Ultima domenica dell’anno liturgico, Cristo Re dell’Universo. Solennità meravigliosa, che annuncia e ricorda che c’è un Re e Signore dell’Universo, che guida e conduce la storia. E questo Re, nella storia, si rende presente per mezzo della Chiesa, specie nei sacramenti, e non solo: si nasconde in ogni persona, specie nei bisognosi, nei poveri, nei sofferenti e si schiera dalla loro parte.
E questo Re che ora incontriamo velatamente, un giorno lo incontreremo chiaramente, e sarà anche il nostro Giudice: Gesù Cristo. È il senso del Vangelo di oggi, che non ci serve per sapere ciò che Dio farà dopo la morte, così da presumere di sapere chi si salva e chi no, mettendoci quasi al suo posto (faremmo peccato di idolatria!), né va guardato tipo dipinto, in modo statico; serve a noi, per svegliarci e vivere al meglio qui ed ora, scoprendo che il Signore lo incontriamo nella carne degli altri, specie dei bisognosi!
Questo Vangelo ci aiuta a metterci dalla giusta prospettiva per vedere come e verso dove stiamo camminando. E la giusta prospettiva è quella del giudizio di Dio! E su cosa verterà il giudizio di Dio? Sulla carità. Cosa resterà alla fine? Alla fine resta solo l’amore, dato e ricevuto.
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Gesù nella parabola elenca sei opere di misericordia, tutte in successione: ci parlano di un prendersi cura dell’altro in tutte le dimensioni. Non vanno ridotte a delle opere fatte qui e lì giusto per acquietare la coscienza, ma parlando di uno stile di vita che sa riconoscere nell’altro il volto di un fratello, di una sorella, specie se nel bisogno o che, viceversa, nega la fraternità, chiudendo il cuore davanti all’altrui necessità. Non solo.
Questa parabola viene per svegliare noi cristiani, noi credenti. Sembra quasi suggerirci: le persone poste a destra e a sinistra del re non sapevano che lui fosse nascosto nel bisognoso, nell’affamato e assetato, nell’immigrato, nel senza dimora… noi invece lo sappiamo! Gesù ci ha detto che negli altri, specie negli ultimi, incontriamo Lui. Lo abbiamo veramente compreso? Se sì, quali fatti lo dimostrano?
Più volte papa Francesco ci ha invitati ed esortati a riconoscere e toccare la carne di Cristo nei poveri, negli immigrati, nei sofferenti, negli emarginati, nei carcerati… Sono parole toccanti, che rischiamo di lasciarci scivolare addosso. Accolte, comprese e custodite, possono aiutarci a vivere con maggiore profondità e intensità d’amore.
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San Giuseppe Moscati, ad esempio, medico santo, visse la sua professione come vocazione, vedendo nell’ammalato l’immagine di Cristo sofferente, accanto al quale desiderava stare. Seppe prendersi cura di tutti, specie degli ultimi, con gli strumenti della scienza, della fede e della carità, con quel di più d’amore frutto della presenza dello Spirito Santo in Lui e del saper riconoscere Cristo presente nei sofferenti.
Davanti alle parole del Signore non serve aggiungere altro. Ci farà bene leggerle e rileggerle con calma, cercando di imprimerle bene nel nostro cuore. Passo dopo passo ci aiuteranno a guardare gli altri con occhi diversi, e soprattutto ad amarli con un cuore diverso…