Una bella luce
La luce come responsabilitร dei credenti: cosรฌ puรฒ essere intesa lโunitร tra prima lettura (Is 58,7-10) e vangelo (Mt 5,13-16) di questa domenica. La fede รจ chiamata a divenire luce. Ben sapendo che al credente la luce non appartiene e che lui puรฒ soltanto accoglierla e rifletterla. Isaia e Matteo convergono nellโaffermare che la luminositร del credente si manifesta in opere di giustizia e caritร , in un agire corporeo e relazionale. Le letture insistono sulle opere di giustizia e caritร : il vero digiuno, afferma Isaia, consiste nel lavoro di liberazione e giustizia, di condivisione e solidarietร (Is 58,6-7); il vangelo sottolinea che la luce dei credenti si traduce in opere belle (รฉrga kalร : Mt 5,16; la Bibbia CEI traduce โopere buoneโ). Lโesortazione a fare il bene รจ anzitutto invito a una lotta: lottare per vincere la tentazione di unโascesi e di una mortificazione fini a se stesse, che allontanano dalla relazione con gli altri rimuovendo quella dimensione corporea che รจ il luogo di manifestazione dello spirito, dunque della caritร e della giustizia. ร invito a lottare contro la tentazione della facilitร , della superficialitร e della bruttura in cui spesso cadiamo senza nemmeno accorgercene e ad opporvi azioni belle, cioรจ sapienti e sapide (โessere saleโ), calde e luminose (โessere luceโ). La luce dei credenti deve risplendere in quella carne che spesso viene colta come opaca e opacizzante e in quelle relazioni che a volte sono considerate ostacolo a una qualitร spirituale. La luminositร dei credenti si deve pertanto declinare come bellezza, ma una bellezza che coniuga dimensione estetica e dimensione etica e che trova il suo momento piรน alto nel fare il bene a chi ci ha fatto il male, nel rispondere con mitezza alle offese ricevute.
Le opere di misericordia e giustizia di cui parla il profeta (Is 58,7) e le opere โbelleโ di cui parla Gesรน, si radicano nel cuore del credente e suppongono un lavoro interiore. Lavoro che, secondo Is 58,9, significa il riconoscimento che lโattitudine a non lasciar spazio agli altri (โoppressioneโ), a giudicare e condannare (โpuntare il ditoโ), a sparlare e calunniare (โparlare empioโ), abita in noi e costituisce il buio che, una volta portato alla luce, puรฒ consentire la trasparenza e la limpidezza che rendono luminoso il credente. Dice Isaia: โSe toglierai di mezzo a teโ (dal tuo cuore e dunque anche dai tuoi rapporti con gli altri) queste cose, ecco che la tua luce si manifesterร . Cโรจ un lavoro di sgombero interiore, di dissodamento del profondo, cโรจ una ablatio necessaria per divenire capaci di amore e giustizia. Infatti, la dinamica dellโazione buona secondo Isaia non รจ anzitutto un fare, ma un togliere, un eliminare da se stessi le tre attitudini appena ricordate. Non farlo, per Isaia equivale a distogliersi dalla propria stessa carne, ovvero la carne che condividiamo con gli altri e che รจ anche la nostra casa. Questo sarebbe un cadere nellโindifferenza e nel ripiegamento del cuore su se stesso. Andrรฉ Chouraqui traduce la frase di Is 58,7 โsenza sottrarti davanti alla tua carneโ. La carne, la fragilitร dellโaltro รจ un appello che sollecita la mia responsabilitร , cioรจ la mia risposta di cura.
Inoltre, fare il bene รจ sempre farsi del bene, suggerisce Isaia affermando che facendo il bene la โtua ferita si rimarginerร prestoโ (Is 58,8). Colui che vede le sofferenze altrui e interviene per alleviarle, vedrร rimarginarsi le proprie ferite. Prendersi cura degli altri รจ prendersi cura di sรฉ. Il curatore รจ anchโegli un ferito, una persona bisognosa di cura. La coscienza di essere noi stessi malati รจ essenziale per vedere le ferite altrui e prendercene cura con efficacia, cosรฌ come per sperimentare effetti terapeutici positivi su di noi. Lโumanitร ferita รจ unica, in me e nellโaltro.
Il vangelo aveva giร detto che Gesรน aveva cominciato a irradiare la sua luce nella zona della Galilea: โIl popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luceโ (Mt 4,16). Ora, dopo aver presentato Gesรน che proclama le beatitudini, Matteo mostra i discepoli e le folle che ascoltano la luce. Solo ascoltando la parola luminosa di Gesรน si arriva a vedere la sua luce. ร grazie allโascolto della sua parola che i discepoli possono essere chiamati โluce del mondoโ e โsale della terraโ. Nella simbologia biblica la luce รจ attributo della parola di Dio: โLampada per i miei passi รจ la tua parola, luce sul mio camminoโ (Sal 119,105). โLuceโ รจ la prima parola che esce dalla bocca del Dio creatore (Gen 1,3). E Gesรน stesso, โluce del mondoโ (Gv 8,12), trasmette la sua luminositร a chi accetta di lasciarsi guidare dalla sua parola attraverso lโascolto che diviene sequela. โChi segue me, non camminerร nelle tenebre, ma avrร la luce della vitaโ (Gv 8,12). Lโascolto e la sequela operano la trasmissione della luce sul discepolo che ne diviene un riflesso e che a sua volta la puรฒ irradiare. ร significativo che queste parole di Gesรน ai discepoli, cosรฌ importanti e costitutive sul piano, potremmo dire, ecclesiologico, siano immagini: sale, luce, e poi cittร . ร un linguaggio simbolico e metaforico che non definisce e neppure norma con precisione doveri e compiti, ma costituisce un alveo al cui interno muoversi, una direzione da percorrere, uno spazio in cui immergersi. E questo affinchรฉ la presenza e la testimonianza dei cristiani nel mondo sia sensata.
Le immagini del sale, della luce e della cittร rinviano nel loro insieme a quello che possiamo chiamare โsensoโ. Matteo ha specificato che il parlare di Gesรน sul monte รจ un insegnamento (Mt 5,2) e insegnare ha a che fare con il senso, in tutti i significati che tale parola riveste e che sono ben espressi dalle metafore della luce, del sale e della cittร . In quanto luce, i credenti percorrono un cammino e indicano una via, una direzione. La loro presenza ha unโimportante dimensione etica. Nรฉ si puรฒ dimenticare che nellโinterpretazione di diversi padri della chiesa i cristiani sono luce del mondo in quanto annunciatori del vangelo: il vangelo annunciato con parresรญa illumina gli esseri umani che possono cosรฌ uscire dalle tenebre in cui si trovano. La luce, che consente di vedere e di dare una forma alle cose, ha anche la valenza di significato e riveste una dimensione filosofica e, se si pensa al fine ultimo del cammino terreno, anche teologico ed escatologico. In quanto sale, essi danno sapore e infondono gusto al vivere. La loro presenza รจ chiamata a essere sapida, non insapore e ha una valenza estetica in quanto evocazione e testimonianza di bellezza. Quanto poi alla cittร posta su un monte, il suo senso รจ quello di attrarre, di dare un orientamento al desiderio, di fornire una meta al percorso degli umani. Cosรฌ essa simboleggia il compito della chiesa che รจ di โcrescere non per proselitismo, ma per attrazioneโ (Benedetto XVI). Dietro allโimmagine della cittร che, posta su monte e dunque ben visibile, diviene un polo di attrazione del cammino dei popoli, sta la tradizione veterotestamentaria del pellegrinaggio dei popoli (cf. Is 2,1-5). Questa immagine ha una valenza ecclesiologica se la intendiamo non tanto come agglomerato urbano situato in un luogo preciso, ma come comunitร di persone che si puรฒ realizzare in qualunque luogo. Questa comunitร di persone per Matteo ha nome di fraternitร : โVoi siete tutti fratelliโ (Mt 23,8), dice Gesรน ai discepoli e questa affermazione sta alla base dellโessere sale e luce dei discepoli stessi nei confronti dellโumanitร .
Ciรฒ che colpisce nelle immagini usate da Gesรน รจ che di tutte si mette in luce la possibilitร del fallimento: il sale puรฒ divenire โscioccoโ (cosรฌ traduce Ulrich Luz, unendo felicemente le nozioni dellโinsipido e della stoltezza presente nel verbo moraรญnein usato da Mt 5,13.22; 7,26; 23,17; 25,2.3.8) e un sale insipido non serve a niente. La lampada puรฒ essere messa sotto il moggio e smettere di illuminare; una cittร puรฒ restare nascosta e venir meno al suo compito di accogliere e farsi abitare. Gesรน intravede la possibilitร dellโinsignificanza in cui i cristiani possono finire. E cosรฌ la pagina evangelica fotografa gran parte dellโattuale situazione dei cristiani nel mondo, o almeno nei paesi di antica cristianitร . Dovโรจ la forza di attrazione della chiesa oggi? Dovโรจ la promessa di vita, di senso e di felicitร , per le persone, in particolare per le giovani generazioni? Dove e come la chiesa oggi รจ sale? Cioรจ capace di infondere sapore e dare bellezza e gusto al vivere? E dove e come รจ luce? Ovvero dove e come รจ capace di indicare vie da percorrere, dischiudere futuro e speranza, aprire sentieri di senso? Spesso le nostre chiese si presentano come svigorite, stanche, senza passione, esauste, logore.
Lโimmagine del sale divenuto insipido si accompagna alla constatazione che esso โnon ha piรน forza per nulla (eis oudรจn ischรฝei)โ (Mt 5,13). E non puรฒ stupire che la presenza cristiana spesso non susciti che indifferenza. Cosa occorre? Non si tratta di indicare delle โcose da fareโ, ma degli atteggiamenti da assumere: coraggio, immaginazione, creativitร . Ovvero, intelligenza creativa. Luce e sale indicano anche intelligenza. E lโintelligenza osa con coraggio affrontare i cambiamenti riconoscendo che non si puรฒ pretendere che le cose cambino se si continua a pensare allo stesso modo di sempre e a fare le stesse cose di sempre. Lโintelligenza analizza le situazioni e osa immaginare soluzioni inedite, gettando fasci di luce in zone dโombra in cui si avanza a tentoni. Lโintelligenza osa creativamente dare forma concreta a modalitร di presenza, a linguaggi, a contenuti che traducano lโevangelo eterno nellโoggi storico. Forse cosรฌ possiamo riscoprire cosa significhino quelle parole: โVoi siete il sale della terra e la luce del mondoโ.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose