Dare un corpo a Dio
La seconda domenica del tempo di Natale, proponendo come testo evangelico il prologo del IV vangelo, consente di approfondire la contemplazione del mistero dellโincarnazione. โIl Verbo si รจ fatto carneโ (Gv 1,14) รจ la rivelazione centrale della pagina iniziale del IV vangelo. Nellโincarnazione noi contempliamo il Dio che incontra lโuomo facendo avvenire in sรฉ lโalteritร dellโuomo stesso. Dio diviene uomo come noi, โuno della nostra stessa pastaโ (Ippolito di Roma). Lโincarnazione รจ il culmine della storia di salvezza, dellโagire di Dio che fin dalla creazione tende alla corporeitร . Purtroppo siamo talmente abituati a questa parola โincarnazioneโ, che non ci rendiamo conto dello scandalo che essa porta in sรฉ. Un antico scritto della tradizione neoplatonica afferma che โDio non puรฒ essere visto attraverso un corpoโ. Dare un corpo a Dio, come fa il cristianesimo, significa renderlo accessibile ai sensi umani: noi, la Parola della vita lโabbiamo vista, ascoltata e toccata, dirร la prima lettera di Giovanni (1Gv 1,1-4). Gesรน รจ colui che nella sua umanitร realizza la piena unitร di Parola e di carne. Egli ci mostra che la veritร , nel cristianesimo, non รจ dellโordine del pensiero, ma la si coglie in un corpo e in una carne. Nellโincarnazione Dio esperisce la condizione umana dal di dentro. Dio fa abitare la propria divinitร nella carne umana, lโuomo dona a Dio la propria umanitร ; Dio si fa uomo perchรฉ lโuomo, seguendo le tracce del Figlio Gesรน Cristo, incontri Dio in pienezza: ecco il mirabile scambio celebrato nel Natale. Lโincarnazione narra che tutto ciรฒ che รจ umano, dal concepimento fino alla morte di una persona, รจ oggetto della sollecitudine e dellโinteresse di Dio, รจ avvolto dallโamore di Dio. La carne umana รจ la dimora di Dio; lโumanitร di Gesรน Cristo รจ il luogo di Dio. Lโincarnazione ci spinge a confessare che Gesรน di Nazaret รจ lโumanitร di Dio: divenire umani a immagine dellโuomo Gesรน di Nazaret รจ il compito del credente. Lโincarnazione ci dice che la vita di Gesรน, nel suo quotidiano dipanarsi fatto di incontri e di amicizie, di servizio e di amore, di dedizione radicale agli altri e di obbedienza al Padre, ci insegna a vivere secondo Dio.
Noi associamo sempre lโincarnazione alla parola mistero. Si dร mistero quando una persona o un essere si svela a noi a partire dal suo intimo, dal suo profondo, dalla sua interioritร impenetrabile. Le porte del mistero si aprono solo dallโinterno. Lโincarnazione รจ mistero perchรฉ, per quanto la si comprenda, non per questo cessa di essere mistero: nel mistero si entra, ma non lo si esaurisce; piรน lo si comprende piรน diviene coinvolgente e affascinante. Lโincarnazione trova perciรฒ la sua analogia piรน eloquente nellโamore (nel mistero dellโamore). Anche nellโamore lโaccresciuta conoscenza dellโaltro non significa la perdita o la fine dellโinteresse per lโaltro, ma il suo approfondimento. Lโincarnazione ci parla della storia dโamore di Dio con lโumanitร .
Lโincarnazione dice che Gesรน รจ la narrazione di Dio. Il Dio che nessuno ha mai visto รจ stato narrato, con lโincarnazione, dal Figlio unigenito (cf. Gv 1,18). I cristiani conoscono Dio solo tramite Gesรน Cristo: โNessuno viene al Padre se non per mezzo di meโ (Gv 14,6), โChi ha visto me, ha visto il Padreโ (Gv 14,9). E possono dire di Dio solo ciรฒ che Gesรน ha narrato di lui. E il volto di Dio che Gesรน ha narrato si puรฒ sintetizzare con le parole: โDio รจ amoreโ (1Gv 4,8.16).
Lโevento dellโincarnazione diviene anche possibilitร di rinascita e rigenerazione per il credente: accogliere il Verbo, ovvero accedere alla fede nel Nome del Signore, significa entrare nella vita da figli di Dio. โA quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli
che credono nel suo nome, i quali non da sangue nรฉ da volere di carne nรฉ da volere di uomo, ma da Dio sono stati generatiโ (Gc 1,12-13). Nel Figlio Gesรน Cristo siamo resi figli di Dio. Il cristiano, dice Giovanni, nella sua prima lettera, โรจ nato da Dioโ, โรจ generato da luiโ (1Gv 3,9; 4,7; 5,1.4.18). Dice la prima lettera di Pietro: โVoi siete rigenerati โฆ per mezzo della Parola di Dio viva ed eternaโ (1Pt 1,23). Una nascita che avviene nella fede, grazie alla potenza dello Spirito e che plasma lโumanitร di una persona rendendola simile allโumanitร di Cristo: dalla fede nellโincarnazione nasce la santitร . Se ogni essere umano รจ chiamato a completare la propria nascita nascendo a se stesso nelle varie fasi della propria vita, il credente รจ chiamato anche a una rinascita da Dio, che avviene non per procreazione carnale, non per angoscia di superamento della propria finitezza mediante una discendenza, non per volontarismo prometeico, ma per accoglienza di un dono che diviene intimo principio di rigenerazione. Il dono di Dio e lโaccoglienza dellโuomo costituiscono la sinergia grazie a cui lโuomo accetta di nascere alla propria identitร di figlio di Dio, di somigliantissimo al Cristo.
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Lโincarnazione costituisce il vertice della volontร di amore e di incontro con lโuomo da parte di Dio. Essa รจ la comunicazione della vita di Dio allโuomo in Cristo e questa comunicazione รจ un atto di amore. Il prologo di Giovanni, narrando la comunicazione della rivelazione di Dio allโumanitร , non esprime un astratto concetto teologico, ma un evento vitale nellโordine dellโamore. La rivelazione รจ comunicata con un atto di amore e come un atto di amore. In effetti, il Lรณgos, il Verbo che era โrivolto verso Dioโ (prรฒs tรฒn theรณn: Gv 1,1), in posizione di ascolto e di colloquio intimo con il Padre, fatto uomo nel Figlio Gesรน Cristo, ha narrato Dio agli uomini grazie al suo essere โrivolto verso il seno del Padreโ (eis tรฒn kรณlpon toรป patrรฒs: Gv 1,18), cioรจ grazie alla sua obbedienza amorosa alla volontร del Padre. E questo ha consentito ai credenti di indirizzare la propria vita verso la comunione con il Padre: un senso possibile della forma verbale greca exeghรฉsato (Gv 1,18: โha narratoโ, โha fatto lโesegesiโ), รจ โha aperto la viaโ. Il credente che entra nel movimento di ascolto e obbedienza amorosa del Figlio, si immette nella via della comunione con il Padre. ร cosรฌ per il discepolo amato che durante lโultima cena pone il capo sul seno di Gesรน (en tรด kรณlpo toรป Iesoรป: Gv 13,23) e riceve la rivelazione sul senso di ciรฒ che sta avvenendo. Il vangelo che egli scrive รจ dunque frutto di questa comunicazione dโamore e permette al credente che si china su di esso di entrare nel mistero dellโamore di Dio. Commenta Goffredo di Admont, un monaco del XII secolo: โIl seno di Gesรน รจ la Scrittura. Coloro che amano Dio si sforzano di conoscere la Scrittura al solo fine di pervenire a maggiore conoscenza di Dio, a scoprire in essa il cuore di Dio, il sentire di Dio. Quel sentire che fu in Cristo Gesรน e che fonda anche la vita comune e la comunione fraternaโ. Lโintimitร con la Scrittura conduce il credente a conoscere il cuore di Dio nella Parola di Dio e a ricevere la rivelazione della sua gloria.
Gesรน, poi, in quanto narratore di Dio, ci raggiunge attraverso le narrazioni che parlano di lui. Il narratore Gesรน รจ il narratore narrato. E il narratore, narrato, รจ divenuto narrazione. Narrazione evangelica. Nasce qui lโinscindibile rapporto tra Gesรน e i vangeli, tra Gesรน che ha narrato Dio nella sua vita, ma che solo grazie al fatto di essere stato narrato per iscritto da altri nelle narrazioni evangeliche ci raggiunge e comunica la sua spiegazione di Dio. Senza i vangeli Gesรน perde la sua efficacia di narratore di Dio.
Pertanto, il Verbo che si รจ fatto carne si รจ anche fatto libro, vangelo scritto, e come la fede รจ chiamata a riconoscere il Figlio di Dio nellโuomo Gesรน di Nazaret, cosรฌ essa รจ chiamata a riconoscere la Parola di Dio nelle parole umane della Scrittura. Come i vangeli sono la narrazione scritta della gloria di Dio, la vita di Gesรน ne รจ la narrazione vivente. Con lโincarnazione la Parola si รจ fatta racconto, narrazione esistenziale.
Lโincarnazione esprime lโevento per cui colui che era Dio (cf. Gv 1,1), รจ divenuto carne (cf. Gv 1,14): il verbo al passato si riferisce a unโazione puntuale, a un fatto storico, a un accadimento nello spazio e nel tempo. Il Dio invisibile ha reso visibile la sua gloria nella carne di Gesรน Cristo. La carne, che indica la debolezza e la limitatezza, la fragilitร e la mortalitร dellโuomo, non รจ elemento che va negato o superato per incontrare la gloria divina, anzi, รจ il luogo della gloria di Dio.
Giovanni esprime questo applicando a Gesรน, nel corso del vangelo, le affermazioni riferite al Verbo eterno nel prologo. Se il Verbo รจ โcolui senza il quale nulla fuโ (Gv 1,3), Gesรน รจ colui senza il quale i discepoli non possono fare nulla (cf. Gv 15,5); se nel Verbo eterno โera la vita e la vita era la luce degli uominiโ (Gv 1,4), Gesรน dice di sรฉ: โio sono la vitaโ (Gv 11,25; 14,3), e: โio sono la luce del mondoโ (Gv 8,12). La carne glorificata di Gesรน รจ la via che guida il credente alla comunione con il Padre. E solo lโaccoglienza nella fede della propria carne (ovvero, della propria condizione umana limitata, contingente, caduca) come illuminata dalla luce della gloria di Dio e vivificata dalla resurrezione di Cristo, consente al credente di costruire rapporti di fraternitร e comunione che narrino la luce e la vita di Dio agli uomini. Infatti, lโesperienza della gloria di Dio chiede di essere comunicata e la narrazione del Dio invisibile attuata dal Verbo fatto carne deve essere proseguita da parte dei figli di Dio.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose