Pace e bene! Il Vangelo delle ultime tre domeniche dell’anno liturgico ci parla delle cose ultime, della meta, dandoci chiavi preziose per non fallirla…Questa domenica la parabola delle dieci vergini ci aiuta a chiederci: saggi o stolti? Stiamo cogliendo le occasioni per crescere che la vita ci presenta?
Questa parabola, propria del Vangelo secondo Matteo e inserita nel discorso escatologico (ovvero inerente “le cose ultime”), ci dà una chiave preziosa per essere pronti all’incontro con il Signore e, dunque, per vivere in pienezza la nostra vita.
Nella parabola abbiamo dieci vergini, cinque stolte e cinque sagge che escono incontro allo sposo. Le stolte non hanno con sé l’olio, le sagge sì, in piccoli vasetti. Giunta l’ora dell’incontro con lo sposo, le stolte si allontanano, cercano di procurarsi dell’olio, dato che le sagge non possono dargliene. La domanda sorge spontanea: perché le sagge non possono dare il loro olio? Mancano forse di carità? Cosa rappresenta quest’olio che non può essere ceduto?
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Nella tradizione giudaica l’olio è riferito alle opere buone che devono essere affiancate allo studio della legge.
Altri due indizi per capire cosa rappresenti li possiamo cogliere dal testo di Matteo. Anzitutto, poco dopo il Signore dirà alle stolte: «non vi conosco». Cioè le stolte non hanno vissuto un rapporto personale con lo sposo, un legame intimo, di comunione, perciò sono rimaste senza olio. Inoltre i termini “stolto” e “saggio” ricorrono alla fine del “discorso della montagna”, dove Gesù ha definito “stolto” colui che costruisce la sua vita sulla sabbia, perché ascolta la parola ma non la pratica, il saggio invece costruisce sulla roccia, in quanto ascolta, custodisce e vive secondo la sua parola.
Pertanto, possiamo dire che nel nostro contesto, l’olio rappresenta la fede perseverante, che si concretizza nei piccoli (vasetti dei) sì quotidiani alla volontà di Dio, alla sua Parola. Si tratta dunque degli atti di fede e d’amore compiuti quotidianamente. Ogni nostro “sì” è un vasetto d’olio riempito, dalle cose più semplici e quotidiane (il sì al momento di preghiera, alla camera sistemata, alla tavola apparecchiata, al lavoro ben fatto, allo studio portato avanti) sino a quelli più impegnativi (un povero accolto in casa o aiutato, una sofferenza offerta con il sorriso, una critica evitata, un gesto d’affetto regalato quando costa, un passo mosso in avanti in quella direzione o vocazione intuita…).
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Capiamo allora perché l’olio non può essere ceduto: perché nessuno può sostituirsi a noi. Io non posso dire “sì” al posto tuo: posso pregare per te, posso aiutarti ma non posso sostituirmi a te. Perciò san Pio diceva che «nessun santo può renderti santo come puoi tu». Loro pregano e intercedono per noi, ma i passi concreti tocca a noi compierli! Questa parola viene a responsabilizzarci. Quante volte ci fermiamo a cercare il colpevole, a scaricare responsabilità e colpe sugli altri; per carità, gli scandali sono scandali e le ferite subite hanno il loro peso, ma il Signore ci chiama a prendere in mano la nostra vita, ad esserne protagonisti. Non dobbiamo dimenticarlo: ciascuno è responsabile della sua vita davanti a Dio e a ciascuno chiederà conto della sua vita, delle sue scelte.
Detto diversamente: il bene che puoi fare tu non posso farlo io. Ognuno è chiamato ad essere protagonista della sua vita, a compiere il bene possibile. Allora, che il Signore ci aiuti a darci da fare, a riempire i nostri vasetti, a dire i nostri sì, a vivere con generosità, sapendo che tanto quanto seminiamo, tanto quanto raccoglieremo!