Pace e bene, questa domenica riscopriamo in Dio la fonte del per-dono, dono da accogliere e da donare non una, non sette ma settanta volte sette, cioè sempre!
La parabola di oggi getta luce nel nostro cuore per aiutarci a prendere consapevolezza di quanto grande sia la misericordia di Dio per noi, e di quanto anche noi siamo chiamati a fare con gli altri! Noi siamo chiamati a fare sempre più nostra questa esperienza di perdono, di guarigione e “dilatamento” del cuore. Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo l’esperienza del dolore per i nostri peccati, anche delle lacrime, insieme alla consolante consapevolezza di quanto grande sia la misericordia di Dio.
Ecco perché ci fa bene meditare la parabola di oggi partendo dalla prima parte. L’uomo che supplica il re perché gli condoni diecimila talenti siamo noi. Forse saremmo tentati di dire: io sono una persona dabbene, che male ho fatto? Non è vero! Siamo noi, “messi male” davanti a Dio, con un grande debito d’amore verso di Lui! Egli ci ha dato tutto, compresa la sua stessa vita: come potremmo ripagare questo debito enorme?
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Impossibile! E qui sta l’amore di Dio: non c’è nulla da pagare, ha pagato tutto Lui; non c’è nulla che dobbiamo fare per pagare il suo perdono, solo accoglierlo con cuore contrito, ma pieno di gioia per questo suo grande amore gratuito!
Solo se abbiamo fatto questa esperienza di perdono possiamo esercitarla con gli altri. Non partiamo dalla nostra buona volontà, questa da sola non basta; noi partiamo dall’amore e dal perdono di Dio. Da qui un cuore nuovo, da qui uno sguardo nuovo anche sugli altri. Se quello che facciamo noi di sbagliato è sempre niente e quello che gli altri fanno è sempre enormemente sbagliato, chiaramente i conti non tornano!
Se passo la vita a giustificarmi e ad accusare duramente gli altri, c’è qualcosa che non va! Sto partendo da me non da Dio verso di me! Saremo simili al servo perdonato dal padrone, che non perdona volutamente l’altro! Ricordiamoci sempre che «la nostra libertà ha il potere di bloccare il flusso della vita: è un interruttore. Qui si capisce l’importanza del perdono: la nostra salvezza o perdizione è nella nostra capacità di perdono…
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Avete mai notato in che lotte viviamo quando non sappiamo perdonare una cosa? Sembra di vivere all’inferno, anche una cosa minima diventa una cosa enorme. E, invece, come è sovranamente liberante il perdono: c’è il respiro proprio di Dio. Dio perdona di cuore, cioè, mi è possibile il perdono, se porto nel mio cuore, non l’errore del fratello, neanche il mio errore, ma il perdono del Padre.
Se, invece, non ricordo il perdono del Padre, allora anche il perdono diventa la peggior vendetta: “guarda, sono superiore a te, so anche perdonare”. È il miglior modo per schiacciare l’altro: questo perdono non è evangelico. Invece, è quel ricordo dell’amore infinito del Padre per me e per lui che rende possibile il perdono» (p. Silvano Fausti).