Pace e bene, la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro viene a scuoterci dall’indifferenza, perché possiamo accorgerci degli altri e delle loro sofferenze, prendendocene amorevole cura…
Il Vangelo di questa domenica ci mette davanti non i peccati come rubare, uccidere, commettere adulterio, non dire falsa testimonianza ma il peccato spesso non confessato: il peccato dell’indifferenza. Un giorno, vidi a Napoli un povero che, quasi in modo provocatorio, si era messo al collo un cartone con su scritto: “sono un invisibile”! Vi assicuro che per quasi tutti quelli che passavano accanto a lui era proprio un invisibile! Occhi i nostri non più in grado di vedere la sofferenza degli altri, cuori induriti dall’egoismo, mani inaridite e rattrappite incapaci di aprirsi al dono.
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La parabola di oggi ha un inizio che sembra abbia il tono di una favola: «C’era una volta…». Ecco, c’era una volta un ricco senza nome identificato dai suoi soli beni destinati a passare e un povero di nome Lazzaro. Il ricco epulone è «un uomo chiuso, chiuso nel suo piccolo mondo, il mondo dei banchetti, dei vestiti, della vanità, degli amici. Chiuso nella sua bolla di vanità, costui non aveva capacità di guardare oltre e non si accorgeva di cosa accadesse fuori del suo mondo chiuso.
Non conosceva alcuna periferia, era tutto chiuso in se stesso. Eppure proprio la periferia era vicina alla porta della sua casa» (Papa Francesco). Vicino a questo ricco vi è un povero che non ha nemmeno di che mangiare, ignorato da tutti tranne che dai cani che leccano le sue piaghe. Come nella vita di ognuno, giunge per tutti e due il giorno della morte, ecco ciò che ci accomuna tutti: nella morte, la differenza sta tutta nel modo come abbiamo vissuto la nostra vita terrena! Uno finisce nei tormenti e Lazzaro nella beatitudine eterna. Il cuore della parabola non sta però solo in una ricompensa eterna che riguarda l’aldilà, ma anche nelle parole di Abramo, un grande abisso è stabilito tra noi e voi.
Ecco, un abisso, un baratro separava il ricco epulone e Lazzaro già in terra: «uno affamato e l’altro sazio, uno in salute e l’altro coperto di piaghe, uno che vive in strada l’altro al sicuro in una bella casa. Il ricco poteva colmare il baratro che lo separava dal povero e invece l’ha reso eterno. L’eternità inizia quaggiù, l’inferno non sarà la sentenza improvvisa di un despota, ma la lenta maturazione delle nostre scelte senza cuore» (Ermes Ronchi).
Che cosa ha fatto il ricco di male? La parabola non si sofferma sui suoi peccati, non lo condanna per la sua casa, per il suo vestito, per il suo cibo, forse era anche un uomo religioso osservante dei comandamenti, egli non ha neppure maltrattato Lazzaro. «Lo sbaglio della sua vita è di non essersi neppure accorto dell’esistenza di Lazzaro. Non lo vede, non gli parla, non lo tocca: Lazzaro non esiste, non c’è, non lo riguarda.
Tocchiamo qui uno dei cuori del Vangelo, il cui battito arriva fino al giorno del giudizio finale: Avevo fame, avevo freddo, ero solo, abbandonato, l’ultimo, e tu hai spezzato il pane, hai asciugato una lacrima, mi hai regalato un sorso di vita. Il male è l’indifferenza, lasciare intatto l’abisso fra le persone. Invece “il primo miracolo è accorgersi che l’altro, il povero esiste” (S. Weil), e cercare di colmare l’abisso di ingiustizia che ci separa… il cammino della fede inizia dalle piaghe del povero, carne di Cristo, corpo di Dio. “Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che trovi è più sicuro del Dio che lasci”» (Ermes Ronchi).
Chiediamo la grazia di saper vedere i tanti Lazzari che stanno alla nostra porta; chiediamo la grazia di non fare troppo affidamento sui nostri beni terreni, di non accumulare, perché questi non ci danno la vera vita, ma chiediamo la grazia di saper condividere per avere accesso alla vita vera, alla vita eterna, per avere un posto nel cuore di Dio!
VERITA’: Vita interiore e sacramenti
Mi lascio interpellare e mettere in discussione dalla parola di Dio? Cerco di prestarle attenzione e lasciarmi condurre nelle scelte di vita?
CARITA’: Testimonianza di vita
Quanto pratico l’indifferenza? Cosa posso propormi per non lasciarmi dominare da essa?