Meditazione Mattutina di Papa Francesco del 17 maggio 2018 a casa Santa Marta

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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA DEL 17 MAGGIO 2018 NELLA CAPPELLA DELLA  DOMUS SANCTAE MARTHAE

Le due unità

Con la tecnica della «finta unità» si inganna da sempre il popolo per fare, ancora oggi, i colpi di stato, condannare i giusti — a cominciare da Gesù — ma anche per distruggere la vita nelle comunità cristiane, facendo fuori le persone a colpi di chiacchiere. È da questo «atteggiamento assassino» che Papa Francesco ha messo in guardia nella messa celebrata giovedì 17 maggio a Santa Marta, riproponendo l’essenza della vera unità testimoniata da Cristo stesso nella sua preghiera al Padre «perché tutti siano una sola cosa».

E proprio «nella liturgia di oggi — ha subito fatto notare il Pontefice — possiamo vedere due strade, due pesi, due misure, per arrivare all’unità». Si tratta di «due tipi di unità». E «la prima» ha spiegato Francesco riferendosi al passo del Vangelo di Giovanni (17, 20-26), è quella per cui «Gesù prega il Padre per noi, “perché tutti siano una sola cosa”, una, “come tu, Padre, sei in me e io in te, perché il mondo creda”».

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È, insomma, «l’unità alla quale ci porta Gesù» ha affermato il Papa, «l’unità nel Padre, come lui è col Padre». Ed è «un’unità costruttiva, un’unità che va su, sempre; è un’unità coinvolgente, che fa la Chiesa una». E «lo Spirito Santo — ha insistito il Pontefice — ci porta sempre verso questa unità: un’unità di salvezza, perché Gesù vuol salvare tutti e ci porta a questa unità».

Questa, ha rilanciato Francesco, è anche «una unità che non finisce: andrà verso l’eternità, cioè ha dei grandi orizzonti». E «così cresce l’unità e quando noi, nella vita, nella Chiesa o nella società civile, lavoriamo per l’unità, stiamo su questa strada». Consapevoli che «ogni persona che lavora per l’unità è sulla strada che Gesù ha tracciato». Proprio «questa è la grande unità — ha aggiunto il Papa — quella che ci rivela il Padre e ci fa vedere il nocciolo proprio della rivelazione che Gesù ci ha portato».

«Ma c’è un altro tipo di unità che io chiamerei “unità finta” o unità congiunturale: quella che hanno gli accusatori di Paolo nella prima lettura» ha affermato il Pontefice, facendo riferimento al passo degli Atti degli apostoli (22,30; 23,6-11). Questi accusatori infatti, ha spiegato il Papa, «si presentano come un blocco ad accusare Paolo: “Va contro la legge, va contro questo, è un blasfemo”».

Da parte sua, «il procuratore romano vede questa gente, e dice “ma è tutto il popolo, uno”». Però, ha proseguito Francesco, «Paolo, che era svelto — perché lo Spirito Santo anche ci permette di essere umanamente svelti: ci chiede quello — e sapeva che quella unità era finta, era congiunturale soltanto, butta la pietra di divisione». Si legge infatti nella pagina degli Atti: «Paolo, sapendo che una parte era dei sadducei e una parte dei farisei, disse a gran voce nel sinedrio” — butta la pietra — “Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti”». E «questa è la pietra che butta Paolo contro questa falsa unità che lo accusa».

Tanto che, «continua il testo: “Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei”. Si sciolse l’unità, disputano fra loro. Prima disputavano contro Paolo per accusarlo e condannarlo a morte; ma Paolo, con quella frase, distrugge quella unità perché era finta, non aveva consistenza. “Scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose”». Insomma, «Paolo, con la saggezza umana che aveva, e la saggezza dello Spirito Santo, riuscì a distruggere questo blocco di unità».

Del resto, ha proseguito il Papa, «lo stesso abbiamo visto nelle persecuzioni di Paolo, per esempio a Gerusalemme». Infatti «il testo degli Atti degli apostoli dice che tutti quelli che sono congregati lì gridavano contro Paolo ma nessuno sapeva né ascoltava l’altro, non sapeva cosa gridavano: erano stati convocati per fare chiasso, fare una unità che era chiasso». E «lo stesso per esempio» ha affermato Francesco, è avvenuto «con gli operatori della immagine di Artèmide degli efesini, in Efeso quando — dice il testo — nessuno sapeva il motivo per il quale gridava» come raccontano gli Atti al capitolo 19. In pratica, ha spiegato il Pontefice, così «il popolo diventa massa, anonimo: fa una unità anonima e i dirigenti dicono “devi gridare contro questo” e gridano». Anche se «poi non sanno perché gridano, cosa vogliono».

«Questa strumentalizzazione del popolo è anche un disprezzo del popolo, perché lo converti da popolo in massa» ha detto Francesco. Facendo notare che «è un elemento che si ripete tanto, dai primi tempi fino adesso. Pensiamoci su: la domenica delle Palme tutti acclamano “Benedetto sei tu, che vieni in nome del Signore” » ma il «venerdì dopo la stessa gente grida “crocifiggilo”». La risposta è che è stato lavato il cervello e così sono state cambiate le cose: in pratica «hanno convertito il popolo in massa che distrugge». Di più, ha suggerito Francesco, «pensiamo a Stefano: cercano subito due falsi testimoni e così la gente va a lapidare Stefano». E «nell’antico Testamento pensiamo alla stessa tecnica» messa in atto «dalla regina Gezabele con Nabot», secondo quanto riferito nel primo libro dei Re. È sempre «lo stesso: si creano condizioni scure, “nebbiose”, per condannare una persona». Sì, «poi quella unità» costruire finisce per sciogliersi, intanto però «la persona è condannata».

«Anche oggi questo metodo è molto usato» ha messo in guardia il Papa. «Per esempio nella vita civile, nella vita politica, quando si vuole fare un colpo di stato, i media incominciano a sparlare della gente, dei dirigenti e, con la calunnia, la diffamazione, li sporcano. Poi entra la giustizia, li condanna e, alla fine, si fa il colpo di stato. È un sistema fra i più disdicevoli». Ma proprio «con questo metodo — ha chiarito Francesco — è perseguitato Paolo» e sono stati perseguitati «Gesù, Stefano e poi tutti i martiri». Certo, ha aggiunto il Pontefice, alla fine è «la gente che andava al circo e gridava per vedere come si faceva la lotta fra i martiri e le fiere o i gladiatori, ma sempre, l’anello della catena per arrivare alla condanna, o a un altro interesse dopo la condanna, è questo ambiente di unità finta, di unità falsa».

Il Papa ha ricordato però che «in una misura più ristretta», tutto questo «succede nelle nostre comunità parrocchiali, per esempio quando due o tre incominciano a criticare un altro e incominciano a sparlare di quello e fanno una unità finta per condannarlo». Insieme, ha proseguito Francesco, «si sentono sicuri e lo condannano: lo condannano mentalmente, come atteggiamento; poi si separano e sparlano uno contro l’altro, perché sono divisi». E proprio per questo, ha rimarcato, «il chiacchiericcio è un atteggiamento assassino, perché uccide, fa fuori la gente, fa fuori la “fama” della gente». E «il chiacchiericcio è lo stesso che facevano questi con Paolo, lo stesso che hanno fatto con Gesù: screditarlo» e «una volta screditato, lo fanno fuori».

«Pensiamo alla grande vocazione alla quale siamo stati chiamati: la unità con Gesù, il Padre» ha chiesto il Pontefice. E «su questa strada dobbiamo andare, uomini e donne che si uniscano e che sempre cercano di andare avanti sulla strada dell’unità». Però, ha insistito il Papa, «non le unità finte che non hanno sostanza e che servono soltanto per dare un passo oltre e condannare la gente e portare avanti interessi che non sono i nostri: interessi del principe di questo mondo, che è la distruzione». E così Francesco ha concluso la sua omelia auspicando «che il Signore ci dia la grazia di camminare sempre sulla strada della vera unità».

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