Che fatica accogliere le parole degli altri, soprattutto quando ci sembrano un richiamo, una correzione o un rimprovero, eppure quante cose potrebbero insegnarci!
La mentalità comune è quella di non volerci considerare pecore al seguito del Pastore che è Gesù; preferiamo piuttosto essere pastori noi, ciascuno di sé stesso, per organizzare pascoli secondo le nostre scelte.
La professione di fede ogni domenica è anche “decisione” di seguire Gesù, di vivere da fratelli e sorelle nella Chiesa e nel mondo. Cristo ha sconfitto la morte per rivelarsi come unico pastore perché, come Dio e come Uomo, Lui conosce la nostra condizione, scruta a fondo il nostro cuore e ha già individuato quali siano i pascoli a noi più congeniali.
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Ma soprattutto Gesù può qualificarsi Pastore perché ha condiviso la nostra situazione di pecorelle smarrite; Gesù ha offerto la vita e nessuno più di lui è in grado di compatire, di comprendere e di trovare il sistema adeguato ad accompagnarci.
Gesù è pastore perché condivide ogni cosa con le sue pecorelle, ci guida e ci sollecita verso luoghi più appropriati alle nostre singolari esigenze e finalizzati al vero bene: la sollecitudine del pastore corrisponde ai bisogni del gregge.
Preghiamo per sentirci guidati così e per imparare ad essere gli uni verso gli altri buoni pastori, un pochino come Lui lo è con noi, sempre.
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FONTE: Missio Italia
Commento a cura di don Valerio Bersano Segretario Nazionale Missio Ragazzi.
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