Amore in eccesso
โ๏ธ Commento al brano del Vangelo di: โ Gv 3,16-18 โ Santissima Trinitร
Le letture della domenica dopo la Pentecoste offrono alla contemplazione del credente la dimensione trinitaria del Dio di Gesรน. Il Dio che รจ relazione e comunione in se stesso, crea comunione tra i credenti mostrandosi compassionevole, benedicendo, donando. Nella prima lettura (Es 34,4b-6.8-9), dopo il peccato del vitello dโoro, Dio si manifesta una seconda volta ai figli dโIsraele scendendo sul Sinai per comunicare loro il suo Nome che lo rivela quale compassionevole e misericordioso, capace di grazia e di perdono. ร il Dio che ama, il Dio paziente, il Dio condiscendente, che scende per raggiungere lโuomo nel suo peccato. Il vangelo (Gv 3,16-18) presenta il Dio che ama a tal punto lโumanitร da donare il suo Figlio per la salvezza del mondo. Il figlio unico รจ tutta la vita di un padre, รจ ciรฒ che egli piรน ama di tutto ciรฒ che ama: il Dio che dona il Figlio รจ il Dio mosso da amore folle, il maniakรฒs รฉros di cui parlavano i padri greci. Vi รจ un eccesso nellโamare di Dio e questo eccesso รจ il Figlio Gesรน Cristo. La benedizione presente nella seconda lettura (2Cor 13,11-13) vuole stabilire la presenza amorosa di Dio nella comunitร dei cristiani di Corinto. Questi sono pertanto esortati ad accogliere e a lasciar operare tra di loro la grazia del Signore Gesรน Cristo, lโamore di Dio e la comunione dello Spirito santo.
Il brano di Esodo 34 ci parla di un momento di grave crisi tra Mosรจ e il popolo. Mentre Mosรจ era sul monte, obbedendo ai lunghi e non preventivabili tempi del discernimento, il popolo si lascia prendere dallโimpazienza: โIl popolo vedendo che Mosรจ tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno a Aronne e gli disse: Faโ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perchรฉ a Mosรจ, quellโuomo che ci ha fatto uscire dallโEgitto, non sappiamo che cosa sia accadutoโ (Es 32,1). Lโimpazienza, lโincapacitร di attesa appare qui alle radici dellโidolatria. Incapaci di aspettare, i figli dโIsraele si rivolgono ad Aronne quasi eleggendolo capo al posto di Mosรจ. Aronne, gratificato dal rivolgersi del popolo a lui, non solo non scoraggia, ma anzi, accondiscende. E Mosรจ una volta sceso dal monte e avendo constatato che le parole scritte sulle tavole della Legge erano giร state infrante dal popolo, spezza le tavole. Cosรฌ Mosรจ deve ripetere ciรฒ che giร aveva fatto. Lโarte di governare il popolo รจ per Mosรจ esercizio di pazienza. Dove pazienza significa sobbarcarsi il peso delle colpe di altri e ripetere non solo ciรฒ che giร aveva piรน volte detto, ma anche rifare ciรฒ che giร aveva fatto. โMosรจ tagliรฒ due tavole di pietra come le prime โฆโ (v. 4). Ma ciรฒ che colpisce positivamente di Mosรจ in questo episodio รจ che pur avendo molti motivi per lamentarsi del popolo, egli non si de-solidarizza ma anzi si coinvolge con il popolo e parla al noi. Riconosce realisticamente la qualitร della sua comunitร , comunitร dal cuore duro, comunitร che non obbedisce, che non comprende, ma non ne prende le distanze, bensรฌ fa corpo con essa: โFaโ di noi la tua ereditร โ. Il suo parlare davanti a Dio non รจ โio contro loroโ, ma โio e loroโ, โio con loroโ, โio che non sono meglio di loroโ. Cosรฌ, il popolo peccatore rivela qualcosa di cui Mosรจ stesso ha bisogno: sapersi anche lui peccatore. Ma soprattutto egli, come guida del popolo crede: ha piena fiducia che il Signore possa rendere sua ereditร , comunitร sacramento della sua presenza nel mondo, quella gente riottosa allโascolto e restia a far fiducia. โFaโ di noi la tua ereditร โ: Ecco la grandezza di Mosรจ, vedere i limiti del popolo, ma vivere la piena solidarietร con il popolo stesso, e credere che proprio quelle persone possono essere il popolo di Dio, il suo possesso prezioso tra le genti. Se a Mosรจ fosse mancata questa fiducia, che ne sarebbe stato dei figli dโIsraele? ร essenziale che la guida del popolo creda in Dio, ma anche che creda che quella gente puรฒ divenire il popolo di Dio. Credere, in sostanza, contro ogni evidenza.
Il passo finale della seconda lettera ai cristiani di Corinto รจ una benedizione. Il v. 13 รจ una formula liturgica di benedizione, formula trinitaria che fa seguito alle esortazioni e ammonizioni presenti nel v. 11 e ai saluti nel v. 12. Il Dio trinitario manifesta, attraverso la benedizione, la sua volontร di abitare nellโassemblea dei credenti. E la presenza di Dio si realizza nella comunitร cristiana grazie allโattuazione di questi comandi. Anzitutto, โsiate nella gioiaโ. Essere nella gioia significa abitare sotto le energie dello Spirito che consentono di guardare oltre le apparenze e il momentaneo e di vivere dellโessenziale, non del contingente. Consentono di leggere le situazioni e le persone in profonditร e veritร , non sullโonda dellโemozione. La gioia profonda รจ gioia anche nelle tribolazioni ed รจ il contrassegno della libertร del cristiano, che non si lascia intristire da ciรฒ che รจ passeggero, ma tende alla stabilitร del cuore. Poi abbiamo: โlavorate al vostro ristabilimentoโ, ovvero, operate per essere restituiti alla veritร della vostra vocazione. La traduzione tendete alla perfezione sottolinea la dimensione dinamica di maturazione e di crescita a cui ogni cristiano รจ chiamato. Poi il testo dice: โfatevi coraggio a vicendaโ, o consolatevi, o esortatevi. Nella comunitร cristiana abbiamo bisogno del sostegno gli uni degli altri. Siamo chiamati a dare sostegno, ma anche a saperlo ricevere ed eventualmente a domandarlo nei momenti di bisogno e di difficoltร . Ma ciรฒ che piรน sostiene, consola e incoraggia nella vita fraterna รจ la vicinanza, la prossimitร , il farsi presenti agli altri e rimanere accanto a loro. Quindi lโautore chiede di dar prova di unanimitร , di avere lo stesso sentire (โabbiate gli stessi sentimentiโ), di far proprio il sentire di Cristo che si abbassรฒ, si umiliรฒ. Ovvero, fece il contrario di ciรฒ a cui normalmente tende il nostro agire: innalzarci, inorgoglirci, farci grandi. Lโesempio di Cristo che umiliรฒ se stesso fino alla morte di croce รจ ciรฒ che va assunto nella gioia e nella libertร per creare le condizioni di vivibilitร evangelica e umana. Infine, Paolo esorta: โvivete in paceโ. Cercate la pace, ciรฒ che unisce e non ciรฒ che divide, per poter narrare lโamore trinitario con la vostra unitร e comunione.
Il vangelo afferma che โcosรฌ Dio amรฒ il mondo, che diede il suo unigenito Figlioโ (Gv 3,16). Letteralmente, questo รจ lโinizio del nostro testo evangelico. Che sottolinea la modalitร dellโamore di Dio. Come dunque Dio amรฒ? Amรฒ donando. Non prendendo per sรฉ, non facendo suo, non impossessandosi, ma donando. Il verbo amare รจ spesso usato da noi nel senso di ambire a possedere, voler fare nostro. Dio ama donando. E cosa diede Dio? Non un oggetto, ma il Figlio. Donando il figlio, il padre mette a rischio il proprio essere padre. Il dono vero รจ rischio di sรฉ. ร rischio mortale che arriva a dare vita ad altri. Il vero dono รจ il donatore stesso. Ogni altro dono che sia meno di questo รจ un dono inadeguato. Dunque, Dio ama donando se stesso. Ancora: come Dio amรฒ? Quel โCosรฌโ sottolinea la continuitร del dono di Dio con il gesto che fece Mosรจ nel deserto innalzando il serpente nel deserto. Siamo rinviati ai versetti che precedono immediatamente il nostro testo: โCome Mosรจ innalzรฒ il serpente nel deserto, cosรฌ bisogna che sia innalzato il Figlio dellโuomo, perchรฉ chiunque crede in lui abbia la vita eternaโ (Gv 3,14-15). Cโรจ una modalitร dellโamore di Dio che si declina come fedeltร : fedeltร di Dio al popolo con cui si รจ legato in alleanza, fedeltร alla storia condotta con il popolo, fedeltร al suo Nome in cui la misura della misericordia sovrasta di gran lunga la misura del giudizio (cf. Es 34,7). Si tratta di fedeltร al popolo infedele e di amore per il popolo che non vi corrisponde: la fedeltร e lโamore di Dio diventano il suo impegno, la sua responsabilitร nei confronti degli uomini peccatori. Solo cosรฌ lโamore di Dio รจ davvero per il mondo, per lโumanitร tutta, per ogni uomo. E solo cosรฌ il suo amore, unilaterale e incondizionato, non condanna, ma salva. Dunque lโamore con cui Dio amรฒ รจ fatto di fedeltร e di responsabilitร . E sottolineo la forma verbale: amรฒ. Si tratta di unโazione puntuale svoltasi storicamente in un preciso momento storico. Lโamore ha forma storica, concreta.
Il dono poi, cioรจ il Figlio Gesรน Cristo, colui che รจ stato donato, รจ colui che a sua volta si dona, si consegna; รจ colui che ama in modo concreto i suoi e li ama fino alla fine. Il Dio che ama donando รจ narrato dal Figlio che a sua volta ama donandosi, e donandosi con fedeltร ai suoi che egli ama facendo dellโamore il suo impegno, la sua volontร , la sua responsabilitร nei loro confronti. E il Figlio รจ anche colui che dona lo Spirito, che consegna lo Spirito (โChinato il capo, consegnรฒ lo Spiritoโ: Gv 19,30) e a sua volta lo Spirito, dono del Dio altissimo, diventa il dator munerum, il โdatore di doniโ. Lo Spirito elargisce doni e ispira e suscita lโatto stesso di donare nei credenti e nella comunitร cristiana. Egli รจ il dono per eccellenza promesso alla preghiera dei credenti (Lc 11,13). Il modo di vita trinitario รจ quello del donarsi. E questo รจ anche il vertice dellโamore dei credenti: โNon cโรจ amore piรน grande di questo: dare la propria vita per gli amiciโ (Gv 15,13).
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose