La bellezza tragica di una fede plurale
Ogni volta che mi rincontro con questo verso di Giovanni mi torna sempre più forte un pensiero che si fa via via convinzione: abbiamo perso contatto con la forza profetica e rivoluzionaria di quel comandamento di Gesù.
Il suo mondo era pieno di precetti e comandamenti della Legge, e nella sua generazione forte era la condizione che la salvezza e l’esser giusto potessero essere guadagnati osservando i comandamenti e le opere delle Legge. Gesù conosceva molto bene la tradizione di Israele, sapeva l’importanza infinita di quel patrimonio di rivelazione divina e di sapienza umana. Ci aveva poi raccontato altre leggi, dalle beatitudini alle opere di misericordia, parole nuove, nuovissime, inedite.
Ma quando ha voluto dirci nell’ultimo Evangelo un solo comandamento, suo e nuovo, talmente importante da ripeterlo due volte nel giro di pochi versi, ci dona un comandamento tutto umano. Ci aveva parlato molto, moltissimo di Dio, del Padre, dello Spirito Santo; eppure, nel rinchiudere in un solo comando tutta la Legge e i profeti, sceglie una parola che parla solo di esseri umani, che parla solo di noi.
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Quel verbo, quella seconda Persona della Trinità, quel Logos diventando carne era diventato talmente umano da arrivare a donarci una nuova legge tutta umana, tutta carne e sangue: «Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi». Nella sintesi delle sintesi non troviamo Dio, né lo Spirito, né gli angeli; no, troviamo solo noi stessi. Trovo me, trovi te, troviamo tutti gli uomini e le donne di ieri, di oggi, di sempre. [… continua a leggere il commento su Famiglia Cristiana …]