Meditazione Mattutina di Papa Francesco del 9 ottobre 2017 a casa Santa Marta

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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA DEL 9 OTTOBRE 2017 NELLA CAPPELLA DELLA  DOMUS SANCTAE MARTHAE

Quelli che passano oltre

Davanti alle tante «ferite» delle persone che incontra, l’atteggiamento del cristiano è quello del brigante che le infligge, del sacerdote o del «dirigente cattolico» che guarda e passa oltre oppure è quello di Gesù, il samaritano che si prende cura davvero del suo «prossimo», facendosene carico fino in fondo? È un serrato esame di coscienza quello che Papa Francesco ha suggerito nella messa celebrata lunedì 9 ottobre a Santa Marta, rilanciando l’attualità del contenuto della parabola del buon samaritano.

Il passo evangelico di Luca (10, 25-37) proposto dalla liturgia si apre con le parole di «quelli che vogliono mettere alla prova Gesù», ha fatto subito notare il Papa. Ma «lui sempre risponde più alto, risponde con il mistero di lui stesso o con il mistero dell’uomo». E così, «ad esempio, ai sacerdoti e anziani risponde con la parabola dei contadini della vigna, che abbiamo ascoltato ieri, dove si vede il mistero di Gesù, il Figlio ucciso». Invece «altre volte, a quelli che hanno portato l’adultera, o ai sadducei che domandavano sulla vita eterna, risponde con il mistero dell’uomo».

Comunque Gesù risponde «sempre più alto». Tanto che «anche quando condanna loro, lo fa dall’alto». Nel brano di Luca, ha affermato il Pontefice, «c’è proprio un dottore della legge che vuole metterlo alla prova e siccome Gesù gli fa dire il comandamento e lui non sa uscire da questo piccolo tranello che Gesù gli aveva teso, domanda: “E chi è il mio prossimo?”». A questo punto del passo evangelico Gesù racconta «questa storia, nella quale ci sono sei attori: i briganti, il povero uomo ferito a morte, il sacerdote, il levita, il samaritano — un pagano, che non era del popolo ebreo — e il locandiere». E «così questa storia vuol spiegare il mistero di Gesù, questa storia ci avvicina al mistero di Gesù».

«Cosa fa questa gente», si è chiesto Francesco, davanti a questo «povero uomo ferito lì», quasi sul punto di morire? «I briganti sono andati via felici, perché avevano preso tante cose buone e non importava loro la vita» di quell’uomo. Poi ecco «il sacerdote, che dovrebbe essere un uomo di Dio», ma il il Vangelo ci dice che «lo vide e passò oltre». Ma «anche il levita, che era vicino al culto e alla legge, lo vide e passò oltre<.

È purtroppo, ha fatto notare il Pontefice, «un atteggiamento molto abituale fra noi: guardare una calamità, guardare una cosa brutta e passare oltre, per poi leggerla sui giornali, un po’ dipinti dello scandalo o del sensazionalismo». Ma ecco che «invece questo pagano, peccatore, che era in viaggio, “vide e non passò oltre: ebbe compassione” dell’uomo ferito. E «Luca descrive bene» l’atteggiamento del pagano: “Vide e ne ebbe compassione; gli si fece vicino — non si allontanò ma si avvicinò — gli fasciò le ferite — lui! — versandovi olio e vino”». Quel pagano, dunque, «non lo lasciò lì» dicendo a se stesso: «ho fatto il mio e me ne vado».

Anzi, Luca prosegue nel racconto dicendo che «poi lo caricò sulla sua cavalcatura — e sicuramente lui andava camminando e sulla cavalcatura l’uomo ferito — lo portò in un albergo e si prese cura di lui». Un atteggiamento come a dire: «questo è mio, io mi prendo cura di quest’uomo». Di più: quel pagano «passò la notte lì» accanto all’uomo ferito. Il passo evangelico, ha proseguito Francesco, ci fa presente che «il giorno seguente, siccome doveva andarsene per i suoi affari, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui”». Dunque «lasciò quest’uomo ferito nelle mani di un uomo responsabile». Con una raccomandazione: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più — oltre a questi due denari — te lo pagherò al mio ritorno».

Proprio «questo — ha spiegato il Papa — è il mistero di Cristo: questo è quello che ha fatto Gesù, che ha preso figura di servo, si è fatto servo, si abbassò, si annientò e morì per noi».

Insomma, ha detto ancora Francesco, «alla volontà di questo dottore della legge di metterlo alla prova, Gesù risponde con il proprio mistero». Il Signore «è il samaritano e quest’uomo era in imbarazzo: ma come finisce? Rimane in silenzio e Gesù fa la domanda: “Chi di questi ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». E Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Questo è dunque, «il mistero di Gesù: si abbassò, poi non passò oltre, andò da noi, feriti alla morte, si prese cura di noi, pagò per noi e continua a pagare». Le parole riportate da Luca nel vangelo sono chiare: «Ciò che spenderai di più, te lo pagherò al mio ritorno». Gesù «pagherà quando verrà per la seconda volta: pagherà per noi, come ha pagato già».

«Questo non è un racconto per i bambini: questo è il mistero di Gesù Cristo» ha insistito il Pontefice. E «guardando questa parabola, capiremo in più la profondità, la larghezza del mistero di Gesù Cristo». Ad esempio, ha proseguito, «il dottore della legge se ne andò zitto, pieno di vergogna: non capì il mistero di Cristo». Magari «forse avrà capito quel principio umano che ci avvicina a capire il mistero di Cristo: che ogni uomo guardi un altro uomo dall’alto in basso solamente quando deve aiutarlo a sollevarsi. E se qualcuno fa questo, è in buon cammino, è sulla buona strada, verso Gesù».

«A me piace pensare al locandiere — ha confidato il Papa — che è il grande sconosciuto: cosa capì, il locandiere?». In realtà «non capì nulla, ma ebbe stupore: sentì lo stupore di un incontro con qualcuno che faceva delle cose che mai aveva sentito che si potessero fare». E «lo stupore del locandiere è proprio l’incontro con Gesù».

«Ci farà bene leggere questo passo nel capitolo 10 di Luca — ha rilanciato il Pontefice suggerendo le domande per un esame di coscienza — e anche domandarci: Cosa faccio io? Sono brigante, truffatore, corrotto? Sono brigante, lì? Sono un sacerdote che guarda, vede e guarda da un’altra parte e va oltre? O un dirigente cattolico che fa lo stesso? O sono un peccatore? Uno che dev’essere condannato per i propri peccati? E mi avvicino, mi faccio prossimo, mi prendo cura di quello che ha bisogno? Come faccio, io, davanti a tante ferite, a tante persone ferite con le quali mi incontro tutti i giorni? Faccio come Gesù? Prendo forma di servo?».

Proprio nella prospettiva di questo esame di coscienza personale, ha concluso il Papa, «ci farà bene fare questa riflessione, leggendo e rileggendo questo passo», perché «qui si manifesta il mistero di Gesù Cristo che, essendo peccatori, è venuto per noi, per guarirci e dare la vita per noi».

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