Vedere lโessere umano
Al centro della quarta domenica di Quaresima vi รจ il tema dellโilluminazione, espresso nel vangelo dal racconto della guarigione dellโuomo cieco dalla nascita. Racconto che diviene pedagogia verso la fede cristologica. Il testo presenta le differenti reazioni alla guarigione da parte delle diverse persone che compaiono nella narrazione. E sempre sorge la domanda: queste persone sanno vedere? Lโevento della guarigione di un uomo cieco dalla nascita cosa cambia nel loro modo di vedere la realtร ? Il ritrovamento della vista da parte di quellโuomo diviene giudizio sulla capacitร di vedere degli altri protagonisti del racconto. E di noi lettori insieme con loro.
Il testo รจ suddiviso in sei scene in cui sempre si intrecciano tre motivi: il fatto (un uomo cieco dalla nascita รจ stato guarito da Gesรน con alcuni gesti terapeutici); il processo (un interrogatorio a cui i farisei sottopongono lโuomo guarito dalla cecitร per appurare ciรฒ che รจ avvenuto); il giudizio (il medesimo fatto conduce a due giudizi differenti: quello dei farisei che condannano il cieco espellendolo dalla sinagoga e giudicando Gesรน come peccatore; quello di Gesรน che si esprime nella battute finali del testo: vv. 39-41).
Gv 9,1-7
Passando Gesรน vide un uomo cieco dalla nascita. Cieco dalla nascita, questโuomo ora rinasce venendo alla luce e vedendo la luce. Che cosa predispone questa rinascita? Lo sguardo di Gesรน. Gesรน vide lโuomo cieco. Vide lโuomo, anthropon. Gesรน non vede anzitutto un malato, ma un uomo. I discepoli non solo non vedono un uomo, ma in un certo senso nemmeno un cieco, bensรฌ solo il problema che la cecitร pone loro. Non rivolgono nemmeno la parola a quellโuomo. Lโincontro di Gesรน inizia vedendo un uomo: non una categoria, non un problema teologico, non una colpa, ma un essere umano. Lโincontro inizia con uno sguardo non inficiato dai pregiudizi: siano anche quelli della teologia, della cultura, delle abitudini mentali. I discepoli non avranno piรน alcun ruolo in questo racconto: scompaiono, ma in realtร non sono mai entrati in relazione con questa persona. Lo sguardo di Gesรน รจ generante, quello dei discepoli รจ giudicante. Gesรน vede la sofferenza e si pone accanto alla vittima. Di fronte alla disgrazia che intacca il corpo di una persona, Gesรน non dร risposte teoriche, ma assume la realtร come appello e afferma che anche nella disgrazia รจ possibile agire umanamente e santamente: โร cosรฌ perchรฉ si manifestino le opere di Dioโ (v. 3). Il male dellโuomo viene realisticamente assunto come luogo in cui Gesรน puรฒ narrare lo sguardo di Dio sullโuomo e compiere lโazione di Dio. E Gesรน compie lโazione divina per eccellenza ricreando quellโuomo. ร evidente il richiamo al testo della creazione dellโuomo in Gen 2 nei gesti terapeutici compiuti da Gesรน. Questa prima scena giร indica che il gesto di Gesรน รจ segno (manifestazione delle opere di Dio), non semplicemente guarigione fisica.
Gv 9,8-12
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Gesรน scompare dalla scena. Colui che era cieco non sa dove sia. Ovvero, il divenire umano e spirituale รจ ora affidato a questโuomo che si deve scontrare con la realtร e attraverso questo scontro potrร fare avvenire in sรฉ la guarigione e portarla a compimento. Ma da quando รจ stato guarito dalla cecitร , tutto comincia a essere tremendamente piรน complicato per lui. Tutte le persone che conosceva e con cui aveva rapporti ora si distanziano da lui. Perfino i suoi genitori.
Compaiono in scena i vicini, i conoscenti, coloro che erano abituati a vederlo come parte del paesaggio, perchรฉ era un mendicante che stazionava normalmente in un dato luogo. E pongono diverse domande: Interrogano, ma non si interrogano. ร il punto di vista della superficialitร . Il loro interesse รจ meramente fattuale. Non pongono nemmeno domande circa lโidentitร di Gesรน. Ma solo: Dovโรจ? Come ti ha aperto gli occhi? Questa assenza di profonditร impedirร a loro di andare oltre e di essi non si parlerร piรน. Qui troviamo il primo passo del cammino di riconoscimento di Gesรน quale Messia da parte di colui che era stato cieco. Egli dice: โLโuomo (ho anthropos) chiamato Gesรน ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: โVaโ a Siloe e lavatiโโ. Il contatto basilare si รจ stabilito: egli riconosce lโuomo che lโha trattato umanamente. Arriva a riconoscere chi lโha riconosciuto come uomo. Mentre comincia a difendere la sua identitร da chi non lo riconosce: โSono ioโ (v. 9). Era riconosciuto finchรฉ era un mendicante cieco: ora il mutamento lo rende irriconoscibile. La domanda รจ: sappiamo accogliere il mutamento della persona? O il cambiamento, addirittura la guarigione, perturba i nostri equilibri?
Gv 9,13-17
Lโuomo guarito รจ portato dai farisei e viene interrogato. A partire dal fatto che la guarigione รจ avvenuta in giorno di sabato, si verifica una divisione tra due opposte interpretazioni del fatto (v. 16). I farisei si rendono conto che nellโevento vi รจ piรน della sola dimensione materiale e alcuni di loro parlano di segni. A differenza dei vicini, si interrogano piรน a fondo, ma non credono. Tuttavia si rimettono al cieco domandandogli: โTu cosa dici di lui?โ. Chiedono il parere a colui che ha vissuto in prima persona lโincontro. E questโuomo avanza nella sua comprensione dellโidentitร di Gesรน: รจ un profeta. Proprio lโinterrogatorio a cui รจ sottoposto da chi lo sta processando lo conduce a capire meglio chi sia Gesรน. Dai farisei impara che ciรฒ che รจ avvenuto รจ un segno che rinvia a Dio stesso: la sua comprensione di Gesรน cresce grazie alle opposizioni.
Gv 9,18-23
La posizione dei farisei non solo non progredisce, ma regredisce. Essi non credono che fosse stato cieco e poi guarito (v. 18). Per non farsi mettere in discussione dal segno, cercano di negare che sia avvenuto un prodigio. Convocano perciรฒ i genitori di quellโuomo e li interrogano. I genitori riconoscono il fatto della guarigione: sono costretti ad ammettere che quello che hanno davanti รจ loro figlio, che era cieco e che ora non lo รจ piรน. Ma non si vogliono sbilanciare dicendo piรน di tanto, e questo per paura. Essi avrebbero potuto, suggerisce il v. 22, riconoscere Gesรน come Cristo, ma non lo vogliono fare. Il timore dellโespulsione dalla sinagoga, che avrebbe comportato per loro unโemarginazione sociale e religiosa, li porta a scegliere ciรฒ che loro conviene. Vogliono evitare fastidi. I genitori credono ma non testimoniano, si rifiutano di assumere le conseguenze pratiche del fatto avvenuto. Non sono abbastanza liberi per testimoniare. E cosรฌ lโuomo che ha ritrovato la vista comincia a vedere uno spettacolo assai penoso: non creduto, lasciato solo, perfino dai genitori.
Gv 9,24-34
I farisei in questa nuova scena sono piรน aggressivi. Intimano allโuomo di dire la veritร e di riparare allโoffesa fatta alla gloria di Dio. Ormai la loro posizione รจ quella di chi detiene un potere e lo difende aggredendo. Il potere si nutre del monopolio del sapere: โNoi sappiamo che questโuomo รจ un peccatoreโ. Hanno deciso che la non osservanza del sabato รจ lโelemento portante su cui far leva. Tuttavia, se รจ vero che lโuomo non puรฒ lavorare in giorno di sabato, Dio lo puรฒ. โIl Padre mio lavora sempre e anchโio lavoroโ (Gv 5,17), dice Gesรน in occasione della guarigione del paralitico alla piscina di Betsetร , avvenuta in giorno di sabato. Il sabato, il giorno del compimento della creazione รจ il momento adatto per la reintegrazione della salute degli uomini. Ma ormai i farisei usano le parole per costringere questโuomo a confessare ciรฒ che essi vorrebbero sentirsi dire. Usano la parola in modo manipolatorio. E ripetono le stesse domande allโuomo. E ancora una volta รจ a partire dalle contestazioni che gli vengono mosse che egli arriva a una piรน profonda comprensione dellโidentitร dellโuomo che lโha guarito. I farisei stessi avevano detto che segni simili non possono essere fatti da un peccatore, ma solo da uno che viene da Dio (v. 16). E ora, di fronte a unโipotesi spacciata come veritร comprovata (โNoi sappiamo che questโuomo รจ un peccatoreโ), egli ripete la sua certezza che nessuno gli puรฒ togliere: โEro cieco e ora ci vedoโ (v. 25). Dalla certezza della propria esperienza, a cui egli rimane attaccato saldamente, ora passa a interpretare il tutto in modo esplicito: โSe costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto fare nullaโ (v. 33). Per questโuomo, Gesรน รจ un inviato da Dio. Ma questo gli costa lโespulsione dalla sinagoga. E cosรฌ il suo statuto di vedente รจ peggiore di quando era cieco.
Gv 9, 35-41
Lโuomo compie lโultimo passo verso la fede. Incontra Gesรน, non sapendo nulla del Figlio dellโuomo, ma non appena Gesรน gli dice: โLo hai visto: รจ colui che parla con teโ, egli crede e adora. Il vederci passa attraverso lโascolto, mentre la cecitร รจ dovuta a difetto di ascolto. I farisei si lasciano interpellare dalle parole di Gesรน (v. 39) e con timore chiedono: โSiamo ciechi anche noi?โ. Forse intuendo che questa รจ una possibilitร reale anche per loro. Ma Gesรน risponde che il problema non รจ la cecitร , ma la presunzione, il ritenersi nel giusto: รจ questa inossidabilitร che chiude nel peccato. Accettare lo sguardo di Gesรน su di noi significa imparare a vedere noi stessi in veritร . Altrimenti, se siamo impegnati a difendere ad ogni costo le nostre certezze, allora non lasciamo spazio per ascoltare e impediamo che in noi si apra una breccia che ci conduce ad accogliere lโazione rinnovatrice di Dio. Ma non riusciamo nemmeno a incontrare gli altri sullโunico terreno che abbiamo a disposizione, la nostra umanitร .
A cura di Luciano Manicardi โ Fonte