MEDITAZIONE MATTUTINA DI PAPA FRANCESCO DEL 7 APRILE 2016 NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE
La Chiesa «ha bisogno di testimoni», di martiri, di cristiani «coerenti» che «vivono la loro vita sul serio». La riflessione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta, giovedì 7 aprile, si è soffermata sulla linfa vitale della Chiesa, su quel «sangue vivo» che la porta avanti giorno per giorno: la testimonianza.
[ads2]Una meditazione che ha preso le mosse dalla liturgia del giorno, in particolare dalla prima lettura, tratta dagli Atti degli apostoli (5, 27-33), nella quale viene presentato «un brano di quella lunga storia» che ha inizio quando Giovanni e Pietro, guariscono «lo storpio che era alla porta bella del tempio». Tutti, ha ricordato il Pontefice, «avevano visto questa guarigione», e nessuno poteva negare l’eccezionalità del fatto, perché «tutti conoscevano quell’uomo che aveva quarant’anni». Eppure i capi, i sacerdoti, arrabbiati, proibirono agli apostoli «di insegnare, di predicare nel nome di Gesù». Anzi, rimproverandoli, non usavano mai il nome di Gesù, piuttosto dicevano: «quell’uomo». E affermavano: «Avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Erano messi in difficoltà da una realtà che «era davanti a tutti. Tutti conoscevano quello storpio da anni e adesso lo vedevano ballare di gioia, lodando Dio, perché era stato guarito».
Di fronte a loro, «forte nella sua testimonianza», c’era Pietro. E il Papa ha voluto ricordare, mettendolo a confronto, il diverso atteggiamento tenuto dall’apostolo in occasione del rinnegamento di Cristo: «pensiamo a Pietro il codardo — ha detto — quella notte del Giovedì santo, quando pieno di paura rinnega tre volte il Signore». Al contrario, in questa circostanza l’apostolo afferma: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri Padri ha resuscitato Gesù, che voi avete ucciso, appendendolo ad una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, e di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Viene da dire: «Che coraggioso!». Ha commentato Francesco: «Quel Pietro niente ha a che vedere con quel Pietro del Giovedì, niente! Un Pietro pieno di forza che dà testimonianza».
Ma quella testimonianza coraggiosa ebbe delle conseguenze: «All’udire queste cose essi — i capi, i sommi sacerdoti — si infuriarono e volevano metterli a morte». Del resto, ha spiegato il Papa, «la testimonianza cristiana» segue «la stessa strada di Gesù: dare la vita. In un modo, in un altro, ma si gioca la vita nella vera testimonianza».
A questo punto il Pontefice ha approfondito il concetto di testimonianza partendo da una domanda: «Perché Pietro divenne così forte nella sua testimonianza?». Dopo aver guarito lo storpio, l’apostolo aveva detto: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Cioè, ha spiegato Francesco, «la coerenza fra la vita e quello che abbiamo visto e ascoltato, è proprio l’inizio della testimonianza». Ma, ha aggiunto, la testimonianza cristiana ha un’altra caratteristica, «non è solo di quello che la dà: la testimonianza cristiana, sempre, è in due». Lo spiega lo stesso san Pietro: «Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo». Quindi, «senza lo Spirito Santo non c’è testimonianza cristiana. Perché la testimonianza cristiana, la vita cristiana è una grazia, è una grazia che il Signore ci dà con lo Spirito Santo» e «senza lo Spirito non riusciamo a essere testimoni». Caratteristica fondamentale è la coerenza: «il testimone è quello che è coerente con quello che dice, quello che fa e quello che ha ricevuto, cioè lo Spirito Santo».
Una tale comprensione viene anche dal Vangelo. A questo riguardo il Papa ha richiamato il brano in cui Gesù parla con il discepolo andato da lui nella notte e afferma che chi è mandato da Dio «dice le parole di Dio, senza misura. Egli dà lo Spirito. E chi viene dal cielo attesta ciò che ha visto e udito». È, del resto, la testimonianza stessa di Gesù: «Lui attesta quello che ha visto e udito con lo Spirito che dà ai suoi discepoli». E questo, ha spiegato il Papa, «è il coraggio cristiano, questa è la testimonianza».
Una testimonianza, ha voluto ricordare il Pontefice, che ritroviamo nei «nostri martiri oggi, tanti, cacciati via dalla loro terra, sfollati, sgozzati, perseguitati». Essi «hanno quel coraggio di confessare Gesù proprio fino al momento della morte». Ma è anche la testimonianza «di quei cristiani che vivono la loro vita sul serio e dicono: “Io non posso fare questo, io non posso fare male ad un altro; io non posso truffare; io non posso condurre una vita a metà, io devo dare la mia testimonianza”». Tutto si riconduce a un unico concetto: la testimonianza è dire quello che nella fede «si è visto e udito, cioè Gesù risorto», con lo Spirito Santo «ricevuto come dono».
Quante volte, ha aggiunto Francesco, «in momenti difficili della storia» si è sentito dire: «Oggi la patria ha bisogno di eroi». Analogamente ci si può chiedere: «Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa?». La risposta è immediata: «di testimoni, di martiri», cioè dei «santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria» portata avanti «con la coerenza», ma anche di coloro che hanno il coraggio di essere «testimoni fino alla fine, fino alla morte». Tutti «sono il sangue vivo della Chiesa». Sono loro, ha continuato il Papa, «quelli che portano la Chiesa avanti, i testimoni; quelli che attestano che Gesù è risorto, che Gesù è vivo, e lo attestano con la coerenza di vita e con lo Spirito Santo che hanno ricevuto in dono».
Concludendo il Pontefice ha invitato a pregare perché «il Signore ci dia, a tutti noi, questo coraggio e soprattutto la fedeltà allo Spirito Santo che ci è dato in dono».
[ads1]