Pace e bene,
in questa domenica della Divina Misericordia contempliamo i segni della passione d’amore di Cristo per noi perché possiamo appassionarci d’amore per Lui.
Il commento alle letture di domenica 24 aprile 2022 a cura dei Missionari della Via.
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Questa seconda domenica dopo Pasqua, domenica della Divina misericordia, siamo condotti a meditare e a far nuova esperienza della misericordia di Dio che realmente guarisce e converte il cuore di chi l’accoglie. Nel testo di oggi abbiamo due manifestazioni del Risorto: la prima, domenica mattina di Pasqua (vv. 19-23), ai discepoli nel cenacolo; la seconda, la domenica successiva, sempre nel cenacolo, sempre ai discepoli e, in particolare, a Tommaso che precedentemente non si trovava insieme agli altri. Soffermiamoci sulla prima manifestazione. È domenica mattina, i discepoli sono nel cenacolo, a porte chiuse, sprangate per timore dei giudei. Potremmo dire che “erano rinchiusi per la paura” di fare la stessa fine di Gesù.
Questa paura sarà stata condita da presumibili sensi di colpa: “io ho rinnegato il Signore, però anche tu sei fuggito, siamo stati tutti codardi…”. I discepoli sono insieme ma disgregati dalla paura, e Gesù entra lì: come ha infranto la pietra che sigillava il sepolcro, così passa oltre le porte chiuse e si fa largo anche nelle nostre paure. Gesù va incontro alle persone che Lui ha scelto, delle quali uno lo ha tradito, l’altro l’ha rinnegato, altri sono fuggiti e l’hanno abbandonato e non si vergogna di chiamarli fratelli. E cosa fa? Li saluta e dona loro la sua pace. La pace (shalom) nell’AT è l’insieme di tutti i beni, è la pienezza interiore. Il Signore mi viene incontro nel luogo chiuso dove io mi trovo, nelle mie paure, nelle mie fragilità, nel mio peccato, perché accogliendolo possa fare esperienza di risurrezione. Il Risorto è la fontana della pace che scioglie il cuore dai nodi più stringenti e soffocanti!
Gesù mostra loro le mani forate e il fianco trafitto, mostra cioè i segni della sua Passione ora gloriosi, di quella “Passione d’amore” che lo ha mosso a donarsi per noi fino all’ultima goccia di sangue. Offre così la sua “carta d’identità”: è proprio Lui, il Crocefisso Risorto. «E i discepoli gioirono al vederlo»: la gioia nasce dalla contemplazione del Signore. È una gioia intima, profonda, sperimentabile anche in mezzo a prove e difficoltà; e il cuore di chi ama Dio, di chi prega e medita assiduamente la Parola capisce cosa significhi… Ci fa bene pensare al Risorto che mostra i segni della Passione, specie nell’ora della paura e del buio; pensare al risorto che anche oggi continua, sorridente, a mostrarci le sue piaghe, dandoci la vera pace, incoraggiandoci a seguirlo nel dono generoso di noi stessi. Così, uniti a Lui, saremo liberati dalla paura di amare e donare la via, uniti a Lui, che mostra e infonde un Amore più forte della morte.
Vi è quindi l’invio dei discepoli da parte di Gesù. Il Signore insuffla lo Spirito Santo e comunica il potere di Dio: perdonare i peccati: La Chiesa nascente è inviata a proseguire l’opera di Gesù: riconciliare gli uomini con Dio. I termini ritenere- rimettere sono una formula semitica che indica totalità e sono l’equivalente del legare-sciogliere di Matteo. Vi è qui qualcosa di grandioso: «Il dono dello Spirito
Santo alla Chiesa è la radice del perdono, della riconciliazione, della ri-creazione dell’uomo: avvolti dallo Spirito Santo i credenti vengono purificati, santificati e resi partecipi della vita divina» (card. G. Ravasi). In particolare, secondo l’interpretazione patristica, si riferisce in primis alla remissione dei peccati mediante il battesimo, includendo anche il potere di perdonare i peccati ai battezzati che sono caduti nel peccato dopo il battesimo mediante il sacramento della riconciliazione.
Perché è così importante? Perché il peccato è male e fa male! Il peccato è dotato di una terribile efficacia: se Dio è l’unica pienezza e realizzazione dell’uomo, tagliarsi fuori dalla comunione con Lui è condannarsi alla più totale infelicità e inefficacia, come un rametto che si stacca dal tronco. Con il peccato la persona accetta di ingannare se stessa, barattando l’amore per ciò che amore non è. Conduce ad un progressivo annebbiamento dell’intelletto e indebolimento della volontà, lasciando in noi tracce profonde, portandoci ad instaurare condizionamenti, abitudini, vizi, e fragilità che tendono a riportarci verso il passato. Per togliere tutto ciò non basta la sola buona volontà. Abbiamo bisogno di Dio. Solo Lui può liberarci dal peccato; il perdono di Dio, reinnestandoci in Lui, libera, guarisce e salva. Potremmo definire la riconciliazione con Dio “esperienza di risurrezione”, un po’ come visto nel Vangelo: Gesù soffia nuovo alito di vita in noi. E questo suo perdono, nell’oggi, ci arriva per mezzo della sua Chiesa, specialmente attraverso i suoi ministri.
In conclusione, fanno bene al cuore le parole che Gesù rivolse a Santa Faustina Kowalska, “apostolina della Divina Misericordia”: «Figlia, quando ti accosti alla santa confessione, a questa sorgente della Mia Misericordia, scendono sempre sulla tua anima il Mio Sangue ed Acqua, che uscirono dal Mio Cuore e nobilitano la tua anima. Ogni volta che vai alla santa confessione immergiti tutta nella Mia Misericordia con grande fiducia, in modo che io possa versare sulla tua anima l’abbondanza delle Mie grazie. Quando vai alla confessione, sappi che Io stesso ti aspetto in confessionale, Mi copro soltanto dietro il sacerdote, ma sono Io che opero nell’anima. Lì la miseria dell’anima s’incontra col Dio della Misericordia. Dì alle anime che da questa sorgente della Misericordia possono attingere le grazie unicamente col recipiente della fiducia. Se la loro fiducia sarà grande, la Mia generosità non avrà limiti. I rivoli della Mia grazia inondano le anime umili».
Preghiamo la Parola
Signore, fa’ che non mi stanchi mai di ritornare a te per sperimentare il tuo abbraccio che perdona e guarisce.
VERITA’: Vita interiore e sacramenti
Posso dire di aver fatto esperienza della misericordia di Dio? Come vivo il sacramento della confessione?
CARITA’: Testimonianza di vita
Propongo agli altri la riconciliazione con Dio?
Mostro, nelle mie parole e nel mio agire, “i segni” del suo amore per me?
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