Le beatitudini non sono virtรน, non sono un discorso etico sulle azioni umane. Sono invece il riconoscimento che nel mondo โesistono giร โ i poveri, i miti, i puri di cuore, chi piange, i perseguitati per la giustizia, i misericordiosi. E poi chiamarli beati, โfeliciโ. Le beatitudini sono soprattutto una ri-velazione, un togliere il velo per vedere una realtร piรน profonda e vera di quella che ci appare.
Il Vangelo non ci presenta unโetica delle virtรน (questa cโera giร ), ma ci dona e ci rivela lโumanesimo delle beatitudini, che non cโรจ ancora, e quindi puรฒ sempre arrivare, ogni giorno. Se capissimo e vivessimo la logica delle beatitudini, dovremmo andare per le strade, nelle piazze, nelle imprese, nei campi di accoglienza, guardarci attorno e ripetere con e come Gesรน di Nazaret: ยซBeati, beatiโฆยป. Ci sono troppi puri di cuore, perseguitati per la giustizia, poveri, miti, che attendono ancora di sentirsi chiamare beati.
La prima beatitudine รจ per i poveri, รจ tutta loro. Sono due millenni che il Discorso della montagna prova a resistere agli attacchi di chi ha cercato e cerca di ridurlo ad altro, di ridicolizzarlo o trasformarlo in inutile esercizio consolatorio. Questa lotta alla semplice radicalitร che vale per tutte le beatitudini รจ particolarmente evidente e forte per la beatitudine dei poveri.
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In Matteo ci puรฒ confondere quel ยซpoveri di spiritoยป, perchรฉ si corre il rischio che quello ยซspiritoยป lasci sullo sfondo i ยซpoveriยป, quelli normali, non solo quelli che vivono il distacco dalle ricchezze. I beati sono โi poveri e bastaโ.ย […]
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