Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 22 Maggio 2022

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Lo Spirito promesso

Nellโ€™itinerario che nel tempo pasquale conduce alla celebrazione della Pentecoste, dunque del dono dello Spirito, la VI domenica di Pasqua ha al suo centro la promessa dello Spirito santo. Dire โ€œpromessa dello Spirito santoโ€ รจ quasi una tautologia perchรฉ nome dello Spirito รจ, secondo Lc 24,49, โ€œla promessa del Padre mioโ€. Anche Ef 1,13 associa promessa e Spirito santo parlando dello โ€œSpirito santo della promessaโ€, cioรจ dello Spirito santo che รจ stato promesso. Il parlare di Dio, in estrema sintesi, รจ parola di promessa, e la promessa รจ promessa dello Spirito. Come la parola cerca comunione e tende allโ€™alleanza, cosรฌ lo Spirito. Nellโ€™esperienza di fede lo Spirito รจ e resta promessa, realtร  posta davanti a noi (pro-mittere), mai posseduta, ma sempre attesa, invocata, ricercata, desiderata. Realtร  che ci puรฒ guidare, animare, ispirare, ma che mai e poi mai puรฒ coincidere con noi o essere da noi esaurita. Realtร  che puรฒ essere sperimentata, che puรฒ perfino rendersi visibile nella persona umana grazie ai frutti che essa suscita, frutti di gioia, di caritร , di giustizia, di pace, ma che non sarร  mai posseduta una volta per sempre.

Lโ€™inizio del testo liturgico del vangelo รจ costituito dalla risposta di Gesรน a Giuda (โ€œnon lโ€™Iscariotaโ€: Gv 14,22) che gli aveva chiesto perchรฉ mai si sarebbe manifestato solo ai suoi, ai discepoli, e non al mondo. Questo discepolo รจ sulla stessa lunghezza dโ€™onda dei fratelli di Gesรน che lo spingevano a uscire dal nascondimento, a manifestare pubblicamente i suoi segni e prodigi, a svelarsi a tutti con i convincenti mezzi del prodigioso, dello straordinario (โ€œNessuno agisce di nascosto, se vuole essere riconosciuto pubblicamente. Se fai queste cose, manifestati al mondo!โ€: Gv 7,4). Questa lunghezza dโ€™onda attraversa i tempi e le epoche e sempre si ripresenta nella chiesa come tentazione di cercare un consenso facile, di evitare piccolezza e umiltร  per inseguire i grandi numeri, per avere pubblicitร  eย audience, e dunque riconoscimento e consenso, in una parola,ย potere. Di fronte a ciรฒ, eccoย lโ€™esigenza di veritร ย espressa da Gesรน. Senza una relazione personale autentica con il Signore, senza una vita spirituale nascosta, ma reale, tutto il resto rischia di essere scena, politica ecclesiale, mondanitร , apparenza di vita piรน che autentica vita. Senza lโ€™azione interiore e nascosta dello Spirito nel credente, la chiesa rischia di essere raduno di militanti, piรน che comunione di discepoli. Ecco dunque che Gesรน ribadisce quelle veritร  elementari e irrinunciabili che fanno di un uomo un credente: lโ€™amore per il Signore, lโ€™ascolto della sua Parola (cf. v. 23), la vita interiore animata dallo Spirito (cf. v. 26).

A colui dunque che chiede segni, che persegue unโ€™esposizione pubblica che diviene imposizione di sรฉ al pubblico, e che comporta la sostituzione dellโ€™istanza ultima di Dio con quella dellโ€™opinione pubblica, del consenso e dellโ€™appoggio di tanti, Gesรน risponde ricordando la prioritร  assoluta del cammino nella fede. Infatti, la venuta dello Spirito e del Signore Gesรน, sono conosciute solo nella fede. Anzi, la sua risposta tratteggia prima il ritratto di colui che crede (v. 23), quindi di colui che non crede (v. 24). Ovvero, Gesรน sta discretamente svelando che, dietro alla richiesta di Giuda, si annida una tendenza che inclina verso lโ€™allontanamento dalla fede, lo smarrimento della fede. La fede infatti opera un decentramento del credente a favore del suo Signore: il credente ascolta, osserva e obbedisce alla parola del Signore, converte le sue parole alla parola del Signore; il credente apre in sรฉ uno spazio alla presenza del Signore facendolo inabitare in lui, e sulle istanze del proprio โ€œioโ€ cerca di far regnare la volontร  del Signore. Solo cosรฌ il Signore รจ veramente confessato quale Signore. Ma questo รจ ciรฒ che nel credente opera lo Spirito santo.

Al cuore della pericope evangelica odierna sta infatti lโ€™annuncio della venuta dello Spirito santo (vv. 25-26), il Paraclito, colui che si farร  presente nel credente nel tempo dellโ€™assenza fisica del Signore Gesรน. E qual รจ lโ€™azione dello Spirito? รˆ unโ€™azione tutta interiore:ย insegnare e ricordare. La funzione dello Spirito qui enunciata – insegnare e ricordare – ha lo scopo di guidare i credenti all’intelligenza di Cristo, all’intelligenza spirituale. Lo Spirito appare comeย maestro interiore, guida capace di illuminare e orientare il credente nel mondo (cf. v. 26). Il che significa che ogni maestro o guida spirituale umana non deve far altro ormai che porsi a servizio del maestro interiore, dello Spirito che abita nel battezzato. Pertanto, lโ€™opera di educazione e di approfondimento della fede deve soltanto suscitare e stimolare lโ€™interioritร  del credente, il quale ha giร  in sรฉ le risorse basilari per il suo cammino di fede.

Anzi, ha in sรฉ lโ€™autore e motore della vita spirituale. Altrimenti si fa opera non di e-ducazione, ma di se-duzione; non si attua una liberazione, ma si instaura una dipendenza. Il messaggio รจ ribadito nella prima lettera di Giovanni: โ€œVoi avete ricevuto lโ€™unzione dal Santo e tutti avete la conoscenza โ€ฆ Lโ€™unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi istruisca. Ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed รจ veritiera e non mente, cosรฌ voi rimanete in lui come essa vi ha istruitoโ€ (1Gv 2,20.27). Dice, a questo proposito Agostino: โ€œNon dobbiamo considerare nessuno come nostro maestro sulla terra, poichรฉ lโ€™unico maestro di tutti รจ in cielo. Che cosa significhi poi โ€˜in cieloโ€™ ce lo insegnerร  quegli dal quale per mezzo degli uomini, con segni dallโ€™esterno, siamo avvertiti a farci ammaestrare rientrando verso di lui nellโ€™interioritร โ€.

Insegnare e ricordare si riferiscono a ciรฒ che Gesรน ha detto e fatto, quindi allโ€™intera vita di Gesรน. Non si tratta di memorizzare pagine o parti o parole o frasi della Scrittura per imparare da esse il discernimento e l’agire secondo l’esempio di Gesรน. Questo รจ un aspetto basilare e imprescindibile, ma incipiente, perennemente necessario e da rinnovarsi, ma pedagogico e non puรฒ bastare:ย la vita interiore e il farsi dimora richiesti dall’azione dello Spirito sono molto piรน profondi. Si tratta infatti di accogliere in sรฉ la presenza del Signore fino a divenirne dimora: โ€œSe uno mi ama, osserverร  la mia parola e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di luiโ€ (v. 23).

Il credente unifica in sรฉ amore e obbedienza. Lo Spirito, come maestro di vita interiore, guida allโ€™ascolto della parola del Signore, quella parola di cui Gesรน stesso dice: โ€œnon รจ mia, ma del Padre che mi ha mandatoโ€ (v. 24). Il decentramento richiesto al credente รจ il decentramento vissuto da Gesรน stesso che lโ€™ha portato a essere trasparenza del Padre: โ€œChi ha visto me, ha visto il Padreโ€ (Gv 14,9). Tale decentramento ha come scopo e frutto lโ€™inabitazione del Signore nel credente e come strumenti lโ€™ascoltoย e laย memoria.ย Lโ€™ascolto: noi siamo ciรฒ che ascoltiamo. Per questo รจ fondamentale fare spazio in noi alla parola del Signore, anzi, alla sua stessa voce, al suo stesso respiro, al soffio che lo animava e che accompagnava ogni sua parola. In realtร , interiorizzare ciรฒ che Gesรน ha detto รจ interiorizzare Gesรน che รจ la parola stessa. Lo Spirito insegna a vivere ponendosi nei confronti del credente come memoria delย Christus totus.

E appunto,ย la memoria: noi siamo ciรฒ che ricordiamo. La nostra storia รจ la storia dei nostri ricordi, รจ costruita con la memoria. Per questo รจ decisivo porre al cuore della vita spirituale la memoria del Signore: per innestare la nostra storia nella storia del Signore stesso. Il ricordo delle parole del Signore, cosรฌ come delle parole della Scrittura, aiuta il credente a leggere i fatti della storia e della vita illuminandoli con la luce che viene dal Signore. Cosรฌ, ascolto e memoria si pongono a servizio di un rinnovamento radicale dello sguardo per consentire lโ€™intelligenza e il discernimento di fede sulla realtร . Un esempio di questa intelligenza pneumatica e di fede della realtร  lo troviamo in Gv 12,16, lร  dove lโ€™evangelista, dopo aver annotato che Gesรน, attorniato da una folla che lo osannava agitando rami di palme, era salito su un asino โ€œcome sta scritto: โ€˜Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro dโ€™asinaโ€™โ€ (Gv 1214-15), aggiunge: โ€œI suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma quando Gesรน fu glorificato, si ricordarono che di lui erano scritte queste cose e che a lui le avevano fatteโ€.

Preparandosi a prendere congedo dai suoi, Gesรน โ€“ dopo aver lasciato ai discepoli il comando di amarsi reciprocamente e dopo aver promesso loro il dono dello Spirito โ€“ dona loro la pace: โ€œVi lascio la pace, vi do la mia paceโ€ (v. 27). Non si tratta di un augurio, ma di un dono, dello stabilirsi nei discepoli del grande segno della benedizione del Signore. E la pace che prende dimora nel cuore del credente ne scaccia la paura e il turbamento. Essa infatti si accompagna alla promessa del suo ritorno: โ€œVado e tornerรฒ da voiโ€ (v. 28) e dovrebbe sbocciare in gioia.

E la gioia potrร  esplodere, una volta avvenuta la glorificazione, perchรฉ i discepoli potranno ricordare nello Spirito le parole che Gesรน ora dice loro e potranno nella fede cogliere che la sua dipartita non รจ la fine di una storia, ma il rilancio della promessa, non รจ lโ€™imporsi di unโ€™assenza, ma il rinnovarsi di una presenza.


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose

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