Ricominciare
La prima domenica di Avvento fa sempre risuonare lโannuncio della venuta gloriosa del Signore. E questo annuncio va colto nella sua portata globale dallโinsieme delle tre letture proposte dalla liturgia eucaristica: Antico Testamento (Is 2,1-5), Epistola (Rm 13,11-14a), Vangelo (Mt 24,37-44). Diversi sono i temi che le tre letture concorrono armonicamente a presentare e che forniscono materia per una revisione di vita cosรฌ come per catechesi e predicazione. Fondamentale รจ la presentazione dellโevento escatologico al centro di questa domenica e di tutto il tempo dellโAvvento.
Lโevento decisivo della storia di salvezza profetizzato da Isaia e annunciato dal vangelo come โvenuta del Figlio dellโUomoโ viene colto nella sua portata giudiziale: esso giudica le violenze e le guerre che gli uomini scatenano (I lettura); le immoralitร in cui si perdono (II lettura); lโincoscienza e lโignoranza colpevoli con cui si anestetizzano (vangelo). Lโannuncio escatologico non รจ un messaggio spiritualistico, ma ha un impatto forte sulla storia dei popoli (I lettura), sulla quotidianitร delle esistenze dei credenti (vangelo) e sul loro comportamento (II lettura).
Segnando lโinizio di un nuovo anno liturgico, la prima domenica di Avvento contiene un invito a ricominciare: si tratta di ricominciare il cammino di fede ascoltando di nuovo la Parola di Dio (I lettura); facendo memoria degli inizi della fede, dunque del battesimo (II lettura); assumendo il quotidiano come luogo di vigilanza e discernimento (vangelo). In questa prospettiva di inizio o re-inizio, รจ significativo che il passo di Paolo sia stato decisivo per la conversione di Agostino (Confessioni VIII,12,28-29).
Ascoltata la voce che dice โPrendi e leggiโ, Agostino, che era disteso a terra (stravi) sotto un albero di fico, si alza (surrexi), prende la Scrittura, la apre e trova il passo che dice: โNon nelle gozzoviglie e nelle ubriachezze, non nelle orge e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesรน Cristo e non assecondate la carne nella sue concupiscenzeโ. Afferma Agostino: โNon volli leggere oltre, nรฉ mi occorreva. Infatti, appena terminata la lettura di questa frase, una luce, quasi di certezza, penetrรฒ nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparonoโ. Anche Agostino vive il suo ricominciamento, o meglio, il suo risveglio, la sua โresurrezioneโ, il suo passaggio dalle tenebre alla luce.
E proprio la polaritร notte-giorno, tenebre-luce, attraversa le tre letture consegnando al lettore un messaggio che intende svegliarlo e guidarlo a conversione. ร la tenebra delle genti che non conoscono il cammino da percorrere e che vengono illuminate dalla Parola di Dio (โโVenite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perchรฉ ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieriโ. Poichรฉ da Sion uscirร la legge e da Gerusalemme la parola del Signoreโ: Is 2,3); รจ la tenebra della generazione di Noรจ che non capisce nulla, non discerne il tempo e i suoi segni e cosรฌ non vede nulla, si smarrisce nella cecitร e perisce (โnon si accorsero di nulla finchรฉ venne il diluvioโ: Mt 24,39); รจ la notte che chiede al padrone di casa di vegliare per impedire al ladro di svaligiargli la casa (โse il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbeโ: Mt 24,43).); รจ la notte simbolo del peccato, da cui il credente รจ chiamato a risvegliarsi gettando via le opere delle tenebre e indossando le armi della luce (โรจ ormai ora di svegliarvi dal sonno, โฆ La notte รจ avanzata, il giorno รจ vicino. Perciรฒ gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giornoโ: Rm 13,11.12.13). La notte, con la sua valenza simbolica che rinvia alle situazioni di notturnitร che la vita presenta e ai sentimenti di paura e di angoscia che suscita, diventa invito alla vigilanza, alla presenza a se stessi, alla luciditร . Si tratta dunque di non cedere alla notte omologandosi ad essa, chiudendo gli occhi, rifugiandosi nellโincoscienza, ma di rispondervi e di reagirvi positivamente vigilando, tenendosi pronti, tenendo gli occhi ben aperti. Per dirla con un le parole di un poeta contemporaneo: โLa notte apre i miei occhiโ (Josรฉ Tolentino Mendonรงa).
Un altro tema che attraversa le letture รจ quello del tempo, del trascorrere dei giorni che mette alla prova il credente. In tutti i testi troviamo il lessico cronologico: giorni, momento, tempo, adesso, ora. La venuta del Signore giudica il modo in cui noi viviamo il tempo. Le parole di Gesรน nel discorso escatologico denunciano lโincoscienza con cui noi possiamo vivere il tempo: rischiamo di vivere in modo inconsapevole, ignoranti del bene prezioso e inestimabile che รจ il tempo, come se non sapessimo che questa รจ lโunica vita che abbiamo a disposizione e che non avremo una seconda opportunitร . A volte ci comportiamo come se la nostra vita si dovesse protrarre allโinfinito, senza
avere una fine. Anche noi, come la generazione di Noรจ, rischiamo di assolutizzare le nostre occupazioni quotidiane e finiamo con lโannegare in esse. Perchรฉ รจ nella superficialitร , non nella profonditร , che si annega. Anche noi rischiamo di non saper leggere e decifrare i segni dei tempi (cf. Mt 16,3) e anzitutto, quel segno che il tempo stesso รจ. Segno della pazienza e della misericordia di Dio che attende la nostra conversione. Ma segno che ha un termine. Nel trascorrere dei giorni emergono momenti critici, decisivi, e certo il giorno della morte รจ il piรน critico e decisivo di tutti, il giorno che sconvolge tutto il resto, come il diluvio.
ร lโora della nostra morte, quella hora mortis nostrae che ci รจ ricordata da una popolare preghiera appresa fin dallโinfanzia. Giorno di cui non conosciamo lโora, come dice il vangelo del giorno del Signore, ma di cui siamo certi, come assicura ancora il vangelo circa il giorno del Signore. Anche se spesso rimuoviamo questa certezza illudendoci di immortalitร e sciupando cosรฌ i nostri giorni in banalitร spacciate per occupazioni importanti e finiamo cosรฌ col rendere la vita una stucchevole estranea. Nella Regola di Benedetto, lโammonizione ad โavere ogni giorno presente davanti agli occhi la prospettiva della propria morteโ (IV,47), precede e in certo modo fonda lโammonizione a essere vigilanti ogni momento, letteralmente, ogni ora della propria giornata, โactus vitae suae omni hora custodireโ (โvigilare ogni istante sulle azioni della propria vitaโ) nella certezza che lo sguardo del Signore ci accompagna in ogni luogo (In omni loco Deum se respicere pro certo scire; โavere la certezza che in ogni luogo lo sguardo di Dio รจ su di noiโ).
Mentre dunque lโannuncio escatologico nutre la speranza e spinge in avanti il nostro sguardo, esso ci radica nellโoggi e nella coscienza della preziositร inestimabile del momento presente, frammento in cui possiamo vivere il tutto che dร senso alla nostra vita. E qui emerge la vigilanza come attenzione a non perdere tempo. Che non significa consegnarsi al demone della fretta, ma, come ha scritto Dietrich Bonhoeffer: โEssendo il tempo il bene piรน prezioso che ci sia dato, perchรฉ il meno recuperabile, lโidea del tempo eventualmente perduto provoca in noi una costante inquietudine. Perduto sarebbe il tempo in cui non avessimo vissuto da uomini, non avessimo fatto delle esperienze, non avessimo imparato, operato, goduto, sofferto. Tempo perduto รจ il tempo non pieno, il tempo vuotoโ.
Lโimpatto sullโoggi della prospettiva escatologica emerge con forza drammatica nellโimmagine delle due persone impegnate in un lavoro della piรน ordinaria quotidianitร e di cui si dice che uno รจ preso (cioรจ, salvato) e lโaltro lasciato (Mt 24,40-41). La venuta del Signore porta alla luce ciรฒ che prima poteva restare nascosto: nulla distingueva esteriormente i due uomini che erano a lavorare nei campi e le due donne che stavano macinando alla mola. Eppure lo sguardo penetrante del Veniente, โColui che ha gli occhi fiammeggiantiโ (Ap 2,18), svela la veritร dei cuori. Infatti, โnon vi รจ nulla di nascosto che non sarร svelato nรฉ di segreto che non sarร conosciutoโ (Mt 10,26). Alla luce di tutto questo, la dimensione di ignoranza che il testo evangelico riferisce al quando della venuta del Signore si estende e diviene ignoranza dellโaltro: Chi รจ lโaltro con cui lavoro, con cui vivo?
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Lo conosco o ne vedo solo unโombra, unโimmagine, una maschera? Incontro veramente lโaltro o lo incrocio solamente? E piรน in profonditร : io mi conosco? O la maschera che offro agli altri รจ anzitutto la menzogna che dico a me stesso? Non solo dunque lโannuncio della venuta del Signore ha un impatto sullโoggi storico, ma anche sul cuore, sulla mente, sul profondo di ogni persona. Esso passa al vaglio la veritร del nostro cuore. Tra le due persone che nulla sembra esteriormente distinguere, passa invece una differenza profonda che si gioca nellโinvisibile interioritร . โIn interiore homine habitat veritasโ (Agostino); โIl cammino della conoscenza porta verso lโinterioritร โ (Novalis). E questa interioritร , o meglio, questo lavoro interiore, prende nome di vigilanza.
Lโesortazione finale della pericope evangelica (Mt 24,42-44) verte appunto sulla vigilanza. Che non รจ ansia di controllo su tutto, segno di un nevrotico delirio di onnipotenza, ma umile coscienza dellโignoto, dellโimpensato, del non preventivabile che abita lโesistenza e avvolge lโazione di Dio nella storia e la venuta gloriosa del Signore. Infatti, โnon sapete in quale giorno il Signore vostro verrร โฆ nellโora che non pensate viene il Figlio dellโuomoโ (Mt 24,42.44).
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose