Mettere nelle mani di Dio tutta la vita
La donna che Gesù osserva mentre sta seduto di fronte al tesoro del Tempio è descritta attraverso due termini puntuali: è una vedova ed è povera. Questa sua duplice dimensione la rende specialmente preziosa agli occhi di Dio.
Nell’Antico Testamento sovente si insiste sulla predilezione che il Signore ha verso coloro che, sulla terra, non hanno protezione né risorse e trovano rifugio solo in Lui: i poveri, i forestieri, le vedove e gli orfani. Anche il salmo 145, che ricorre nella liturgia di questa domenica, ricorda che Dio «sostiene l’orfano e la vedova».
Inoltre, specifiche leggi, date da Dio stesso, tutelavano in particolare la categoria delle vedove: il divieto di maltrattarle è presente fin dal grande codice dell’Alleanza, per esempio in Esodo 22,21, e, anzi, ricorre spesso l’invito a beneficarle. Malvagio, al contrario, è ritenuto nella Bibbia colui che fa del male a questa categoria di donne: esse sono, infatti, nella condizione della più completa indigenza, prive, in una società prettamente maschile, della tutela e della protezione di un uomo e di uno sposo.
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Dio solo è il loro scudo: le vedove incarnano pertanto la fiducia autentica nel Signore e assurgono ad autentici modelli di fede; pur non possedendo quasi nulla, sanno essere esemplari nella generosità e nella capacità di condividere il poco che hanno, come la vedova anonima della pagina evangelica che stiamo commentando e la vedova di Sarepta, protagonista della prima lettura di questa domenica (1Re 17,10-16). […]
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