Cultura della memoria e amore dellโimmigrato
La prima lettura (Es 22,20-26) presenta alcune leggi tratte dal piรน antico corpus legislativo della Torah (il codice dellโalleanza); nel vangelo (Mt 22,34-40) Gesรน, interrogato su quale sia il piรน grande comando presente nella Torah, risponde citando il comando di amare Dio con la totalitร del proprio essere (cf. Dt 6,5; Mt 22,37-38) e accostandovi, come secondo e simile, il comando di amare il prossimo come se stessi (cf. Lv 19,18; Mt 22,39). La Torah, in bocca a Gesรน e vissuta da Gesรน, รจ Vangelo.
Le leggi presenti nellโAT, spesso ignorate o conosciute male dai cristiani, sono testi di ricchezza perenne (come โperenneโ รจ il valore dellโAT per i cristiani: Dei verbum 14) e contengono spesso un importante insegnamento che tende allโumanizzazione dellโuomo. La legge che prescrive al creditore di restituire al povero โal tramonto del soleโ il mantello preso in pegno รจ motivata con unโaffermazione che esprime la compassione per il sofferente e con una domanda che vuole svegliare lโumanitร del creditore nei confronti del misero, che รจ un essere umano ben prima e ben piรน di un debitore: โSe prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perchรฉ รจ la sua sola coperta, รจ il mantello per la sua pelle, come potrebbe coprirsi dormendo?โ (Es 22,25-26). Qui la legge afferma che la vita di un uomo pone dei limiti a ciรฒ che si รจ in diritto di pretendere da lui.
La legge che proibisce di opprimere e sfruttare lโimmigrato (gher, in ebraico) รจ motivata coinvolgendo il destinatario della legge: โperchรฉ voi siete stati immigrati nel paese di Egittoโ (Es 22,20). Questa legge chiede un lavoro interiore, chiede diย fare memoria delle sofferenze subiteย dai padri dei destinatari della legge, quando quelli si sono trovati a vivere e a lavorare da stranieri nel paese dโEgitto. La memoria divenuta legge puรฒ ispirare un rapporto umano con chi ora รจ immigrato nel proprio paese. Alla base di questa legislazione cโรจ laย memoria dellโesperienza egiziana, che arriva a determinare come โnormanteโ lโatteggiamento di protezione e di accoglienza verso lโimmigrato. Coloro a cui sono rivolte queste leggi sono infatti i lontanissimi discendenti di coloro che avevano vissuto in prima persona lโesperienza dellโoppressione in Egitto. In questo modo la memoria dellโevento storico diventa legge e la legge sociale si configura come il memoriale della storia passata: al cuore di questo circolo ermeneutico cโรจ la figura delย gher, lโimmigrato. Figura che rimanda tanto al non israelita quanto al figlio dโIsraele.
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Queste leggi nascono dunque da unaย cultura della memoria: ieri come oggi la memoria storica sta alla base di una cultura dellโospitalitร e dellโaccoglienza. Il testo di Es 22,20 (ma anche Es 23,9: โNon opprimere lโimmigrato: voi infatti conoscete il respiro dellโimmigrato, perchรฉ siete stati anche voi immigrati in terra dโEgittoโ, dove il โrespiroโ indica il fiatone dovuto al fatto che agli immigrati erano riservati i lavori piรน pesanti) sgorga dalla coscienza che la memoria, particolarmenteย la memoria della sofferenza, puรฒ liberare dalla โcoazione a ripetereโ, dalla tentazione di ripercuotere su altri la violenza una volta subita. Da parte dellโospitante occorrerebbe poi la coscienza che colui che arriva proviene da una storia di dolore e porta con sรฉ il pesante fardello di una lacerante sofferenza. Egli sta fuggendo da condizioni di vita inumana: povertร e miseria, fame e condizioni sociali insostenibili, guerra e persecuzione, pulizie etniche e lotte tribali, violenze e discriminazioni di ogni tipo.
La memoria della sofferenza potrebbe agire come โterzoโ fra lโospitante e lo straniero per liberare il loro rapporto dal rischio della violenza e aprirlo allโempatia. Sul piano della comune esperienza della sofferenza si puรฒ arrivare ad avere una percezione dellโaltro non come nemico, non come minaccia, non come colui che prende per sรฉ ciรฒ che spetta a โnoiโ, che ci sottrae il lavoro e minaccia le โnostreโ donne (quasi che, in una visione decisamente maschilista, solo perchรฉ italiane, le donne fossero di diritto โnostreโ, cioรจ destinate a maschi italiani), ma come vittima, come bisognoso, come indigente. Occorrerebbe dare spazio a una โcultura della memoriaโ. E sarebbe non solo possibile, ma anche eticamente doveroso in un paese come il nostro, in cui molti hanno vissuto lโemigrazione, sia interna che verso lโestero, e conosciuto i disagi e le discriminazioni di chi vive da immigrato in paese straniero, in paesi ospitanti, ma non sempre ospitali. La storia dellโemigrazione italiana allโestero รจ piena di vicende dolorose e tragiche che annoverano violenze e linciaggi, accuse e disprezzo, emarginazione e discriminazione.
Luoghi comuni (e per questo pericolosissimi) che permangono nel tempo e di cui tutti possono essere di volta in volta oggetto e soggetto. Purtroppo oggi siamo immersi in una cultura dellโamnesia, della dimenticanza, e questo rende fragili le nostre identitร e ingigantisce le nostre paure: invece, il ricordo e soprattutto la memoria del male conosciuto da noi e dagli altri, potrebbe consentirci di elaborare il male subito e di produrre una cultura di accoglienza e di solidarietร , di ospitalitร e di condivisione. Non ricordare significa fuggire la storia, rifiutarsi allโumiltร e alla compassione, aprire la strada alla volgaritร e alla barbarie, allโarroganza e allโintolleranza. Forse, lโinsegnamento che spinge a ricordare รจ lโereditร piรน preziosa che ci lascia la testimonianza biblica: infatti, โla Bibbia insiste sul dovere del ricordo piuttosto che sul rispetto di principi. Il ricordo ferisce lโinterioritร umana e la vota a servire la debolezza dello straniero senza cercare di approfittarne, di dominarla o semplicemente di passare oltre il suo appello volgendo lo sguardo altroveโ (Catherine Chalier).ย Dimenticare lo straniero equivale a dimenticare la propria umanitร .
E, di conseguenza, significa astenersi daiย gesti umani, umanissimi, dellโaccoglienza. Per esempio, non dovremmo, noi italiani, ricordare che agli inizi del ventesimo secolo in quel tratto di mare – il canale di Sicilia – dove oggi muoiono (e purtroppo non solo lรฌ) centinaia di persone provenienti dalla sponda meridionale del Mediterraneo, sono stati degli italiani a trovare la morte? Italiani che erano andati soprattutto in Tunisia, quando era protettorato francese e che erano stati rimpatriati, cosรฌ come negli anni sessanta sono stati i magrebini a venire verso lโItalia.
Tornando al nostro testo biblico, lโimmigrato, accostato alla vedova, allโorfano e al povero (Es 22,21.24), rientra fra quelleย personaemiseraeย che vivono in condizioni di povertร e dipendenza, esposti ad angherie, soprusi e sopraffazioni perchรฉ socialmente deboli e indifesi. In piรน, lโimmigrato, essendo straniero, appartenente a un altro popolo e ad unโaltra religione, senza legami parentali con la popolazione locale, รจ facilmente equiparabile a un nemico: se viene oppresso o anche ucciso, non cโรจ da temere la vendetta di nessuno. Uno puรฒ farlo impunemente. Per questo il Signore stesso interviene in sua difesa: โSe egli grida verso di me, io ascolterรฒ il suo gridoโ (Es 22,22).
La condizione di marginalitร , di assenza di protezione e di diritti, pone lโimmigrato sotto la diretta tutela del Signore. Dunque: il divieto di opprimere una minoranza etnica presente allโinterno dei propri confini, รจ motivata dal rimando alla situazione vissuta da Israele stesso quando era minoranza senza diritti in Egitto. Questo rimando ha una precisa portata teologica: il Signore, il Dio dโIsraele, รจ il Dio degli emigranti in terra straniera, dei marginali, dei senza diritti. Egli si รจ rivelato tale a Israele quando questi era lui uno straniero in Egitto. Proteggere lo straniero residente allโinterno dei propri confini significa allora per Israeleย confessare la fede in Adonaj, il liberatore, il goโel. Al contrario, sfruttare gli immigrati, per Israele significherebbe adorare un altro dio, significherebbe cadere nellโidolatria.
La lunga digressione sul testo veterotestamentario, testo che presenta una drammatica attualitร , ci fornisce anche un esempio di quellโamore che la pagina evangelica chiede al credente. Se il cuore della Torah รจ amare Dio con tutto se stesso e il prossimo come se stesso, anche lโimmigrato รจ prossimo da amare. Il comando presente nelle leggi veterotestamentarie โamerai lโimmigrato come te stessoโ (Lv 19,34; cf. Dt 10,19), non sostanzia forse il comando โamerai il prossimo tuo come te stessoโ (Lv 19,18) che Gesรน pone al centro della Torah (Mt 22,39)? Certo, si tratta di un amore effettivo piรน che affettivo, di un amore certamente fatto di caritร e di calore umano, ma soprattutto di concreti provvedimenti legislativi e interventi sociali, di giustizia e di diritti, nella coscienza che noi umani siamo dei simili ancora piรน e prima che degli altri. Se la chiesa, โospedale da campoโ, non puรฒ che riconoscere nellโimmigrato un fratello, una sorella, la societร civile รจ chiamata a mostrare il grado della propria civiltร nel prodigare ogni sforzo di intelligenza e di umanitร in quellโopera di accoglienza e ospitalitร che, per quanto problematico e faticoso, puรฒ porre le basi per un futuro di convivenza pacifica. Si tratta della traduzione in termini politici e sociali della parola amore.
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Per gentile concessione del Monastero di Bose