Un futuro donato
Lโannuncio della misericordia di Dio in Cristo Gesรน: questo il tema saliente della quinta domenica di Quaresima contenuto essenzialmente nella cosiddetta โpericope dellโadulteraโ (Gv 8,1-11). Lรฌ, la misericordia di Gesรน si astiene dal condannare donando cosรฌ un futuro a chi non aveva piรน alcuna speranza di futuro. Nella prima lettura (Is 43,16-21), Dio dona un futuro ai figli dโIsraele deportati a Babilonia operando una cosa nuova nella storia: il nuovo esodo.
Tale รจ lโimportanza dellโevento che il profeta chiede ai suoi ascoltatori di dimenticare le cose di prima (il primo esodo) per riconoscere e accogliere il novum che Dio sta operando. Troviamo la stessa dinamica temporale nella seconda lettura (Fil 3,8-14) in cui Paolo, una volta afferrato da Cristo, ha dimenticato il passato proiettandosi verso la meta che Cristo ha dischiuso alla sua esistenza. Tutti e tre i testi possono essere letti come testimonianza del mutamento che lโazione di Dio improntata a misericordia produce nella storia e nellโesistenza di una persona.
La prima lettura contiene una pagina di teologia della storia. Lโazione di Dio nella storia viene espressa come un โfare una cosa nuovaโ (Is 43,19). Che รจ il senso del verbo baraโ, โcreareโ. Fare qualcosa di inedito che offusca anche il ricordo dei prodigi di un tempo, dellโesodo. Cโรจ un evento storico, la caduta di Babilonia e il collasso dellโimpero babilonese (vv. 14-15), che apre prospettive di liberazione per il popolo. Cโรจ stata unโepoca fondativa del popolo di Israele, segnata dallโesodo dallโEgitto, ma ora Dio dร il permesso, anzi, il comando di dimenticarla per aprirsi al nuovo che egli fa nellโoggi. Dimenticare qui non significa cancellare, nรฉ rinnegare, nรฉ rimuovere, ma non restare attaccati in modo ostinato, nostalgico e regressivo a un passato che per quanto santo e fondativo rischia di divenire, nellโeccesso di memoria di chi vi si attacca in modo esclusivo, impedimento a cogliere lโoggi di Dio. Dimenticare diventa dunque fare spazio al futuro. Certo, lโesodo nuovo sembra il contrario del primo: nel primo cโera il creare il secco in mezzo allโacqua per far passare Israele (Is 43,16), nel secondo cโรจ lโimmettere acqua nel secco, nel deserto (Is 43,20), ma il fine รจ il medesimo: far passare Israele, creargli un futuro.
Se si guarda allโesterioritร si comprende la nostalgia di chi resta attaccato al passato e si rifร alle sue forme per invocarle contro lโoggi di Dio che si manifesta in maniera diversa. Ma in questo modo non si coglie la continuitร profonda con il passato. Dimenticare poi vuol dire aderire allโoggi e alla realtร che Dio fa vivere nellโoggi. Significa attualizzare la prima esperienza di esodo nellโoggi comprendendo che ciรฒ che in altro momento storico ha avuto una certa forma ora ne assume unโaltra che puรฒ sembrare perfino contraria alla precedente. Agostino ricorda che Dio puรฒ chiedere cose che prima non aveva mai chiesto e anche cose che prima erano proibite: โQuando รจ Dio stesso a dare un ordine contrario a unโusanza o a un patto qualsiasi, bisogna metterlo in pratica, anche se in quel luogo non fu mai praticato; e se fu trascurato, bisogna restaurarlo, se non fu stabilito, bisogna stabilirloโ (Confessioni III,8,15).
Infine, dimenticare significa fare esodo dallโesodo, uscire dallโesodo, dal primo esodo e dal peso schiacciante che puรฒ acquisire nella vita dei singoli e del popolo. Uscire da quellโesodo per entrare nel nuovo esodo. Altrimenti non si vive piรน nella storia ma nel fantasma del passato. Questo esige un lavoro spirituale dei figli dโIsraele, un lavoro che incontra resistenze. Quel โNon ve ne accorgete?โ (v. 19) esprime la difficoltร di tanti in Israele a vedere allโopera Dio in maniera diversa da come ha agito nel passato. Occorre uscire dallโesperienza di fede divenuta morta abitudine, legame col passato che impedisce la vita. La nostra pigrizia mentale ci porta a legarci alle forme dellโesperienza di Dio conosciute nel passato e che pensiamo che debbano ripetersi allโinfinito senza cambiamenti, ma cosรฌ ci precludiamo la vita stessa. Il messaggio di Isaia รจ chiaro: il primo esodo diviene nuovo e cambia radicalmente di segno. Dimenticare รจ dunque anche comprendere che le forme di realizzazione storica dellโintervento di Dio mutano e, in una nuova stagione dello stesso popolo dโIsraele, possono assumere connotati totalmente diversi da quelli fino allora conosciuti. Il profeta che trasmette questo messaggio del Signore se ne rende conto ma sa bene che lavoro di guida di un popolo, come di una comunitร , รจ anche gestire la paura delle perdite connesse ai cambiamenti. Ma i cambiamenti, che da alcuni possono essere intesi come una morte, come la fine di tutto, sono necessari per dare un futuro al popolo come a una comunitร .
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Commentando il brano evangelico di Gv 8,1-11, papa Francesco, nellโomelia del 7 aprile 2014, ha detto: โGesรน si alzรฒ e guardรฒ la donna che era piena di vergognaโ. Il testo non lo esplicita, ma la situazione in cui la donna si trova รจ emblematica della drammatica emozione della vergogna. ร stata colta nel pieno di un rapporto adulterino, รจ stata trascinata, lei sola, non il compagno, nel Tempio, luogo religioso e santo, รจ stata esibita davanti a tutti, anche davanti a Gesรน, come colpevole contro la Torah di Mosรจ. ร lโunica donna, in mezzo a tanti maschi che, se anche sono religiosi, non sono certo dissimili dal โbrancoโ e i loro modi e il loro linguaggio sono quelli del branco: lโinsulto, lโaccusa, lโingiuria, la violenza.
La donna รจ espropriata della parola: non lei parla, ma รจ oggetto di parola, di lei altri parlano, anzi su di lei urlano e gridano. Lei non ha un nome, รจ spregiativamente โquesta donnaโ (v. 4), โdonne come questaโ (v. 5). Senza nome, รจ come se fosse senza volto. La cancellazione del volto equivale alla negazione dellโidentitร . Nella vergogna una persona vorrebbe sparire. Nella vergogna una persona (ed รจ cosรฌ per la donna nellโepisodio evangelico) รจ ridotta a spazzatura, a lordura che deve essere eliminata. Nella violenta scena evangelica noi vediamo quanto non-amore sia presente in chi usa cosรฌ spudoratamente la donna, negandole soggettivitร , mancandole di rispetto e offendendo la sua dignitร . Gesรน opera la liberazione della donna dalla vergogna. Come? Anzitutto ricorda ai suoi accusatori che anchโessi hanno motivi di vergogna. La differenza tra loro e la donna รจ che il peccato della donna รจ noto a tutti, mentre i loro sono nascosti. E finchรฉ i nostri peccati sono nascosti possiamo illuderci di innocenza.
Poi Gesรน si volge alla donna che รจ paralizzata dalla vergogna, tanto che rimane ancora โin mezzoโ, anche quando non ci sono piรน i suoi accusatori a circondarla (Gv 8,9). Il disprezzo degli altri si รจ travasato in lei diventando odio di sรฉ, e lei non riesce a muoversi. La vergogna paralizza, immobilizza, blocca. Nella vergogna la persona si sente congelata, pietrificata. Come agisce Gesรน con lei? Anzitutto si pone al suo livello e la raggiunge nella situazione di disprezzo in cui lei si trova. Se lei era in mezzo alla cerchia degli accusatori, Gesรน, chinandosi e accucciandosi sulle caviglie, si situa in basso, e tutti, anche la donna, devono guardarlo dallโalto in basso. Tu non sei sola, sta dicendo Gesรน alla donna: tu in mezzo, io in basso. Se nella vergogna la persona si sente perduta in una solitudine senza redenzione possibile, il cammino di uscita dalla vergogna puรฒ iniziare se qualcuno le si pone accanto e le fa sentire la propria vicinanza. E quando tutti se ne sono andati e restano lui e lei soli, Gesรน si alza e si pone nel faccia a faccia con lei offrendole uno sguardo che lei puรฒ sostenere e una parola a cui puรฒ rispondere. Lei ritrova il suo volto grazie al volto di Gesรน che la guarda stando in piedi davanti a lei. E Gesรน dร la parola alla donna.
Le ricorda che lei non รจ espropriata della facoltร di parola e che ha capacitร comunicativa. E non si rivolge a lei nรฉ in toni paternalistici nรฉ consolatori, ma la interroga. La invita a entrare in un dialogo. Lโamore gratuito di unโaltra persona puรฒ far uscire dalla prigione della vergogna. E Gesรน dร alla donna il permesso di riprendere la sua vita, con anche un mandato, una responsabilitร : โnon peccare piรนโ. Non reiterare il male che hai fatto ad altri e a te stessa. Spesso la vergogna si accompagna a situazioni in cui cadiamo ripetutamente e che ci portano a pensare che รจ la nostra persona che รจ sbagliata. Gesรน chiede alla donna di uscire dallโatteggiamento di sentirsi sbagliata. Ma non glielo impone. Le mostra che ai suoi occhi lei non รจ un errore fatto persona. A lei di credere di piรน allo sguardo mite di Gesรน, che allo sguardo giudicante di scribi e farisei, di credere di piรน allโamore gratuito e liberante del Signore che allโodio che ha sentito nel branco, ma che nella vergogna diventa odio di sรฉ. A lei di credere che un conto รจ lโerrore che ha commesso, e altro รจ la sua persona. Ormai la sua esperienza di vergogna รจ condivisa da Gesรน in maniera compassionevole: lei รจ liberata dallโisolamento in cui spesso si chiude chi vive situazioni di vergogna. A lei di accedere a una visione diversa di ciรฒ che ha fatto: la vergogna non รจ suscitata dallโevento in sรฉ e dalla sua effettiva realtร , ma dai significati che la persona vi attribuisce. A lei di credere che il passato non รจ un macigno che ostacola il futuro.
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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