Pace e bene, questa domenica riscopriamo di rendere anzitutto a Dio il suo, perchè se Dio è al centro e dunque al suo posto, ogni cosa vada al giusto posto…
Il Vangelo di questa domenica ci presenta degli erodiani e dei farisei che vengono da Gesù e gli pongono una domanda cattiva, di quelle che scatenano odi, che creano nemici: è lecito o no pagare le tasse a Roma? Sono appunto partigiani di Erode, il re fantoccio di Roma; e i farisei, i puri che sognano una teocrazia sotto la legge di Mosè. Non si sopportano tra loro ma oggi si alleano contro un nemico comune: Gesù (cf p. Ermes Ronchi).
La trappola è ben congegnata: scegli, o con noi o contro di noi! Pagare o no le tasse all’impero? Essi pongono una domanda a Gesù posta con una subdola introduzione: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno» Questi gli “lavano la faccia”, lo adulano, cercano di farselo amico per poi coglierlo in fallo. Come a dire: quando le persone ci adulano troppo, occorre fare attenzione!
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Dopo la loro ipocrita adulazione si rivolgono a Gesù con un imperativo che non ammette discussioni: «Dì a noi: è lecito o no pagare il tributo a Cesare?». «Gesù deve manifestare il suo pensiero sui romani. La trappola è ben congegnata: qualunque risposta gli si ritorcerà contro. Se Gesù dice di “sì”, cioè se è favorevole al pagamento delle tasse, sarà accusato di infedeltà verso il Signore, l’unico che dev’essere servito (Dt 6,4-13). Se Gesù dice di “no”, cioè se non è favorevole al pagamento delle tasse, si mette contro i romani. Avesse dunque detto sì o no, avrebbe perso in ogni caso.
La soluzione si trova passando ad un livello superiore. È quello che diceva Einstein: “Ogni soluzione di un problema si trova ad un livello diverso del problema” e che dice Assagioli: “Ogni problema ha sempre una soluzione, solo che è ad un livello più alto”. In queste situazioni bisogna cambiare il livello della risposta» (d. Marco Pedron). Ed è quello che fa Gesù. Innanzitutto, li apostrofa come ipocriti. Ipocrita è colui che mostra una parte che non è il suo vero giudizio, è colui che si mette una maschera per appare per quello che non è. Quante volte anche noi siamo così! Quante volte i nostri atteggiamenti sono ipocriti!
E dopo ciò, dopo essersi fatto mostrare una moneta del tributo, «Gesù domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
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Gesù, con questa sua risposta, non mette Cesare contro Dio, lo Stato contro le cose di Dio, ma fa una chiara distinzione. Gesù invita a leggere di chi è questa moneta e soggiunge: «rendete questa moneta», non dice «date». L’ha fatta Cesare, appartiene a lui, dunque ridatela a Cesare, c’è il suo volto.
Oggi per Cesare intendiamo lo Stato. Date il suo allo Stato, pagate le tasse! Certo, a volte non sono eque e chi governa dovrà rendere conto a Dio di ciò che fa; ma noi cristiani non dobbiamo uscire dal mondo o stare per conto nostro, dobbiamo fare la cosa più difficile: essere nel mondo senza essere del mondo! San Giovanni Bosco, nei suoi oratori intendeva formare “buoni cristiani e onesti cittadini”. Le due cose viaggiano insieme, se c’è cortocircuiti, significa che qualcosa non va…
E poi Gesù aggiunge di dare a Dio quel che è di Dio. Qui si parla di cosa è di Dio. Cosa va dato a Dio? La sua proprietà, l’immagine di Dio che Egli ha impresso a noi! Noi siamo proprietà di Dio! Dunque «il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio. Egli è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati “a sua immagine” apparteniamo anzitutto a Lui.
Gesù ricava, dalla domanda postagli dai farisei, un interrogativo più radicale e vitale per ognuno di noi, un interrogativo che noi possiamo farci: a chi appartengo io? Alla famiglia, alla città, agli amici, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Sì, certo. Ma prima di tutto – ci ricorda Gesù – tu appartieni a Dio. Questa è l’appartenenza fondamentale. È Lui che ti ha dato tutto quello che sei e che hai. E dunque la nostra vita, giorno per giorno, possiamo e dobbiamo viverla nel ri-conoscimento di questa nostra appartenenza fondamentale e nella ri-conoscenza del cuore verso il nostro Padre, che crea ognuno di noi singolarmente, irripetibile, ma sempre secondo l’immagine del suo Figlio amato, Gesù. E’ un mistero stupendo» (Papa Francesco).