Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 22 Ottobre 2023

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A chi apparteniamo?

La signoria di Dio รจ al cuore della prima lettura (Is 45,1.4-6) e del vangelo (Mt 22,15-21). Isaia presenta unโ€™audace pagina di teologia della storia in cui si afferma che Ciro, re persiano, dunque pagano, รจ stabilito da Dio come messia, con unโ€™estensione inaudita e scandalosa di quella che era una prerogativa della dinastia davidica. Il passo profetico sottolinea lโ€™assoluta libertร  di Dio e la sua unicitร  (โ€œIo sono il Signore e non ve nโ€™รจ un altroโ€: Is 45,6). Il vangelo mostra la relativizzazione delle autoritร  umane, anche lโ€™imperatore, che allโ€™epoca era divinizzato, davanti a Dio. Se lโ€™autoritร  statale puรฒ esigere tasse e tributi (cf. Rm 13,7), se alle autoritร  va accordato il rispetto (cf. Rm 13,7), il timore va riservato a Dio (cf. 1Pt 2,17), creatore e signore di ogni essere umano.

La prima lettura รจ tratta dal passo di Is 45,1-7 che costituisce un oracolo di investitura regale rivolto a Ciro, il sovrano persiano che, dopo la sua marcia vittoriosa su Babilonia, nel 538 emanรฒ un editto con cui consentiva ai figli dโ€™Israele di rientrare a Gerusalemme e di ricostruire il Tempio, decretando cosรฌ la fine della lunga deportazione babilonese. Sebbene la traduzione della Bibbia CEI usi il termine โ€œelettoโ€ (โ€œDice il Signore del suo eletto, di Ciroโ€: Is 45,1), il testo ebraico parla espressamente di messia (mashiach), come emerge anche dalle antiche versioni greca (christรด mou Kรฝro) e latina (christo meo Cyro). Messia significa โ€œuntoโ€ e si riferisce al rito di unzione che accompagnava lโ€™intronizzazione regale. Ovviamente Ciro non รจ stato materialmente unto, ma รจ designato messia per indicare la sua qualitร  regale e la sua funzione di uomo guidato dallo Spirito. Lโ€™unzione simbolizzava infatti, ritualmente, la penetrazione dello Spirito di Dio nel re cosicchรฉ questโ€™ultimo era abilitato allโ€™azione di governo e al compimento della missione affidatagli da Dio.

La proclamazione messianica di Ciro รจ dunque volta ad affermare lโ€™estensione universale dellโ€™azione dello Spirito di Dio e a celebrare la sovranitร  dellโ€™unico Dio, il Dio dโ€™Israele. E il paradosso espresso nel nostro testo รจ che attraverso un pagano che โ€œnon conosceโ€ il Signore, il Dio dโ€™Israele, si estenderร  universalmente la conoscenza di Dio: โ€œti renderรฒ pronto allโ€™azione, anche seย tu non mi conosci, perchรฉย conoscano dallโ€™oriente e dallโ€™occidenteย che non cโ€™รจ nulla fuori di meโ€ (Is 45,5-6). E come attraverso Ciro, ignorante del Dio dโ€™Israele, tutte le genti, anchโ€™esse ignare dello stesso Dio, sono chiamate a conoscerlo, cosรฌ i figli dโ€™Israele sono chiamati a riconoscere dietro Ciro, senza divinizzarlo, lโ€™azione di Dio. Questo, secondo il Deutero Isaia, il compito storico dโ€™Israele: testimoniare lโ€™unicitร  del proprio Dio. Non รจ forse Israele il popolo su cui รจ inscritto il nome del Signore e la sua appartenenza a lui? Proprio nel capitolo precedente si trova questo oracolo: โ€œQuesti dirร : โ€˜Io appartengo al Signoreโ€™, quegli si chiamerร  Giacobbe; altri scriverร  sulla mano: โ€˜Del Signoreโ€™, e verrร  designato con il nome dโ€™Israeleโ€ (Is 44,5). E ciรฒ che รจ di Dio, a Dio va riconosciuto e attribuito.

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Il testo evangelico si muove in continuitร  con questa linea di pensiero profetico. Lโ€™incontro-scontro tra Gesรน da una parte e farisei ed erodiani dallโ€™altra (Mt 22,15-16), si svolge nella casa di Dio, nel Tempio, cosรฌ come tutti gli episodi situati tra Mt 21,23 (โ€œEntrato nel Tempioโ€) e Mt 24,1 (โ€œUscito dal Tempioโ€). I farisei, giร  urtati dalla parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-44) che avevano capito che Gesรน aveva pronunciato per loro e che giร  avevano in animo di catturarlo (Mt 21,45-46), dopo aver ascoltato la parabola del banchetto nuziale (Mt 22,1-14), โ€œse ne andarono e tennero consiglio sul modo di prenderlo al laccio con una parolaโ€ (Mt 22,15). Cioรจ, di indurlo a proferire frasi e parole in base alle quali poterlo accusare, di strappargli parole e dichiarazioni che per lui si sarebbero trasformate in un cappio. Lโ€™espressione tradotta con โ€œtenere consiglioโ€ si riferisce a una decisione presa in comune e indica il complotto, le riunioni in cui gli avversari di Gesรน decidono in modo nascosto un piano per โ€œfar perireโ€ Gesรน (Mt 12,14), per โ€œarrestarlo con un ingannoโ€ (Mt 26,4), per โ€œucciderloโ€ (Mt 27,1). Si tratta dello studio e della pianificazione, necessariamente segreti, di una strategia a cui attenersi per ottenere il fine di colpire e affossare Gesรน.

Nel nostro passo essi decidono di attuare un inganno in base al quale Gesรน, con le sue stesse parole, si condannerร . Cosรฌ che essi, da veri maestri della manipolazione, ne possano uscire totalmente innocenti, anzi, da difensori della santitร  di Dio. Ovviamente qui non si tratta di demonizzare le figure dei farisei, bensรฌ di cogliere il carattere universale, antropologico, trasversale a ogni organizzazione religiosa e non solo, dei meccanismi della manipolazione. In questโ€™ottica รจ interessante lโ€™annotazione matteana che i farisei โ€œinviarono i propri discepoliโ€ (Mt 22,16), insieme agli erodiani, a tendere il tranello a Gesรน. Ci sono deiย mandantiย che restano nellโ€™ombra, che inducono altri a esporsi, e anche questo รจ un espediente per coprirsi le spalle e tenersi aperta una via di scampo nel caso di fallimento dellโ€™operazione.

Inviare i discepoli (al di lร  della plausibilitร  storica di questa annotazione su cui discutono gli esegeti), significa servirsi di chi รจ in posizione di inferioritร  per dare realizzazione al piano concepito dai mandanti, dalle โ€œmentiโ€ che hanno escogitato il piano. Piano che รจ una vera e propria โ€œtrappolaโ€, come appare dallโ€™uso del raro verboย paghideรบoย (Mt 22,15: la Bibbia CEI traduce con โ€œcogliere in falloโ€) che in 1Sam 28,9LXX indica un inganno che tende a far morire una persona. Il vocaboloย paghรญsย indica poi, nel NT, una rete, un laccio, un tranello (Lc 21,35; Rm 11,9; 1Tm 6,9) e si riferisce anche ai tranelli โ€œdel diavoloโ€ (1Tm 3,7; 2Tm 2,26). Da strumento di caccia per catturare animali, il vocabolo arriva a designare le macchinazioni intrappolare un uomo. Il versetto iniziale della nostra pericope prepara dunque il contesto di abuso e menzogna con cui Gesรน si troverร  confrontato. Ed elemento costitutivo ma anche rivelativo della menzogna e della doppiezza dellโ€™agire dei suoi avversari appaiono le parole dolci, elogiative e di stima con cui gli interlocutori si presentano a Gesรน e che preparano il terreno per quello che essi intendono essere lโ€™affondo che farร  cadere Gesรน. โ€œMaestro, noi sappiamo โ€ฆ Dunque, diโ€™ a noi il tuo parereโ€ (cf. Mt 22,16-17).

Non solo il menzognero ha spesso sulla bocca la parola โ€œveritร โ€ (cf. Mt 22,16), ma una menzogna ha successo soltanto se รจ impastata con la veritร  e gli interlocutori di Gesรน fanno affermazioni che rispondono a veritร  (Gesรน รจ veritiero, insegna la via di Dio secondo veritร  e non guarda in faccia a nessuno, cioรจ non fa preferenze di persone), ma essi qui agiscono da attori che recitano una parte: e la parte prevede anche di solleticare la vanitร  dellโ€™interlocutore con parole di ammirazione, proiettando su di lui quel desiderio di ammirazione che probabilmente abita in loro o che loro pensano debba abitare in ogni uomo. Ma questo รจ vero per lโ€™uomo di potere e per chi ha come fine del proprio parlare e agire il proprioย ego, la propria immagine: chi invece tiene Dio, lโ€™invisibile Dio, come saldo riferimento del proprio vivere, e non lโ€™opinione della gente, non lโ€™apparire, non la visibilitร  che puรฒ essere esibita, non trova certo soddisfazione in parole adulatrici, anzi, le fugge con ribrezzo sentendo con infallibile, immediato e naturale discernimento la falsitร  che vi sottostร .

Gesรน reagisce denunciando immediatamente lโ€™ipocrisia e la cattiveria dei suoi interlocutori, ma la risposta di Gesรน arriva a suscitare stupore e meraviglia nei suoi avversari soprattutto nel momento in cui fa intervenire Dio in una discussione da cui era stato estromesso a tutto vantaggio di Cesare: โ€œRendete a Dio quello che รจ di Dioโ€ (cf. Mt 22,21). Di fatto, Gesรน sta smascherando lโ€™ateismo dei suoi religiosi interlocutori. Essi dimenticano Dio pur avendolo sulla bocca e dicendo di onorarlo. Non era forse a farisei e scribi che Gesรน aveva rivolto le dure parole del profeta Isaia: โ€œQuesto popolo, mi onora con le labbra, ma il suo cuore รจ lontano da me. Invano esso mi rende culto, insegnando dottrine che sono precetti di uominiโ€ (Mt 15,8-9)?

La discussione sulla liceitร  o meno del pagamento del tributo a Cesare viene dunque superata da Gesรน con lโ€™affermazione che non puรฒ che zittire i farisei circa il riconoscere e dare a Dio quello che รจ di Dio. Al tempo stesso, anche gli erodiani, sostenitori del potere romano, non trovano motivo di accusa verso Gesรน che afferma la liceitร  del pagamento del tributo: cosรฌ, il trabocchetto fallisce e coloro che volevano prenderlo al laccio (Mt 22,15) sono costretti a lasciarlo (Mt 22,22: โ€œlo lasciaronoโ€).

Di fronte poi alla โ€œmoneta del tributoโ€ (Mt 22,19), Gesรน chiede di chi sia lโ€™immagine (eikรฒn) e lโ€™iscrizione (epigraphรฉ). Se biblicamente lโ€™immagine รจ rinvio allโ€™uomo e al Dio che lโ€™ha creato a sua immagine, lโ€™iscrizione fa eco al testo di Is 44,5 LXX dove si parla dellโ€™iscrizione sulla mano dellโ€™uomo delle parole โ€œDel Signoreโ€ (epigrรกpsei Toรป theoรป). La domanda che emerge da questa pagina รจ pertanto: A chi apparteniamo? Chi รจ il nostro signore? La parola di Gesรน, piรน che regolare i rapporti tra stato e chiesa, va colta come spazio vuoto che i credenti nella storia dovranno riempire con intelligenza della rivelazione evangelica e con creativitร .

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Per gentile concessione del Monastero di Bose