Il criterio dellโagape
Il testo evangelico odierno รจ costituito da un brano di Marco molto frammentato e questo intralcia una comprensione piena del testo che costituisce unโunitร letteraria dal v. 1 fino al v. 23 e che puรฒ essere posta sotto il titolo di โDiscussione circa il puro e lโimpuroโ. Il brano, infatti, รจ racchiuso in unโinclusione fra il sostantivo โimpuroโ (Mc 7,2: koinรฒs) e il verbo โrendere impuroโ (Mc 7,23: koinรณo). Ora, se giustamente il criterio del Lezionario liturgico รจ quello del taglio, tuttavia i tagli espongono inevitabilmente il testo a comprensioni parziali, certamente impoverite. Per esempio, nel nostro caso, il taglio liturgico esclude il forte ammonimento con cui Gesรน rimprovera i farisei di โannullare la parola di Dioโ (Mc 7,13) con la tradizione da loro tramandata. Ammonimento che, ovviamente, non si limita ai farisei ma si applica a situazioni vissute dai cristiani e dalle chiese. ร dunque consigliabile che il credente legga personalmente per intero il testo di Mc 7,1-23, per una comprensione piรน adeguata del messaggio evangelico.
Una seconda avvertenza preliminare รจ opportuna prima di leggere il nostro testo. Mc 7,1-13 presenta una discussione di Gesรน con i farisei e gli scribi, dunque con rappresentanti religiosi del giudaismo dellโepoca. La specificazione che gli scribi erano โvenuti da Gerusalemmeโ (Mc 7,1; cf. Mc 3,22), sottolinea il carattere ufficiale e autorevole di una delegazione inviata dal Sinedrio. Il testo presenta una discussione in cui Gesรน entra in aperto conflitto con scribi e farisei arrivando anche ad apostrofarli come โipocritiโ (Mc 7,6).
Di fronte a tutto questo, รจ importante non fare di questo brano evangelico lโoccasione di predicazioni oannotazioni antigiudaiche o anche solo di commenti caricaturali che presentino un giudaismo legalista, esteriore e formale, a differenza di un cristianesimo spirituale e interiore. Giร il testo di Marco si esprime con una certa approssimazione (si pensi alla generalizzazione โtutti i giudeiโ del v. 3: in realtร la prassi di lavarsi le mani prima di mangiare, allโepoca di Gesรน, era solo di una parte e probabilmente minoritaria di gruppi farisaici che estendevano al quotidiano le norme di purificazione sacerdotale), e comunque, da un lato, la tradizione cristiana ha conosciuto essa stessa fenomeni analoghi a quelli qui denunciati e, dallโaltro, importante รจ cogliere queste parole come rivolte a noi oggi e trovarne unโermeneutica adeguata. Non ci si dimentichi mai che Gesรน รจ ebreo e lo รจ per sempre.
Lโapertura del nostro brano vede il riunirsi di farisei e scribi intorno a Gesรน (Mc 7,1). Il lettore โsenteโ un clima teso e minaccioso. Del resto i farisei erano giร comparsi in Mc 3,6 quando con gli erodiani โtennero consiglio contro Gesรน per farlo morireโ e una delegazione gerosolimitana di scribi si era giร presentata a Gesรน in Mc 3,22 accusandolo di essere indemoniato e di scacciare i demoni per mezzo del capo dei demoni. In ogni caso, la presenza di farisei dice che si avrร a che fare con questioni pratiche, problemi di condotta, di halakah, e quella degli scribi che ci saranno questioni di tipo teologico. In effetti, alla questione del prender cibo con mani non lavate (Mc 7,1-5) si accompagna il ricorso alla Scrittura e il problema della sua ermeneutica (Mc 7,8-13). La domanda rivolta a Gesรน riguarda in realtร non tanto lui, quanto il comportamento di โalcuni suoi discepoliโ (Mc 7,2): โPerchรฉ i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?โ (Mc 7,5).
Il lettore di Marco ricorda lโanaloga domanda posta a Gesรน nel capitolo secondo: โPerchรฉ i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?โ (Mc 2,18). Sono domande pratiche riguardanti il digiunare e il mangiare. Gesรน viene ancora interpellato dai farisei sul comportamento dei suoi discepoli che fanno ciรฒ che non รจ lecito in giorno di sabato strappando delle spighe (Mc 2,23-24). Il movimento dei seguaci di Gesรน รจ caratterizzato da una certa disinvoltura nei confronti di pratiche e osservanze tradizionali, da una libertร che Gesรน motiva come obbedienza allโintenzione profonda del comando di Dio e come rispetto radicale dellโessere umano che del Dio creatore รจ immagine e somiglianza (โIl sabato รจ stato fatto per lโuomo e non lโuomo per il sabatoโ: Mc 2,27). Inoltre tale libertร si fonda sulla novitร che Gesรน stesso rappresenta ed รจ venuto a portare con la sua stessa persona (โFinchรฉ hanno lo sposo con loro non possono digiunareโ: Mc 2,19). La novitร di Gesรน diventa nei suoi discepoli coscienza di percorrere una strada nuova e dunque di potersi muovere con margini di libertร nei confronti di determinate pratiche e osservanze tradizionali. Osservanze giudaiche che Marco, che scrive per destinatari ignari di simili usanze (la comunitร cristiana di Roma), deve spiegare anche a costo di qualche banalizzazione (il sistema rituale ebraico di puro e impuro – che ha connotati anche etici ed รจ connesso allโalleanza con Dio – ridotto al lavarsi o meno le mani: Mc 7,2).
Ma lโesempio serve per introdurre il problema di fondo, che sottostร anche ad atteggiamenti ben piรน gravi e rilevanti sul piano etico, come quello riportato in versetti omessi dalla pericope liturgica circa il korbร n, cioรจ lโofferta a Dio (Mc 7,9-13), e per fondare le dure parole di Gesรน in pieno stile profetico e che a un profeta โ Isaia โ si richiamano. Parole che denunciano lโipocrisia di chi separa โlabbraโ e โcuoreโ (Mc 7,6), di chi vive una fede parolaia senza adesione profonda, di chi compie gesti cultuali imparati a memoria ma non vissuti nel profondo (Mc 7,8). Rischio dellโazione liturgica รจ di ridursi a spettacolo, a teatralitร , a prestazione, a recitazione, ad azione meccanica che va da sรฉ, a esterioritร . E Gesรน sottolinea che fonte di impuritร non sono i cibi che entrano nellโuomo (โCosรฌ rendeva puri tutti gli alimentiโ: Mc 7,19), ma i pensieri e le azioni che sgorgano dal cuore dellโuomo e di cui viene dato un lungo elenco (Mc 7,21-23). Tuttavia il discorso di Gesรน non si limita a condannare una esterioritร scissa da una interioritร . Noi siamo sia esterioritร che interioritร . Compito spirituale รจ quello di non separare ciรฒ che Dio ha unito, ma di conservarlo unito: possiamo intendere interioritร ed esterioritร (anima e corpo, interioritร e sensibilitร , spirito e materia, ascolto e visione) come dimensioni non opposte, ma interagenti in uno scambio in cui lโuna dimensione prega lโaltra di donarle ciรฒ che non รจ capace di darsi da sรฉ.
Tentando unโermeneutica del nostro testo possiamo affermare che il suo messaggio centrale consiste nel chiedere discernimento tra lโessenziale e il periferico, tra il prioritario e il secondario. E i due cardini su cui si fonda il discernimento di Gesรน sono il comandamento di Dio (cf. Mc 7,8) e il cuore dellโuomo (cf. Mc 7,6.21). Ovvero, la parola di Dio e lโumanitร dellโuomo, โil vangelo eternoโ (Ap 14,6) e il volto dellโuomo. La parola di Dio ha come mรจta il cuore umano e tende a suscitare una risposta che sia di tutto lโessere, senza divisione tra lingua e cuore, tra dire e fare, tra esistenza e culto. Lโaffermazione di Gesรน circa lโorigine interiore, nel cuore, di ciรฒ che rende impuro lโuomo, รจ importante perchรฉ lega lโimpuritร al peccato, che รจ allontanamento dalla parola di Dio e fallimento umano. Soprattutto invita il credente a ricercare in sรฉ lโorigine del male che compie e a non rifugiarsi in sistemi di autogiustificazione in base a cui si accusano gli altri per discolpare se stessi.
Le parole evangeliche riguardano usanze giudaiche, ma il meccanismo denunciato da Gesรน รจ attivo in ogni sistema religioso e facilmente individuabile anche nel cristianesimo. Occorrerebbe sempre passare al vaglio del vangelo le prioritร che noi cristiani ci assegniamo: sul piano pastorale o morale o altro ancora. E occorrerebbe sempre porsi la domanda: che cosa รจ davvero irrinunciabile, talmente centrale da non poter essere tralasciato nella vita e nellโannuncio cristiano? Come criterio di discernimento essenziale e minimale al tempo stesso, va ricordato ciรฒ che diceva Isacco della Stella: โร la caritร , lโagape, il criterio di ciรฒ che nella chiesa deve essere conservato o cambiatoโ. Questo discernimento รจ importante allโinterno di una riforma ecclesiale che cerca di riportare allโessenziale e allโirrinunciabile il vissuto di fede. La dialettica fra comandamento o parola di Dio e โtradizioniโ, presente nelle parole di Gesรน, รจ echeggiata dai Padri della chiesa che distinguono veritร e consuetudine. โNel Vangelo il Signore dice: Io sono la veritร . Non dice: Io sono la consuetudineโ (Agostino). Il rischio รจ che la consuetudine prevarichi sulla veritร divenendo tradizione immutabile e sacralizzata quando altro non รจ che cattiva o pessima abitudine: โLa consuetudine non deve impedire che la veritร prevalga. Infatti, la consuetudine senza la veritร รจ errore inveteratoโ (Cipriano). Una consuetudine, magari nata โda una certa ignoranza o da dabbenaggine, con lโandar del tempo si radica sempre piรน e si trasforma in prassi abituale, e cosรฌ ad essa ci si appella in opposizione alla veritร โ (Tertulliano). E cosรฌ, una pagina che affronta tematiche distanti dai nostri vissuti e dalla nostra sensibilitร si svela incredibilmente attuale e capace di parlare al nostro oggi ecclesiale.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose