Pace e bene, questa domenica lasciamoci interpellare dall’incontro di Gesù con il lebbroso e impariamo a cercare il Signore senza paura di ammettere la lebbra del nostro peccato; lasciamoci toccare dalla sua misericordia; e cerchiamo giorno dopo giorno di lasciarci guidare dalla sua Parola che ci insegna ad amare!
Nella Bibbia il termine lebbra copriva un’ampia gamma di malattie e infezioni della pelle (oltre che muffe casalinghe e impurità di oggetti). Probabilmente al tempo di Gesù indicava anche la vera e propria “malattia di Hansen”. Erano dunque considerati lebbrose diverse categorie di persone, escluse dalla vita della comunità, emarginate fuori dalle città fino all’avvenuta guarigione. Se una persona guariva, doveva presentarsi al sacerdote del tempio, il solo che poteva dichiararne la guarigione e reintegrarlo nella comunità.
Ai lebbrosi era fatto obbligo di non avvicinarsi a nessuno, segnalando rumorosamente la propria presenza. Proviamo ad immaginare la doppia sofferenza, fisica, morale e spirituale. Non solo la malattia, ma l’isolamento da parte degli altri e il pensarsi allontanato anche da Dio. I lebbrosi si sentivano rifiutati da Dio e dagli uomini. Questo sfondo ci aiuta a capire la grandezza del miracolo di oggi e la sua portata esistenziale. Questo lebbroso si avvicina a Gesù; sente che può farlo, e lo supplica in ginocchio con una supplica carica di fede e di umiltà: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
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Quest’uomo si inginocchia, facendosi piccolo davanti al Signore. La lebbra, la vergogna di quest’uomo, diventa la porta di accesso a Cristo, il luogo della sua apertura a Dio. Egli non la nega, non la nasconde ma la pone con fiducia davanti a Cristo, chiedendo a Lui la purificazione. Sa che da solo non può purificarsi, sa che da solo non può uscire da quella situazione. Ci farà bene chiederci: qual è quella lebbra dell’anima, quel peccato ricorrente, quella tendenza egoistica nella quale cado più spesso?
La sto ponendo con fiducia davanti al Signore? Sto chiedendo a Lui di purificarmi? Mi sto aprendo nel sacramento della confessione, nell’accompagnamento spirituale per essere aiutato e camminare verso la liberazione? I gesti di Gesù sono carichi di umanità, di tenerezza; non solo vuole che quest’uomo sia purificato, ma gli va vicino, lo tocca, facendone sentire la vicinanza, e lo guarisce. Il Signore non si schifa delle nostre miserie, non si fa specie dei nostri peccati, viene a farsene carico per darci in cambio se stesso. Egli stende la sua mano amorevole sulle tue piaghe per risanarle. Non aver paura di presentargliele, di parlargliene nella preghiera, di invocare la sua cura, la sua guarigione. Esse non guariranno tenendole nascoste, ma soltanto ponendole davanti al Medico.
Infine, Gesù dà un’istruzione al lebbroso: che taccia quanto accaduto (perché non lo si scambi per un santone) e che vada dal sacerdote per essere reintegrato nella comunità. Ma quest’uomo, preso dall’entusiasmo, “anticipa i tempi” raccontando tutto quello che ha fatto Gesù. E dato che per la mentalità del tempo chi toccava un lebbroso diventava anche lui impuro, ecco che Gesù è costretto a starsene fuori dalla città e accogliere lì quanti andavano a Lui. Tutto questo ci suggerisce due cose: anzitutto l’importanza, una volta accolta la grazia del Signore, di camminare nell’obbedienza alla sua Parola.
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Perché guarire può capitare, essere purificati è una grazia, ma restare sani dipende anche da noi! E poi “il prezzo” che Gesù paga per quest’uomo e, in generale, per la nostra salvezza: l’essere escluso, crocifisso, considerato maledetto. Ecco quanto gli siamo costati, ecco quanto siamo preziosi, ecco quanto valiamo ai suoi occhi. E tutto questo per portarci alla vita vera. E perché noi diventiamo, a nostra volta, strumenti di salvezza per gli altri! Ci torna alla mente l’incontro di Francesco d’Assisi col lebbroso.
Secondo la Leggenda dei Tre Compagni. «Un giorno che stava pregando fervidamente il Signore, sentì dirsi: “Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l’innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e immensa soavità”. Felice di questa rivelazione e divenuto forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno calcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso.
Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo; ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano. E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino. Da quel giorno cominciò a svincolarsi dal proprio egoismo, fino al punto di sapersi vincere perfettamente, con l’aiuto di Dio».
Ma è nello stesso Testamento che Francesco scrive: «Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza: poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia». Che il Signore ci doni la grazia di lasciarci rinnovare sempre più mente e cuore, e di saper andare incontro a tanti nel suo nome, ai tanti emarginati di oggi che, come ieri, attendono qualcuno che vada loro incontro, che li tocchi, comunicandogli amore, aiutandoli a rialzarsi e a sentirsi parte di una famiglia, la grande famiglia della Chiesa!