A Sua Eccellenza la Signora Carolina Schmidt,
Ministro dell’Ambiente del Cile, Presidente della cop25,
Venticinquesima Sessione della Conferenza degli Stati Parte
della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico
(Madrid, 2-13 dicembre 2019)
Il 12 dicembre 2015 la cop21 ha adottato l’Accordo di Parigi, la cui attuazione «richiederà un corale impegno e una generosa dedizione da parte di ciascuno»[1].
La sua rapida entrata in vigore, in meno di un anno, e i numerosi incontri e dibattiti tesi a riflettere su una delle principali sfide per l’umanità[2], quella del cambiamento climatico, e a identificare i modi migliori per attuare l’Accordo di Parigi, hanno mostrato una crescente consapevolezza, da parte dei diversi attori della comunità internazionale, dell’importanza e della necessità di «collaborare per costruire la nostra casa comune»[3].
Purtroppo, dopo quattro anni, dobbiamo ammettere che questa consapevolezza è ancora piuttosto debole, incapace di rispondere adeguatamente a quel forte senso di urgenza di un’azione rapida auspicata dai dati scientifici a nostra disposizione, come quelli descritti dai recenti Rapporti Speciali della Commissione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici (ipcc)[4]. Tali studi mostrano come gli impegni attuali presi dagli Stati per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico sono molto lontani da quelli effettivamente necessari per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.
Essi dimostrano quanto le parole siano lontane dalle azioni concrete!
Attualmente c’è un crescente consenso sulla necessità di promuovere processi di transizione, come anche una trasformazione del nostro modello di sviluppo, per incoraggiare la solidarietà e rafforzare i forti vincoli tra la lotta contro il cambiamento climatico e la povertà. Questo è dimostrato ulteriormente dalle numerose iniziative attuate o in corso, da parte non solo di Governi ma anche di comunità locali, settore privato, società civile e individui. Rimane, tuttavia, grande preoccupazione circa la capacità di tali processi di rispettare i tempi richiesti dalla scienza, nonché riguardo alla distribuzione dei costi che essi richiedono.
Da questa prospettiva dobbiamo domandarci seriamente se c’è la volontà politica di destinare con onestà, responsabilità e coraggio più risorse umane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico, nonché per aiutare le popolazioni più povere e vulnerabili che ne sono maggiormente colpite[5].
Numerosi studi ci dicono che è ancora possibile limitare il riscaldamento globale. Per farlo, abbiamo bisogno di una volontà politica chiara, lungimirante e forte, tesa a perseguire un nuovo corso volto a reindirizzare gli investimenti finanziari ed economici verso quelle aree che davvero salvaguardano le condizioni di una vita degna dell’umanità in un pianeta “sano” per oggi e per domani.
Tutto questo ci invita a riflettere coscienziosamente sul significato dei nostri modelli di consumo e di produzione e sui processi di educazione e sensibilizzazione per renderli coerenti con la dignità umana.
Stiamo affrontando una “sfida di civiltà” a favore del bene comune e di un cambiamento di prospettiva che ponga quella stessa dignità al centro della nostra azione, chiaramente espressa dal “volto umano” delle emergenze climatiche. Rimane uno spiraglio di opportunità, ma non dobbiamo permettere che si chiuda. Dobbiamo approfittare di questa occasione attraverso le nostre azioni responsabili in campo economico, tecnologico, sociale ed educativo, ben sapendo come le nostre azioni siano interdipendenti.
I giovani, oggi, mostrano una maggiore sensibilità verso i complessi problemi che nascono da questa “emergenza”. Non dobbiamo porre sulle prossime generazioni il fardello di farsi carico dei problemi causati da quelle precedenti. Invece, dobbiamo dare loro l’opportunità di ricordare la nostra generazione come quella che ha rinnovato e agito — con consapevolezza onesta, responsabile e coraggiosa — sulla necessità fondamentale di collaborare al fine di preservare e coltivare la nostra casa comune. Che possiamo offrire alla prossima generazione motivi di speranza e adoperarci per un futuro buono e dignitoso! Spero che questo spirito animi il lavoro della cop25, a cui auguro ogni successo.
Riceva, Signora, i miei più calorosi e cordiali saluti.
Dal Vaticano, 1° dicembre 2019
Francesco
[1] Parole pronunciate dopo l’Angelus, 13 dicembre 2015.
[2] Cfr. Laudato si’, n. 25.
[3] Cfr. Laudato si’, n. 13; cfr. Messaggio alla cop23, Marrakech, 10 novembre 2016.
[4] Cfr. ipcc: Sommario per i Decisori politici del Rapporto speciale sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e sugli andamenti correlati delle emissioni globali di gas serra, nel contesto di un rafforzamento della risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e degli sforzi per debellare la povertà., 6 ottobre 2018; ipcc: Sommario per i Decisori politici della Relazione speciale su cambiamenti climatici, desertificazione, degrado del suolo, gestione sostenibile del territorio, sicurezza alimentare e flussi dei gas ad effetto serra negli ecosistemi terrestri, 7 agosto 2019; ipcc: Sommario per i Decisori politici del Rapporto speciale su Oceano e Criosfera in un clima che cambia, 24 settembre 2019.
[5] Cfr. Papa Francesco, Videomessaggio in occasione del Climate Action Summit, New York, 23 settembre 2019.