Pace e bene
questa domenica chiediamo al Signore la grazia di “risvegliare” la nostra fede in Lui e l’amore per la mamma Chiesa, alla quale ha lasciato le chiavi preziose della vita…
L’episodio di oggi si articola in due atti: nel primo viene riportato il sondaggio d’opinione effettuato da Gesù che sfocia nell’intervento di Pietro sull’identità del Messia (vv. 13-16); nel secondo la parola di Gesù delinea il futuro compito ecclesiale di Pietro (vv. 17 -20). Noi ci soffermiamo su tre punti.
1. Chi è Gesù per me? Anzitutto Gesù parte dal chiedere ai discepoli cosa pensa la gente di lui per poi interpellarli personalmente: «ma voi chi dite che io sia?». È una domanda centrale per ciascuno di noi. Come ha detto bene p. Cantalamessa: «Dobbiamo porci seriamente una domanda: Gesù è per me una persona, o solamente un personaggio? C’è una grande differenza tra le due cose. Il personaggio – tipo Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, Napoleone – è uno di cui si può parlare e scrivere quanto si vuole, ma al quale e con il quale è impossibile parlare. Purtroppo, per la grande maggioranza dei cristiani Gesù è un personaggio, non una persona.
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È l’oggetto di un insieme di dogmi, dottrine o eresie; uno di cui celebriamo la memoria nella liturgia, che crediamo realmente presente nell’Eucaristia, tutto quello che si vuole. Ma se rimaniamo sul piano della fede oggettiva, senza sviluppare una relazione esistenziale con lui, egli rimane esterno a noi, ci tocca la mente, ma non riscalda il cuore… Nella vita della maggioranza delle persone c’è un evento che divide la vita in due parti, creando un prima e un dopo. Per gli sposati, questo è il matrimonio ed essi dividono la propria vita così: “prima di sposarmi” e “dopo sposato”; per i vescovi e i sacerdoti è la consacrazione episcopale o l’ordinazione sacerdotale; per i consacrati è la professione religiosa. Dal punto di vista spirituale c’è un solo evento che crea veramente e per tutti un prima e un dopo…: “avanti Cristo” e “dopo Cristo”, prima dell’incontro personale con Cristo e in seguito ad esso». Ci farà bene ritornare al momento del nostro incontro personale con Gesù, nel momento in cui gli abbiamo aperto il cuore, in cui ci siamo decisi per Lui, e lasciare che ci chieda: e oggi, chi sono io per te?
2. Pietro e la Chiesa. Dopo la risposta ispirata di Pietro, Gesù gli rivela la sua identità e la sua missione, conferendogli un ruolo e uno statuto speciale nella Chiesa (quello che oggi chiamiamo “papa”): «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». In greco Petros (come anche in aramaico kêpha’ ) indica sia il nome proprio (Pietro) che la pietra. Come fa notare il biblista Grasso: «Nella tradizione biblica il simbolo della pietra che esprime stabilità, solidità e durata (cf Mt 7,24), indica Dio o il Messia, e nel Nuovo Testamento viene usato in riferimento a Gesù. L’immagine della pietra è anche attribuita ad un uomo, Abramo, in quanto capostipite del popolo di Israele (Is 51, 1-2).
Pertanto il nome dato a «Pietro»… indica che egli è la base e il fondamento per la costituzione della comunità messianica». Pietro è sì una pietra ma Colui che edifica è il Signore. E la Chiesa, è di Gesù: LA MIA CHIESA. La Chiesa non è una ONG o un partito politico o un gruppo ideologico; è il popolo di Dio, la comunità dei credenti, la famiglia di Dio, il corpo di Cristo sulla terra.
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La Chiesa è del Signore, santa e peccatrice al contempo, santa perché in essa agisce lo Spirito Santo e si rende presente il Signore (specie nei sacramenti), peccatrice perché fatta di uomini e donne peccatori. E le porte degli inferi, dunque le forze del male, non prevarranno su di essa. I regni passano, le ideologie scompaiono, i regimi finiscono ma la Chiesa non avrà mai fine perché appartiene al Signore, è cosa sua, siamo cosa sua.
3. La potestà di Pietro. Gesù affida a Pietro la responsabilità delle chiavi e la potestà di legare/sciogliere. Cosa significa? Le chiavi sono simbolo di responsabilità in relazione all’entrare nel regno di Dio o a esserne esclusi. Il legare e lo sciogliere riprendono una terminologia rabbinica mediante la quale si indica il proibire o permettere in rapporto all’interpretazione e applicazione della legge, sia in campo dottrinale che morale. Nel discorso ecclesiale questi due verbi ricorrono per indicare non più solo il compito di Pietro ma di tutta la comunità: «tutto ciò che legherete sulla terra, sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto in cielo» (Mt 18, 18).
Questo sottolinea l’autorevolezza di Pietro in sintonia con la Chiesa di insegnare in maniera autorevole la volontà di Dio che è stata rivelata da Gesù nel Vangelo, esplicitandola nel corso della storia. Questo è molto importante. Quando il papa e i pastori della Chiesa in comunione con lui si esprimono in maniera ufficiale in materia di fede e di morale, siamo sicuri che quella è la volontà di Dio; che quella è la strada giusta (altro che dire: “la Chiesa dice così, ma secondo me…”); che quando veniamo assolti (sciolti) dal peccato, lo siamo veramente. Che, insomma, lasciandoci guidare dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa camminiamo al sicuro. Che il Signore ci aiuti a riscoprire tanta bellezza, per essere ben fondati sulla roccia che è Gesù e la Chiesa della quale tutti noi battezzati siamo membra.