Pace e bene, questa domenica siamo ricondotti al centro di tutto: Amare Dio e il prossimo come noi stessi. Che il Signore ci aiuti affinché ogni nostra azione da qui parta e qui tenda…
Una domanda posta a Gesù per coglierlo in fallo viene usata da Lui per condurci al cuore della legge di Dio: amare. Del Vangelo di oggi vogliamo cogliere quattro piccoli spunti. Gesù, innanzitutto, usa un verbo al futuro, amerai, per indicare un’azione mai conclusa, che durerà quanto il tempo. Non siamo nel campo di una scelta momentanea, di un’opzione nobile ma passeggera, di un optional, un po’ sì e in po’ no. Qui si tratta di qualcosa di duraturo, necessario, di avere un rapporto vero, autentico. Hanno domandato a Gesù quale sia il più grande comandamento e Lui invece ne elenca due.
«La vera novità non consiste nell’avere aggiunto l’amore del prossimo, era un precetto ben noto della legge antica, ma nel fatto che le due parole insieme, Dio e prossimo, fanno una sola parola, un unico comandamento. Dice infatti: il secondo è simile al primo. Amerai l’uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio, il fratello ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il suo grido è da ascoltare come fosse parola di Dio, il suo volto come una pagina del libro sacro» (p. Ermes Ronchi).
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E non solo ma Gesù aggiunge quasi un terzo comandamento: «Amerai il tuo prossimo come ami te stesso». È come se ci dicesse: «ama te stesso, amati come un prodigio della mano di Dio, scintilla divina» (p. Ermes Ronchi). Per questo occorre imparare ad amarsi nella verità, come Egli ci ha amato, perché «possiamo correre il rischio di amarci in modo sbagliato, cioè, desiderare il male, non il bene, amare il vizio, non la virtù. Se un simile uomo ama gli altri come sé stesso e vuole per gli altri le cose che vuole per se stesso, poveretta la persona che è amata così! Sappiamo invece dove ci porta l’amore di Gesù: alla verità, al bene, al Padre» (p. R. Cantalamessa).
Infine, Gesù non ci dice solo di amare con tutto il cuore, l’anima e la mente, ma vi aggiunge un’altra parolina che dice una radicalità: tutto. Senza questo tutto non è amore ma convenienza, non è dono totale ma occasionale, ridotto a qualcosa che posso fare o non fare, insomma, non è amore vero. Noi spesso amiamo se ci conviene, fino a quando ne abbiamo voglia, fino a quando ne abbiamo un tornaconto.
Amiamo a metà perché doniamo spesso il nostro cuore a cose di poco conto, amiamo ciò che non vale la pena amare, amiamo ciò che non è amore ma possesso! Per questo occorre andare a scuola dell’amore. Guardare come Cristo ama, attingere a Lui, fonte dell’amore, per essere anche noi riflesso del suo amore, e non una volta ogni tanto ma sempre.
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