L’Avvento è un tempo forte che ci prepara all’attesa del Figlio di Dio nel Santo Natale.
Papa Francesco ci spiega bene che cosa è l’Avvento. Sentite le sue parole:
«L’Avvento è il tempo che ci è dato per accogliere il Signore che ci viene incontro, per capire se è grande il nostro desiderio di Dio e per prepararci al ritorno di Cristo.
Sono tre, infatti, le visite del Signore all’umanità: la prima visita è avvenuta con la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme più di 2000 anni fa. La seconda avviene nel presente: il Signore viene ogni giorno, cammina sempre al nostro fianco. Infine, ci sarà la terza, l’ultima visita, l’incontro con Cristo nel Giudizio finale: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”».
Queste parole le troviamo scritte nel Vangelo di Matteo e ci fanno capire in modo chiaro che qualunque cosa facciamo a chi ci sta accanto l’abbiamo fatta a Gesù.
Quando la nostra vita terrena passerà alla vita eterna, dunque, saremo valutati sull’amore che abbiamo donato agli altri ogni giorno: a scuola, a casa, in parrocchia, nelle varie attività che svolgiamo… ovunque.
“State attenti…vegliate…vigilate… non addormentatevi…” sono i verbi che ci accompagneranno per tutto questo periodo di Avvento.
Per questo dobbiamo sempre essere vigilanti e attendere il Signore con speranza.
Non per metterci paura, ma, eventualmente, questi verbi esprimono la paura che il Signore ha di perdere noi!
Nel Vangelo di oggi Gesù ci dice: “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati”.
Come dobbiamo vivere, allora, per non farci trovare addormentati quando il Signore tornerà? Gesù ci esorta a tenere gli occhi ben aperti sul presente, su come viviamo ogni momento della nostra giornata.
Quante volte, in questo breve brano di Vangelo, Gesù ci invita a vegliare, a stare attenti… ma, anche se dovessimo sbagliare, Lui ci aiuta sempre a ricominciare.
Allora vediamo un po’ cosa significa per voi bambini vegliare, non addormentarsi…
Sono certa che tutti voi avete capito che il Signore non ci chiede di non andare mai a letto per restare svegli, non ci chiede di essere sempre in piedi sull’attenti, con gli occhi ben aperti per non dormire…
Quello che ci vuole dire Gesù è che, in tutte le cose che facciamo, anche se piccole, dobbiamo impegnarci ad esercitarci nell’Amore.
Facciamo qualche esempio: torniamo a casa da scuola e buttiamo lo zaino per terra vicino alla porta d’ingresso anche se sappiamo che la mamma vorrebbe che lo mettessimo al suo posto; ci sediamo a tavola e cominciamo a brontolare perché il pranzo non è quello che ci aspettavamo; ci alziamo da tavola e ci tuffiamo sul divano a guardare la TV senza aiutare a sparecchiare; arriva un nostro amico e mettiamo sottosopra la casa lasciando tutti i giochi sul pavimento; dobbiamo fare i compiti e cominciamo a sbruffare perché non ne abbiamo voglia; è ora di andare a catechismo e cominciano a sentirsi degli UFFA che non finiscono più; arriva la sera e, al ritorno del papà stanco dopo una giornata di lavoro, lo facciamo arrabbiare per futili motivi; è ora di andare a letto e non ci vogliamo andare; non abbiamo voglia di dire la preghiera serale… e l’elenco potrebbe continuare.
Vi sembra che tutto questo sia ben fatto? Certo che no!
In questa lista di atteggiamenti c’è qualcosa che non va: non c’é l’amore.
Provate ora a ripensare a questo elenco e trasformate tutti questi esempi in positivo…
Ecco allora cosa significano per voi bambini le parole “vegliare, stare attenti, non addormentarsi” di cui abbiamo parlato prima!
Gesù non ci chiede cose impossibili per prepararci alla sua venuta, non ci chiede di fare miracoli, ci chiede semplicemente di fare bene il nostro dovere ogni giorno, ci chiede di metterci il nostro impegno per vivere facendo del bene come ha fatto Lui finché è vissuto qui sulla terra, ci chiede di essere sempre pronti ad amare per primi!
C’è un altro particolare importante della parabola. Ci dice che il padrone: “è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi”.
Il padrone di casa è il Signore e quei servi siamo tutti noi. La parola “servi” non è usata in senso dispregiativo, anzi! Dobbiamo essere servi come lo è stato Gesù che non è venuto sulla terra per essere servito ma per servire!
Pensate, bambini, ancora una volta ci chiede di essere “altri Gesù”, ancora una volta ci chiede di essere come Lui, ancora una volta ci innalza a Lui.
Nell’udienza che il Papa ha fatto mercoledì 18 ottobre ha parlato di un santo che ha saputo vivere la sua vita vegliando senza addormentarsi mai.
Mi ha colpito molto questa testimonianza e vorrei riportarvene qualche pezzetto per farvi capire che vivere l’Avvento significa imparare a vivere il nostro Natale non una volta all’anno, ma tutti i giorni!
Dall’udienza di Papa Francesco:
“Oggi vorrei parlarvi di un uomo che ha fatto di Gesù e dei fratelli più poveri la passione della sua vita: san Charles de Foucauld.
Egli, dopo aver vissuto una gioventù lontana da Dio, senza credere in nulla se non alla ricerca disordinata del piacere, dopo essersi convertito accogliendo la grazia del perdono di Dio nella Confessione, scrive: «Ho perso il mio cuore per Gesù di Nazaret». Fratel Carlo ci ricorda così che il primo passo è avere Gesù dentro il cuore, è “perdere la testa” per Lui. Se ciò non avviene, difficilmente riusciamo a mostrarlo con la vita. Credo che oggi sarebbe bello che ognuno di noi si domandi: Io, ho Gesù al centro del cuore? Ho perso un po’ la testa per Gesù?
Charles SÌ, al punto che passa dall’attrazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Va in Terra santa per visitare i luoghi in cui il Signore ha vissuto. In particolare è a Nazaret che comprende di doversi formare alla scuola di Cristo. Vive un rapporto intenso con il Signore, passa lunghe ore a leggere i Vangeli e si sente suo piccolo fratello.
E conoscendo Gesù, nasce in lui il desiderio di farlo conoscere. Sempre succede così: quando ognuno di noi conosce di più Gesù, nasce il desiderio di farlo conoscere, di condividere questo tesoro. “Tutta la nostra esistenza – scrive fratel Carlo – deve gridare il Vangelo”. Egli allora decide di stabilirsi in regioni lontane per gridare il Vangelo nel silenzio, in povertà. Va nel deserto del Sahara, tra i non cristiani, portando la mitezza di Gesù-Eucarestia. Sta in preghiera ai piedi di Gesù, davanti al tabernacolo, per una decina di ore al giorno, sentendo che è Gesù a portarlo vicino a tanti fratelli lontani.
Charles ha testimoniato la bellezza di comunicare il Vangelo attraverso la mitezza. Desiderava che chiunque lo incontrasse vedesse, attraverso la sua bontà, la bontà di Gesù. Diceva di essere, infatti, “servitore di uno che è molto più buono di me”.
Vivere la bontà di Gesù lo portava a stringere legami fraterni e di amicizia con i poveri, con i Tuareg, con i più lontani dalla sua mentalità. E con il suo sorriso, con la sua semplicità Fratel Carlo testimoniava il Vangelo”.