Luis Miguel Bravo Álvarez – Commento al Vangelo del 13 Giugno 2021

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Gesù ha davanti una gran folla. Con ogni probabilità, molti di quelli che lo stanno ascoltando sono persone che lavorano e vivono dei frutti della terra. Perciò, come leggiamo nella parte conclusiva del brano, Gesù gli parla in modo che possano intendere.

Ma, il Signore non vuole che capiscano soltanto dal punto di vista intellettuale, vuole riempirli di entusiasmo per il messaggio che stava loro trasmettendo, affinché capissero che ciò che stavano ascoltando era destinato a trasformarsi in vita.

Qual è il sogno del seminatore se non di vedere crescere e fruttificare quello che ha seminato? Per questo, Gesù vuole seminare in coloro che lo ascoltano il santo desiderio di avere una vita feconda. Vuole seminare in loro il desiderio della santità, di vivere una vita piena.
Ripete, quindi, che il seme nasce e cresce come lo stesso seminatore non sa. Il Signore vuole ricordarci che le nostre opere, quando le facciamo alla presenza di Dio, per la sua gloria, non saranno mai sterili. La testimonianza della Sacra Scrittura è chiara in questo senso: quando lavoriamo per amore di Dio, sempre, sempre avremo frutto: «I miei eletti…non faticheranno invano» (Is 65, 23); «Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore» (1Cor 15, 58).

Perchè una delle più grandi sfide della nostra fede è proprio questa: lo scorrere del tempo, la mancanza di entusiasmo nel nostro lavoro quotidiano, l’apparente mancanza di crescita nella nostra vita spirituale. Gesù, allora, vuole incoraggiarci a non arrenderci, a ricordare che lo Spirito Santo opera nella nostra anima senza che ce ne accorgiamo e rende la nostra vita feconda senza che sappiamo come. La nostra fede, tante e tante volte, deve essere tenacemente perseverante: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21, 19).
Ma Gesù non si ferma a questo, vuole che diamo frutto e frutto abbondante (cfr. Gv 15, 5). Per questo richiama l’immagine del seme di senape che cresce sino a diventare la più grande tra le piante dell’orto.

Per provare che questo invito del Signore è concreto, basta che osserviamo la vita dei santi: abbiamo una gran quantità di esempi di vite in apparenza insignificanti e di cui, magari, i loro contemporanei non si sono neanche accorti, ma che hanno lasciato un segno profondo e frutti che ancora sono vivi. Forse che non ci stiamo alimentando della dottrina di sant’Agostino e di san Tommaso? Non continua ad emozionarci l’esempio di giovani coraggiosi come i martiri san Tarcisio e santa Maria Goretti? Loro sono stati come i granelli di senape: esistenze che agli occhi di molti sono sembrate insignificanti, ma che ancora oggi permettono a tanti di fare il nido sotto la loro ombra.

Come in tante altre occasioni, Gesù vuole incoraggiarci a non avere paura della santità. Dio Padre è il giardiniere (cfr. Gv 15, 1) che per noi vuole una vita feconda. Per questo, questo brano del vangelo può essere una occasione formidabile per ritornare ad aprire di nuovo la porta del nostro cuore allo Spirito Santo, per farci riempire di valore eterno ogni nostra azione, compresa la più prosaica e quotidiana, se la compiamo con amore.

Basta riflettere sulla vita di santa Maria e di san Giuseppe: due umili semi che Dio ha voluto piantare a Nazaret e che hanno dato, continuano a dare e daranno frutti abbondanti per l’eternità e alla cui ombra trova riparo tutta la Chiesa universale.


Fonte: La pagina Facebook di “Opus Dei Italia” | Sito Web con tutti i commenti al Vangelo 

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