Questa domenica siamo chiamati a riscoprire la cura di Dio nei confronti del lebbroso e in lui nei confronti di ciascuno di noi…
Il commento alle letture di domenica 14 febbraio 2021 a cura dei Missionari della Via.
Gesù sta predicando per la Galilea quand’ecco venirgli incontro un lebbroso che lo supplica e si getta in ginocchio: «se vuoi puoi purificarmi». La lebbra ha una particolare rilevanza in tutta la tradizione biblica: in essa rientrano tante malattie della pelle e condiziona fortemente il malato sia dal punto di vista sociale, perché lo isola dai normali rapporti con gli altri, sia sotto il profilo religioso, perché la sua situazione era ritenuta una punizione di Dio per il suo peccato. Il lebbroso era culturalmente impuro; non poteva recarsi al tempio per pregare con la comunità. Era solo, quasi “un morto che cammina”. Chi sono i lebbrosi di oggi? Quelli tenuti a distanza da tutti? Forse la lista sarebbe lunga: gli stranieri, gli ammalati di Aids, ma anche quelli “non del giro”, quelli di un altro ceto sociale… e chissà se per me ci sono dei lebbrosi… Nel grido di quest’uomo c’è il frutto di una sofferenza che diventa preghiera. Quest’uomo è come se dicesse: tu puoi farmi del bene, puoi liberarmi, puoi vincere quella morte che sta dominando nella mia carne.
Ma potremmo anche vederci una sottile tentazione: a Gesù, dunque a Dio, interessa il mio dolore o no? Vuoi purificarmi e sanarmi o no? è un grido che può nascere da grandi sofferenze che esprime la ricerca di Dio nel dolore. Ma può anche celare la tentazione di pensarsi indegni della cura di Dio e dell’attenzione da parte degli altri. È probabile che le serie disattenzioni vissute nell’infanzia o quelle parole accusatorie forti che abbiamo ricevuto abbiano costruito in noi l’idea di non meritare la cura degli altri. E così alcuni diventano diffidenti o vendicativi, altri preferiscono sforzarsi di meritare affetto o elemosinano attenzione e amore qui o lì, o cercando il proprio valore in ciò che si fa o che si ha. Quest’uomo sembra confessare la sua convinzione di non essere amabile, dubitando dell’attenzione di Gesù.
Gesù è mosso a compassione verso quell’uomo escluso dai rapporti sociali e gli si avvicina, cosa proibita dalla legge del tempo. La compassione di Gesù è il movente della nostra liberazione. «Per incontrare un lebbroso devi inoltrarti nei suoi spazi di solitudine, spingerti dove c’è la puzza del cadavere; devi vincere la repulsione davanti ai suoi brandelli cadenti. Gesù si spinge fin lì, con lui, ma anche con me, con te: è entrato nella mia solitudine, e ha toccato la mia carne fetida. Gesù mi incontra dove sto morendo» (p. G. Piccolo). E Gesù dice: «lo voglio: sii purificato». È così che Gesù non solo guarisce ma scuote il lebbroso dalla sua convinzione di non essere amabile. Questa convinzione menzognera possiamo vincerla solo specchiandoci in Lui, lasciando che la sua Parola penetri in noi, in lui, capace di restituirci il nostro valore, facendoci sentire amabili. Quest’uomo ha capito che Gesù può voler il suo bene.
Questa è la volontà di Dio: non è esigenza, richiesta di “prestazioni” da parte nostra, come un cedere la nostra vita a Lui, ma è la nostra guarigione, è quel processo per cui siamo chiamati a essere toccati da Dio, sanati e condotti a vivere una vita libera. La risposta di Gesù è accompagnata da un gesto: «allungò la mano, lo toccò». Questo non è una specie di rito magico, ma riflette la volontà di contatto, di vicinanza. Ci parla di contatto, di vicinanza, di affetto comunicato con i gesti. Quei gesti di cui tutti abbiamo bisogno, ma che a volte siamo avari a donare. La constatazione del miracolo «immediatamente la lebbra sparì» evidenzia l’istantanea efficacia della parola di Gesù. È il miracolo meraviglioso che nelle nostre anime si rinnova ogni qualvolta ci confessiamo sinceramente.
Infine Gesù intima al lebbroso guarito di andare a mostrarsi ai sacerdoti per presentare l’offerta. Secondo la legislazione del Levitico (14,3-30), chi si trovava guarito dalla lebbra doveva sottoporsi ad una prassi rituale con i sacerdoti prima di essere dichiarato mondo (= pulito) e ritornare ad essere inserito nei normali rapporti sociali. Gesù vuole dunque non solo la guarigione di quest’uomo ma anche il suo pieno reinserimento nella comunità e nella società. Perché ciò accada è importante incamminarsi nella via dell’obbedienza alla sua Parola, alla Chiesa che ce la trasmette e spiega. Cosa che non fa il lebbroso. Cosa che invece speriamo di fare noi, giorno dopo giorno.
Preghiamo la Parola
Signore, tocca la mia lebbra e risana la mia anima, affinché io possa seguirti sulla via del Vangelo.
VERITA’: Vita interiore e sacramenti
Cerco il Signore con tutto il cuore? Gli presento difficoltà e necessità per la mia guarigione spirituale?
CARITA’: Testimonianza di vita
Il lebbroso è reintegrato nella comunità: come vivo il rapporto con la Comunità cristiana? Coltivo relazioni e amicizie?