Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 22 Marzo 2020

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Vedere lโ€™essere umano

Al centro della quarta domenica di Quaresima vi รจ il tema dellโ€™illuminazione, espresso nel vangelo dal racconto della guarigione dellโ€™uomo cieco dalla nascita. Racconto che diviene pedagogia verso la fede cristologica. Il testo presenta le differenti reazioni alla guarigione da parte delle diverse persone che compaiono nella narrazione. E sempre sorge la domanda: queste persone sanno vedere? Lโ€™evento della guarigione di un uomo cieco dalla nascita cosa cambia nel loro modo di vedere la realtร ? Il ritrovamento della vista da parte di quellโ€™uomo diviene giudizio sulla capacitร  di vedere degli altri protagonisti del racconto. E di noi lettori insieme con loro.

Il testo รจ suddiviso in sei scene in cui sempre si intrecciano tre motivi: il fatto (un uomo cieco dalla nascita รจ stato guarito da Gesรน con alcuni gesti terapeutici); il processo (un interrogatorio a cui i farisei sottopongono lโ€™uomo guarito dalla cecitร  per appurare ciรฒ che รจ avvenuto); il giudizio (il medesimo fatto conduce a due giudizi differenti: quello dei farisei che condannano il cieco espellendolo dalla sinagoga e giudicando Gesรน come peccatore; quello di Gesรน che si esprime nella battute finali del testo: vv. 39-41).

Gv 9,1-7

Passando Gesรน vide un uomo cieco dalla nascita. Cieco dalla nascita, questโ€™uomo ora rinasce venendo alla luce e vedendo la luce. Che cosa predispone questa rinascita? Lo sguardo di Gesรน. Gesรน vide lโ€™uomo cieco. Vide lโ€™uomo, anthropon. Gesรน non vede anzitutto un malato, ma un uomo. I discepoli non solo non vedono un uomo, ma in un certo senso nemmeno un cieco, bensรฌ solo il problema che la cecitร  pone loro. Non rivolgono nemmeno la parola a quellโ€™uomo. Lโ€™incontro di Gesรน inizia vedendo un uomo: non una categoria, non un problema teologico, non una colpa, ma un essere umano. Lโ€™incontro inizia con uno sguardo non inficiato dai pregiudizi: siano anche quelli della teologia, della cultura, delle abitudini mentali. I discepoli non avranno piรน alcun ruolo in questo racconto: scompaiono, ma in realtร  non sono mai entrati in relazione con questa persona. Lo sguardo di Gesรน รจ generante, quello dei discepoli รจ giudicante. Gesรน vede la sofferenza e si pone accanto alla vittima. Di fronte alla disgrazia che intacca il corpo di una persona, Gesรน non dร  risposte teoriche, ma assume la realtร  come appello e afferma che anche nella disgrazia รจ possibile agire umanamente e santamente: โ€œรˆ cosรฌ perchรฉ si manifestino le opere di Dioโ€ (v. 3). Il male dellโ€™uomo viene realisticamente assunto come luogo in cui Gesรน puรฒ narrare lo sguardo di Dio sullโ€™uomo e compiere lโ€™azione di Dio. E Gesรน compie lโ€™azione divina per eccellenza ricreando quellโ€™uomo. รˆ evidente il richiamo al testo della creazione dellโ€™uomo in Gen 2 nei gesti terapeutici compiuti da Gesรน. Questa prima scena giร  indica che il gesto di Gesรน รจ segno (manifestazione delle opere di Dio), non semplicemente guarigione fisica.

Gv 9,8-12

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Gesรน scompare dalla scena. Colui che era cieco non sa dove sia. Ovvero, il divenire umano e spirituale รจ ora affidato a questโ€™uomo che si deve scontrare con la realtร  e attraverso questo scontro potrร  fare avvenire in sรฉ la guarigione e portarla a compimento. Ma da quando รจ stato guarito dalla cecitร , tutto comincia a essere tremendamente piรน complicato per lui. Tutte le persone che conosceva e con cui aveva rapporti ora si distanziano da lui. Perfino i suoi genitori.

Compaiono in scena i vicini, i conoscenti, coloro che erano abituati a vederlo come parte del paesaggio, perchรฉ era un mendicante che stazionava normalmente in un dato luogo. E pongono diverse domande: Interrogano, ma non si interrogano. รˆ il punto di vista della superficialitร . Il loro interesse รจ meramente fattuale. Non pongono nemmeno domande circa lโ€™identitร  di Gesรน. Ma solo: Dovโ€™รจ? Come ti ha aperto gli occhi? Questa assenza di profonditร  impedirร  a loro di andare oltre e di essi non si parlerร  piรน. Qui troviamo il primo passo del cammino di riconoscimento di Gesรน quale Messia da parte di colui che era stato cieco. Egli dice: โ€œLโ€™uomo (ho anthropos) chiamato Gesรน ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: โ€˜Vaโ€™ a Siloe e lavatiโ€™โ€. Il contatto basilare si รจ stabilito: egli riconosce lโ€™uomo che lโ€™ha trattato umanamente. Arriva a riconoscere chi lโ€™ha riconosciuto come uomo. Mentre comincia a difendere la sua identitร  da chi non lo riconosce: โ€œSono ioโ€ (v. 9). Era riconosciuto finchรฉ era un mendicante cieco: ora il mutamento lo rende irriconoscibile. La domanda รจ: sappiamo accogliere il mutamento della persona? O il cambiamento, addirittura la guarigione, perturba i nostri equilibri?

Gv 9,13-17

Lโ€™uomo guarito รจ portato dai farisei e viene interrogato. A partire dal fatto che la guarigione รจ avvenuta in giorno di sabato, si verifica una divisione tra due opposte interpretazioni del fatto (v. 16). I farisei si rendono conto che nellโ€™evento vi รจ piรน della sola dimensione materiale e alcuni di loro parlano di segni. A differenza dei vicini, si interrogano piรน a fondo, ma non credono. Tuttavia si rimettono al cieco domandandogli: โ€œTu cosa dici di lui?โ€. Chiedono il parere a colui che ha vissuto in prima persona lโ€™incontro. E questโ€™uomo avanza nella sua comprensione dellโ€™identitร  di Gesรน: รจ un profeta. Proprio lโ€™interrogatorio a cui รจ sottoposto da chi lo sta processando lo conduce a capire meglio chi sia Gesรน. Dai farisei impara che ciรฒ che รจ avvenuto รจ un segno che rinvia a Dio stesso: la sua comprensione di Gesรน cresce grazie alle opposizioni.

Gv 9,18-23

La posizione dei farisei non solo non progredisce, ma regredisce. Essi non credono che fosse stato cieco e poi guarito (v. 18). Per non farsi mettere in discussione dal segno, cercano di negare che sia avvenuto un prodigio. Convocano perciรฒ i genitori di quellโ€™uomo e li interrogano. I genitori riconoscono il fatto della guarigione: sono costretti ad ammettere che quello che hanno davanti รจ loro figlio, che era cieco e che ora non lo รจ piรน. Ma non si vogliono sbilanciare dicendo piรน di tanto, e questo per paura. Essi avrebbero potuto, suggerisce il v. 22, riconoscere Gesรน come Cristo, ma non lo vogliono fare. Il timore dellโ€™espulsione dalla sinagoga, che avrebbe comportato per loro unโ€™emarginazione sociale e religiosa, li porta a scegliere ciรฒ che loro conviene. Vogliono evitare fastidi. I genitori credono ma non testimoniano, si rifiutano di assumere le conseguenze pratiche del fatto avvenuto. Non sono abbastanza liberi per testimoniare. E cosรฌ lโ€™uomo che ha ritrovato la vista comincia a vedere uno spettacolo assai penoso: non creduto, lasciato solo, perfino dai genitori.

Gv 9,24-34

I farisei in questa nuova scena sono piรน aggressivi. Intimano allโ€™uomo di dire la veritร  e di riparare allโ€™offesa fatta alla gloria di Dio. Ormai la loro posizione รจ quella di chi detiene un potere e lo difende aggredendo. Il potere si nutre del monopolio del sapere: โ€œNoi sappiamo che questโ€™uomo รจ un peccatoreโ€. Hanno deciso che la non osservanza del sabato รจ lโ€™elemento portante su cui far leva. Tuttavia, se รจ vero che lโ€™uomo non puรฒ lavorare in giorno di sabato, Dio lo puรฒ. โ€œIl Padre mio lavora sempre e anchโ€™io lavoroโ€ (Gv 5,17), dice Gesรน in occasione della guarigione del paralitico alla piscina di Betsetร , avvenuta in giorno di sabato. Il sabato, il giorno del compimento della creazione รจ il momento adatto per la reintegrazione della salute degli uomini. Ma ormai i farisei usano le parole per costringere questโ€™uomo a confessare ciรฒ che essi vorrebbero sentirsi dire. Usano la parola in modo manipolatorio. E ripetono le stesse domande allโ€™uomo. E ancora una volta รจ a partire dalle contestazioni che gli vengono mosse che egli arriva a una piรน profonda comprensione dellโ€™identitร  dellโ€™uomo che lโ€™ha guarito. I farisei stessi avevano detto che segni simili non possono essere fatti da un peccatore, ma solo da uno che viene da Dio (v. 16). E ora, di fronte a unโ€™ipotesi spacciata come veritร  comprovata (โ€œNoi sappiamo che questโ€™uomo รจ un peccatoreโ€), egli ripete la sua certezza che nessuno gli puรฒ togliere: โ€œEro cieco e ora ci vedoโ€ (v. 25). Dalla certezza della propria esperienza, a cui egli rimane attaccato saldamente, ora passa a interpretare il tutto in modo esplicito: โ€œSe costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto fare nullaโ€ (v. 33). Per questโ€™uomo, Gesรน รจ un inviato da Dio. Ma questo gli costa lโ€™espulsione dalla sinagoga. E cosรฌ il suo statuto di vedente รจ peggiore di quando era cieco.

Gv 9, 35-41

Lโ€™uomo compie lโ€™ultimo passo verso la fede. Incontra Gesรน, non sapendo nulla del Figlio dellโ€™uomo, ma non appena Gesรน gli dice: โ€œLo hai visto: รจ colui che parla con teโ€, egli crede e adora. Il vederci passa attraverso lโ€™ascolto, mentre la cecitร  รจ dovuta a difetto di ascolto. I farisei si lasciano interpellare dalle parole di Gesรน (v. 39) e con timore chiedono: โ€œSiamo ciechi anche noi?โ€. Forse intuendo che questa รจ una possibilitร  reale anche per loro. Ma Gesรน risponde che il problema non รจ la cecitร , ma la presunzione, il ritenersi nel giusto: รจ questa inossidabilitร  che chiude nel peccato. Accettare lo sguardo di Gesรน su di noi significa imparare a vedere noi stessi in veritร . Altrimenti, se siamo impegnati a difendere ad ogni costo le nostre certezze, allora non lasciamo spazio per ascoltare e impediamo che in noi si apra una breccia che ci conduce ad accogliere lโ€™azione rinnovatrice di Dio. Ma non riusciamo nemmeno a incontrare gli altri sullโ€™unico terreno che abbiamo a disposizione, la nostra umanitร .

 

A cura di Luciano Manicardi โ€“ Fonte


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