Missionari della Via – Commento alle letture di domenica 15 Gennaio 2023

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Pace e bene,
questa domenica riscopriamo la gioia dell’aver accolto l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.
E dato che Dio non si stanca mai di perdonarci, non stanchiamoci mai di chiedergli perdono, lasciandoci sempre e di nuovo liberare il cuore, così da sperimentare la sua misericordia e il suo amore.

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La seconda domenica del tempo ordinario ci propone la testimonianza  del Battista. Nella prospettiva dell’evangelista Giovanni, il Battista riconosce e indica Gesù. “Ecco” in greco è come un imperativo, che vuol  dire: “guarda, vedi!”. Ecco l’agnello di Dio, colui che viene a farsi carico  del peccato presente nel mondo per toglierlo di mezzo, riconciliando  nel suo sangue l’umanità con Dio. Ed è qualcosa che Gesù ha fatto una  volta per tutte e che si rinnova ad ogni celebrazione eucaristica: «La  formula detta da Giovanni Battista viene significativamente ripetuta  ogni volta che i cristiani celebrano l’eucaristia. La comunità dei credenti  riconosce in quel pane spezzato e “mostrato” la forza capace di aiutare  noi deboli perché il sacrificio di Cristo, e la sua stessa vita, siano ancora  efficaci per la nostra salvezza» (p. Giulio Michelini). 

Cosa significa? Che è Gesù che libera il nostro cuore dal peccato, è Lui  che ci riconcilia con il Padre. Significa che nella fede in Gesù posso trovare  pace con Dio e con me stesso, che in Lui posso trovare quel perdono che  da solo non riesco a darmi. Quante persone sono tormentate da sensi di  colpa per il male realmente commesso, per azioni che oggi non  ripeterebbero. E cercando il modo di scappare da ciò, di non pensarci  oppure passano la vita a colpevolizzarsi. Quanti sono feriti nel cuore,  piagati nell’anima? Continuano a perdere vita, a sentirsi inadeguati,  immeritevoli di tutto, persino di Dio.

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In fondo lo desiderano ma vi  oppongono resistenza, perché? Perché si sentono inchiodati a quel male  commesso. Sono inchiodati al palo sbagliato, al palo dove il grande  Accusatore, il maligno (cf Ap 12,9-11), ci vuol affiggere. Gesù è venuto  per schiodarci da quel palo, lasciandoci stringere nel suo abbraccio di  misericordia. Dio ha tanto desiderato la nostra salvezza, Dio ha tanto  desiderio di te, da farsi come te, morendo in croce per te, pagando il  prezzo del nostro riscatto. Ecco come ci viene presentato Gesù: come un  agnello, mite, condotto al macello, innamorato di noi sue creature (Egli è  il Figlio di Dio, Dio fattosi uomo) al punto da darsi tutto, sino in fondo,  fino alla fine. Davanti a quest’amore, cosa dobbiamo temere? Chi mai  avrebbe paura dell’amore?  

Allora qual è il passo da fare? Un atto di umiltà. Confessare il nostro peccato a Gesù, aprendo il cuore a un suo ministro, perché possa raggiungerci il suo perdono, la sua carezza, la sua misericordia. Si tratta  di fare un atto di fede: credere che l’amore di Dio è più grande del nostro peccato, qualsiasi esso sia! Quale può essere un paradosso? Lo esprime bene Henri J.M. Nowen:  «Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il  perdono di Dio. C’è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene  tenacemente aggrappati ai nostri peccati e non ci permette di lasciare  che Dio cancelli il nostro passato e ci offra un inizio completamente  nuovo. Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che  le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte.

Mentre Dio vuole  restituirmi la piena dignità della condizione di figlio, continuo a insistere  che mi sistemerò come garzone. Ma voglio davvero essere restituito alla  piena responsabilità di figlio? Voglio davvero essere totalmente  perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto nuova? Ho  fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale? Voglio rompere  con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi  in modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona  nuova? Ricevere il perdono esige la volontà totale di lasciare che Dio  sia Dio e compia ogni risanamento, reintegrazione e rinnovamento». A  volte ciò può assumere anche contorni diversi, che in un modo o in un  altro ci portano a trascurare l’importanza della riconciliazione con il  Signore. E questo può riguardare tutti, vescovi, sacerdoti, frati, suore,  laici… Eppure Dio è sempre lì, pronto a salvarci, a rialzarci, a liberarci  dalle nostre catene interiori. Non attende altro che il nostro ritorno, un  po’ come il padre misericordioso della parabola. E tu, ti lascerai  riabbracciare da Lui?

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