A chi apparteniamo?
La signoria di Dio รจ al cuore della prima lettura (Is 45,1.4-6) e del vangelo (Mt 22,15-21). Isaia presenta unโaudace pagina di teologia della storia in cui si afferma che Ciro, re persiano, dunque pagano, รจ stabilito da Dio come messia, con unโestensione inaudita e scandalosa di quella che era una prerogativa della dinastia davidica. Il passo profetico sottolinea lโassoluta libertร di Dio e la sua unicitร (โIo sono il Signore e non ve nโรจ un altroโ: Is 45,6). Il vangelo mostra la relativizzazione delle autoritร umane, anche lโimperatore, che allโepoca era divinizzato, davanti a Dio. Se lโautoritร statale puรฒ esigere tasse e tributi (cf. Rm 13,7), se alle autoritร va accordato il rispetto (cf. Rm 13,7), il timore va riservato a Dio (cf. 1Pt 2,17), creatore e signore di ogni essere umano.
La prima lettura รจ tratta dal passo di Is 45,1-7 che costituisce un oracolo di investitura regale rivolto a Ciro, il sovrano persiano che, dopo la sua marcia vittoriosa su Babilonia, nel 538 emanรฒ un editto con cui consentiva ai figli dโIsraele di rientrare a Gerusalemme e di ricostruire il Tempio, decretando cosรฌ la fine della lunga deportazione babilonese. Sebbene la traduzione della Bibbia CEI usi il termine โelettoโ (โDice il Signore del suo eletto, di Ciroโ: Is 45,1), il testo ebraico parla espressamente di messia (mashiach), come emerge anche dalle antiche versioni greca (christรด mou Kรฝro) e latina (christo meo Cyro). Messia significa โuntoโ e si riferisce al rito di unzione che accompagnava lโintronizzazione regale. Ovviamente Ciro non รจ stato materialmente unto, ma รจ designato messia per indicare la sua qualitร regale e la sua funzione di uomo guidato dallo Spirito. Lโunzione simbolizzava infatti, ritualmente, la penetrazione dello Spirito di Dio nel re cosicchรฉ questโultimo era abilitato allโazione di governo e al compimento della missione affidatagli da Dio.
La proclamazione messianica di Ciro รจ dunque volta ad affermare lโestensione universale dellโazione dello Spirito di Dio e a celebrare la sovranitร dellโunico Dio, il Dio dโIsraele. E il paradosso espresso nel nostro testo รจ che attraverso un pagano che โnon conosceโ il Signore, il Dio dโIsraele, si estenderร universalmente la conoscenza di Dio: โti renderรฒ pronto allโazione, anche seย tu non mi conosci, perchรฉย conoscano dallโoriente e dallโoccidenteย che non cโรจ nulla fuori di meโ (Is 45,5-6). E come attraverso Ciro, ignorante del Dio dโIsraele, tutte le genti, anchโesse ignare dello stesso Dio, sono chiamate a conoscerlo, cosรฌ i figli dโIsraele sono chiamati a riconoscere dietro Ciro, senza divinizzarlo, lโazione di Dio. Questo, secondo il Deutero Isaia, il compito storico dโIsraele: testimoniare lโunicitร del proprio Dio. Non รจ forse Israele il popolo su cui รจ inscritto il nome del Signore e la sua appartenenza a lui? Proprio nel capitolo precedente si trova questo oracolo: โQuesti dirร : โIo appartengo al Signoreโ, quegli si chiamerร Giacobbe; altri scriverร sulla mano: โDel Signoreโ, e verrร designato con il nome dโIsraeleโ (Is 44,5). E ciรฒ che รจ di Dio, a Dio va riconosciuto e attribuito.
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Il testo evangelico si muove in continuitร con questa linea di pensiero profetico. Lโincontro-scontro tra Gesรน da una parte e farisei ed erodiani dallโaltra (Mt 22,15-16), si svolge nella casa di Dio, nel Tempio, cosรฌ come tutti gli episodi situati tra Mt 21,23 (โEntrato nel Tempioโ) e Mt 24,1 (โUscito dal Tempioโ). I farisei, giร urtati dalla parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-44) che avevano capito che Gesรน aveva pronunciato per loro e che giร avevano in animo di catturarlo (Mt 21,45-46), dopo aver ascoltato la parabola del banchetto nuziale (Mt 22,1-14), โse ne andarono e tennero consiglio sul modo di prenderlo al laccio con una parolaโ (Mt 22,15). Cioรจ, di indurlo a proferire frasi e parole in base alle quali poterlo accusare, di strappargli parole e dichiarazioni che per lui si sarebbero trasformate in un cappio. Lโespressione tradotta con โtenere consiglioโ si riferisce a una decisione presa in comune e indica il complotto, le riunioni in cui gli avversari di Gesรน decidono in modo nascosto un piano per โfar perireโ Gesรน (Mt 12,14), per โarrestarlo con un ingannoโ (Mt 26,4), per โucciderloโ (Mt 27,1). Si tratta dello studio e della pianificazione, necessariamente segreti, di una strategia a cui attenersi per ottenere il fine di colpire e affossare Gesรน.
Nel nostro passo essi decidono di attuare un inganno in base al quale Gesรน, con le sue stesse parole, si condannerร . Cosรฌ che essi, da veri maestri della manipolazione, ne possano uscire totalmente innocenti, anzi, da difensori della santitร di Dio. Ovviamente qui non si tratta di demonizzare le figure dei farisei, bensรฌ di cogliere il carattere universale, antropologico, trasversale a ogni organizzazione religiosa e non solo, dei meccanismi della manipolazione. In questโottica รจ interessante lโannotazione matteana che i farisei โinviarono i propri discepoliโ (Mt 22,16), insieme agli erodiani, a tendere il tranello a Gesรน. Ci sono deiย mandantiย che restano nellโombra, che inducono altri a esporsi, e anche questo รจ un espediente per coprirsi le spalle e tenersi aperta una via di scampo nel caso di fallimento dellโoperazione.
Inviare i discepoli (al di lร della plausibilitร storica di questa annotazione su cui discutono gli esegeti), significa servirsi di chi รจ in posizione di inferioritร per dare realizzazione al piano concepito dai mandanti, dalle โmentiโ che hanno escogitato il piano. Piano che รจ una vera e propria โtrappolaโ, come appare dallโuso del raro verboย paghideรบoย (Mt 22,15: la Bibbia CEI traduce con โcogliere in falloโ) che in 1Sam 28,9LXX indica un inganno che tende a far morire una persona. Il vocaboloย paghรญsย indica poi, nel NT, una rete, un laccio, un tranello (Lc 21,35; Rm 11,9; 1Tm 6,9) e si riferisce anche ai tranelli โdel diavoloโ (1Tm 3,7; 2Tm 2,26). Da strumento di caccia per catturare animali, il vocabolo arriva a designare le macchinazioni intrappolare un uomo. Il versetto iniziale della nostra pericope prepara dunque il contesto di abuso e menzogna con cui Gesรน si troverร confrontato. Ed elemento costitutivo ma anche rivelativo della menzogna e della doppiezza dellโagire dei suoi avversari appaiono le parole dolci, elogiative e di stima con cui gli interlocutori si presentano a Gesรน e che preparano il terreno per quello che essi intendono essere lโaffondo che farร cadere Gesรน. โMaestro, noi sappiamo โฆ Dunque, diโ a noi il tuo parereโ (cf. Mt 22,16-17).
Non solo il menzognero ha spesso sulla bocca la parola โveritร โ (cf. Mt 22,16), ma una menzogna ha successo soltanto se รจ impastata con la veritร e gli interlocutori di Gesรน fanno affermazioni che rispondono a veritร (Gesรน รจ veritiero, insegna la via di Dio secondo veritร e non guarda in faccia a nessuno, cioรจ non fa preferenze di persone), ma essi qui agiscono da attori che recitano una parte: e la parte prevede anche di solleticare la vanitร dellโinterlocutore con parole di ammirazione, proiettando su di lui quel desiderio di ammirazione che probabilmente abita in loro o che loro pensano debba abitare in ogni uomo. Ma questo รจ vero per lโuomo di potere e per chi ha come fine del proprio parlare e agire il proprioย ego, la propria immagine: chi invece tiene Dio, lโinvisibile Dio, come saldo riferimento del proprio vivere, e non lโopinione della gente, non lโapparire, non la visibilitร che puรฒ essere esibita, non trova certo soddisfazione in parole adulatrici, anzi, le fugge con ribrezzo sentendo con infallibile, immediato e naturale discernimento la falsitร che vi sottostร .
Gesรน reagisce denunciando immediatamente lโipocrisia e la cattiveria dei suoi interlocutori, ma la risposta di Gesรน arriva a suscitare stupore e meraviglia nei suoi avversari soprattutto nel momento in cui fa intervenire Dio in una discussione da cui era stato estromesso a tutto vantaggio di Cesare: โRendete a Dio quello che รจ di Dioโ (cf. Mt 22,21). Di fatto, Gesรน sta smascherando lโateismo dei suoi religiosi interlocutori. Essi dimenticano Dio pur avendolo sulla bocca e dicendo di onorarlo. Non era forse a farisei e scribi che Gesรน aveva rivolto le dure parole del profeta Isaia: โQuesto popolo, mi onora con le labbra, ma il suo cuore รจ lontano da me. Invano esso mi rende culto, insegnando dottrine che sono precetti di uominiโ (Mt 15,8-9)?
La discussione sulla liceitร o meno del pagamento del tributo a Cesare viene dunque superata da Gesรน con lโaffermazione che non puรฒ che zittire i farisei circa il riconoscere e dare a Dio quello che รจ di Dio. Al tempo stesso, anche gli erodiani, sostenitori del potere romano, non trovano motivo di accusa verso Gesรน che afferma la liceitร del pagamento del tributo: cosรฌ, il trabocchetto fallisce e coloro che volevano prenderlo al laccio (Mt 22,15) sono costretti a lasciarlo (Mt 22,22: โlo lasciaronoโ).
Di fronte poi alla โmoneta del tributoโ (Mt 22,19), Gesรน chiede di chi sia lโimmagine (eikรฒn) e lโiscrizione (epigraphรฉ). Se biblicamente lโimmagine รจ rinvio allโuomo e al Dio che lโha creato a sua immagine, lโiscrizione fa eco al testo di Is 44,5 LXX dove si parla dellโiscrizione sulla mano dellโuomo delle parole โDel Signoreโ (epigrรกpsei Toรป theoรป). La domanda che emerge da questa pagina รจ pertanto: A chi apparteniamo? Chi รจ il nostro signore? La parola di Gesรน, piรน che regolare i rapporti tra stato e chiesa, va colta come spazio vuoto che i credenti nella storia dovranno riempire con intelligenza della rivelazione evangelica e con creativitร .
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Per gentile concessione del Monastero di Bose