù. Annunciare la parola di Gesù e viverla è la porta per la luce. Proporre una visione cristiana della vita significa illuminare l’esistenza, proporre il vivere da Dio. Soprattutto in un mondo in cui si tenta di screditare Dio come l’inesistente, o al massimo come Colui che viene a privarti di libertà e felicità, l’annuncio cristiano non è il moralistico: “devi fare questo… non devi fare l’altro, altrimenti il Dio del cielo con la sua voce tuonerà e ti annuncerà una punizione”!, ma è proprio il contrario: Egli vuole portarti luce, bellezza, e riempire la tua vita di gioia, facendoti maturare nella responsabilità. Perciò l’ascolto chiede l’immergersi nella pratica di ciò che Gesù ci annunzia; questa è la fonte primaria, la porta per partecipare alla trasfigurazione.
Spesso questa luce di Dio, come nel caso dei discepoli, diventa abbagliante; per alcuni è accecante pensare di far entrare troppa luce che metta in risalto anche le loro debolezze e brutture, eppure Gesù, come dice ai discepoli dice anche a noi: «Alzati e non temere». Cioè, mettiti all’opera, fai vivere questa luce di Dio e non aver paura di sentirti fragile, di esporti luminoso davanti agli altri. Gesù sarà con te, come Colui che rimane sempre. Se la tua vita valesse solo perché riesci a fare quello che fanno tutti sarebbe poca cosa. Ripeti al tuo cuore: “Gesù rimane con me, non devo aver paura delle sua luce, di mostrarmi sotto la sua luce”.
È proprio la Sua luce che ti aiuterà nei momenti di dolore. Perciò possiamo dire che la trasfigurazione è legata alla passione e resurrezione di Gesù. Benedetto XVI diceva che: «la verifica della trasfigurazione è, paradossalmente, l’agonia nel Getsemani (cfr Lc 22,39-46)». Sì, la trasfigurazione rappresenta quell’evento di luce che possiamo vivere anche noi e che trasforma la nostra vita in preghiera, anche nella sofferenza, anche attraverso le nostre ferite. Far entrare la luce di Cristo significa diventare noi preghiera, infatti, continua Benedetto XVI: «la preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso».