Missionari della Via – Commento alle letture di domenica 25 Dicembre 2022

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Che la tenerezza del Signore e la certezza del suo amore colmino i vostri cuori, infondendo in essi gioia e pace!

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È Natale! Gioia grande per noi! Dio si è fatto uomo, affinché noi possiamo divenire Dio! Ma tale meraviglioso scambio, questa nascita di Gesù si muove tra rifiuto e accoglienza. È la vita di Gesù! Per questo è anche necessario spogliare il Natale da orpelli vari, affinché non sia solo una nota poetica e nient’altro. Il Vangelo di oggi parte da un desiderio dei potenti del tempo: costringere tutti a salire a Gerusalemme per il censimento. Di certo Maria in quel momento di tutto aveva bisogno tranne che di affrontare un lungo viaggio! Questo ci insegna che la volontà di Dio passa, a volte, anche attraverso la volontà prepotente dei potenti, che perpetrano violenza e sopruso a scapito dei più deboli. Ed è in questo contesto disagiato che Maria e Giuseppe non trovano neanche accoglienza! Noi, forse, ci saremmo lamentati a più non posso, loro no. Perché? Perché erano ricchi di altro!

Poche parole descrivono la nascita di Gesù: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio».

Maria genera così la vita divina nel rifiuto della vita umana a partire proprio dai parenti, i primi che avrebbero dovuto accoglierli e aiutarli. Che strano tutto ciò! Per secoli e secoli, il popolo giudeo aveva aspettato il Messia profetizzato dai profeti; i capi del popolo, i sacerdoti, leggendo le scritture lo aspettavano. Finalmente arriva e cosa accade? Invece di trovarli in trepidante attesa, li trovò che dormivano. Tutti dormivano in quella fredda notte a Betlemme: capi, sacerdoti, popolo, tutti ben coperti nelle loro case, nei loro letti, nell’intimità dei loro focolari che rischiaravano il loro alloggio, ma non il loro cuore. In quella notte, unica, silenziosa, tenera, drammatica, la Luce brillò, ma non nella loro vita. Distratti ed egoisti rimasero nelle tenebre lasciando fuori Giuseppe e Maria, colei che nel suo grembo portava la vera Luce.

E così, per Maria e per suo Figlio che nasce, solo una grotta come riparo, una mangiatoia come letto e per vestirlo delle povere fasce. Tuttavia ciò non turba la grande gioia di quella notte. La grande gioia di Maria e di Giuseppe nel poter tenere Dio tra le braccia. Chissà Maria con quanta gioia, cura, tenerezza ha accolto il Bambino, lo ha avvolto in fasce, lo ha cullato tra le sue braccia per poi adagiarlo nell’unico posto disponibile: una mangiatoia. Molte rappresentazioni ce la mostrano in ginocchio davanti al Bambino in un atteggiamento materno di stupore, come di chi ha visto cose che non si possono ripetere.

E poi adorazione, come se dicesse nel proprio cuore: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi rassomiglia» (Alda Merini). Quella notte fu, come canta la famosa canzone notte silente (Stille Nacht): «Notte di silenzio, notte santa! Tutto tace, solo vegliano i due sposi santi e pii. Dolce e caro Bambino, Dormi in questa pace celeste». Versi questi che dicono di un’atmosfera di stupore, di calma e soprattutto di fede. Chissà quanta tenerezza vi era in quella grotta in quella suggestiva notte. Chissà l’emozione di Giuseppe nel momento in cui Maria gli mostrò il Figlio e glielo diede in braccio. Lui, dopo Maria, fu il primo a contemplarlo e ad adorarlo.

«Possiamo ben dire che Betlemme se per noi è una meraviglia, una nota poetica, per chi ha vissuto quella nascita è un evento di amore drammatico, una lotta contro tutte le forme di indifferenza con la quale una famiglia di Nazareth ha dovuto convivere, e non una famiglia qualsiasi, ma quella che aveva in custodia il Dio con noi. San Giuseppe ne è un esempio straordinario, perché vive il dramma di non poter assicurare un rifugio alla sua sposa nel momento del parto e si rivela così come un anawim che confida solo in Dio, un Dio che proprio ora e più che mai gli è vicino» (suor Chiara mdv).
Che il Signore ci dia la grazia di penetrare il senso più profondo del Natale perché questa notte il nostro cuore diventi la mangiatoia dove Maria può adagiare il piccolo Bambin Gesù!

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