Lโincontro con lโaltra
La storia della rivelazione รจ anche storia delย luogoย di dimora che Dio cerca tra gli uomini. In questa ricerca Dio sceglieย ciรฒ che รจpiccolo,ย ciรฒ che รจpovero,ย ciรฒ che non si impone: la piccola borgata di Betlemme รจ il luogo designato per la manifestazione del Messia (Mi 5,1-4a); il grembo della vergine di Nazaret, Maria, diviene luogo di dimora del Signore (Lc 1,39-48a); il corpo umano รจ il luogo definitivo di abitazione di Dio tra gli uomini (Eb 10,5-10).
I riferimenti al corpo della partoriente, ai corpi delle due donne incinte che si incontrano, al corpo che Dio prepara per il Cristo, suggeriscono una visione delย corpoย come luogo spirituale, come sacramento della presenza di Dio tra gli uomini. Inoltre, lโepisodio della โvisitazioneโ ci indica che il mistero dellโincarnazione non รจ riducibile allโevento puntuale della nascita. Come ogni uomo, Gesรน รจ portato nel seno di una donna, abita per nove mesi nel grembo di Maria e tale grembo รจ sua casa, suo cibo, sua vita.ย
Il venire al mondo รจ anzitutto lโesserci nel corpo di un altro: per Gesรน (come per ogni umano) il corpo di una donna รจ il suo primo mondo.ย Noi avveniamo nel corpo di una donna. Le letture bibliche odierne mostrano allโopera un processo di concentrazione, di rimpicciolimento, di restringimento che conduce verso lโessenziale. Il mistero del Natale a cui questa domenica ci prepara, รจ anche il mistero del tutto nel frammento, del divino nellโumano, di Dio in un neonato.
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La profezia di Michea esprime lo stupore di fronte allโevidenza della piccolezza di Betlemme che pure รจ il luogo da cui uscirร il Messia, il liberatore dโIsraele: โE tu, Betlemme di Efrata, cosรฌ piccola per essere fra i villaggi di Giudaโ (Mi 5,1). La stessa collettivitร giudaica viene da Michea concentrata e ridotta alla figura di una persona, una donna incinta.
Il testo di Michea รจ probabilmente un brano postesilico che suppone la caduta di Gerusalemme, la distruzione del tempio: il popolo รจ ormai privo dei tradizionali luoghi di mediazione della presenza di Dio. La storia ha smentito le promesse di Dio? Nella crisi, nella situazione di perdita dei punti di riferimento, quando non ci sono piรน le certezze che nel tempo precedente hanno aiutato a vivere, occorre un lavoro di semplificazione, di riforma, di ritorno allโessenziale. Processo che nel concreto รจ non tanto un ritorno allโindietro, una restaurazione, ma una diminuzione.
Un processo di riduzione, di spogliamento, di concentrazione nel piccolo. Il nostro testo va alle origini della promessa messianica, dunque al ceppo di Iesse, alla borgata di Betlemme, luogo da cui doveva venire il Messia. Si distanzia da Gerusalemme, la cittร importante, โricca di popoloโ (Lam 1,1), la capitale divenuta sede di re che si rivelarono cattivi pastori. Per ricominciare, dal centro si passa alla periferia, dal luogo popoloso alla borgata piccola e semisconosciuta. Cโรจ una dimensione di piccolezza, di non-notorietร , di non-visibilitร , di nascondimento, cioรจ una diminuzione, che aiuta il processo di semplificazione necessario quando si devono mettere nuove basi per il ricominciamento della comunitร che ha subito la prova.
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E perchรฉ lโattraversamento della prova si riveli fecondo. Se in Mi 4,10 lโimmagine di Sion partoriente descrive la deportazione e la prova, ora, invece, la stessa immagine evoca la feconditร , la fuoriuscita positiva dalla prova, il rientro dalla deportazione: โil resto dei tuoi fratelli ritornerร ai figli dโIsraeleโ (Mi 5,2). Cโรจ un mistero diย feconditร ย (questo il significato diย Efrata) insito nel mistero della piccolezza, in ciรฒ che non si impone, nella piccola Betlemme: il ritorno alle radici ha il potere di chiarificare, di riportare allโessenziale ciรฒ che aveva perso smalto con il tempo. Ha il potere di riportare i figli dโIsraele allโessenziale della promessa di Dio in cui porre di nuovo la fede. Ma appunto, tale processo di riforma, di ritorno allโessenziale, si concretizza in un processo di diminuzione, diย ablatio, di chiarificazione mediante spogliamento.
Il vangelo odierno fa seguito, nella narrazione lucana, allโepisodio dellโannunciazione. Ed รจ proprio il sรฌ di Maria, il suo atto di obbedienza alle parole dellโangelo (Lc 1,38), che dร forma anche al suo futuro. Se ora si mette in viaggio per andare a trovare Elisabetta, lโanziana parente incinta, รจ a partire dalle parole che le sono state rivolte, a cui lei ha aderito e che le parlavano anche della sua parente sterile ma divenuta feconda (Lc 1,36). Andando da Elisabetta รจ come se Maria si volesse incontrare con se stessa incontrando lโaltra donna, si volesse guardare allo specchio guardando Elisabetta, tanta รจ lโanalogia โ pur nelle differenze โ tra le due donne e le due vicende.
Lร una sterile divenuta feconda, qui una vergine che non ha relazioni con uomo e a cui viene annunciato un figlio. Non a caso Maria parte da sola. Nessuna menzione di Giuseppe. Ciรฒ che la muove e ciรฒ a cui va incontro riguarda lei nel piรน intimo della sua persona. Il silenzio e la solitudine sono i sigilli di questa avventura interiore. Il silenzio, la solitudine e lโascolto obbediente alle parole ricevute dallโalto, sono lโalveo dove matura la decisione interiore di Maria di alzarsi, partire e andare in fretta. Lโobbediente Maria non puรฒ che restare nel silenzio e nella solitudine dopo ciรฒ che รจ avvenuto in lei. Non puรฒ che custodire nel segreto il mistero che lโha investita, ma ha anche bisogno di conferme, di sapere che la sua condizione รจ condivisa.
Che la sua solitudine รจ condivisa. ร interessante che di Elisabetta si dica che, una volta che ebbe concepito, โsi tenne nascosta per cinque mesiโ (Lc 1,24). Si puรฒ cercare il nascondimento non solo per la vergogna, ma anche a seguito della benedizione di Dio sulla propria situazione di precarietร e povertร . Un troppo pieno dopo un troppo vuoto puรฒ provocare anchโesso timore e nascondimento. Quasi incredulitร . Anche Elisabetta era nella solitudine, nel nascondimento. E si dice che Maria parte in fretta: ciรฒ che la muove รจ unโurgenza, un bisogno impellente, certamente piรน suo che di Elisabetta.
E non a caso, giunta da Elisabetta, รจ accolta dalle molte, solenni e ispirate parole della parente (Lc 1,42-45), mentre Maria si limita al saluto e rimane nel silenzio, salvo pronunciareย poiย il canto del ringraziamento e della lode, ilย Magnificat, ma soloย dopoย che lโincontro con Elisabetta lโha confermata nellโevento di grazia di cui รจ stata beneficiata. Elisabetta infatti non saluta laย parenteย Maria, ma laย madre del Signore, non solo proclama benedetta Maria tra le donne, ma la proclama beata a motivo delle parole che il Signore le ha rivolto e della fede che lei ha prestato a tali parole.ย Non accoglie la parente, ma la credente. Elisabetta vede la donna trasformata dalla grazia di Dio. Lo sguardo di Elisabetta e le sue parole colgono Maria nel mistero della sua vocazione. Lโobbedienza di Maria ha rimodellato la sua identitร . Come ha riplasmato il suo corpo rendendolo accogliente una vita, la vita del Messia, cosรฌ la sua identitร ormai รจ trasformata dal suo atto di obbedienza alla parola di Dio. Maria ormai รจ laย credente, colei che ha creduto e che permane nel suo credere, che persevera nella fede, come apparirร dalย Magnificat.
Andata per incontrarsi con se stessa mediante lโincontro con Elisabetta, Maria vive un momento di sororitร , di incontro fecondo con lโaltra donna. La maternitร annunciata si esprime come capacitร di prossimitร , di sororitร . Lโincontro vero con sรฉ, la scoperta di sรฉ nasce sempre dallโapertura allโaltro, allโaltra. Nasce sempre dallโincontro-scontro con la realtร . La solitudine e il silenzio di Maria non sono fini a se stessi, ma volti a quellโincontro con lโaltra persona, che solo consente di conoscere se stessi e di vivere nella realtร e non nella ricostruzione fantasmatica della realtร . La maternitร annunciata dallโangelo a Maria significa anche sororitร , capacitร cioรจ di accogliere e lasciarsi accogliere perchรฉ ci si sa accolti e visitati dal Signore.
Lโiconografia che mostra lโabbraccio delle due donne nella visitazione a volte presenta un accostarsi dei volti lโuno allโaltro in modo tale che lโincontro occhio contro occhio diviene fusione in un unico occhio: unico รจ lo sguardo con cui le due donne si vedono. Lo sguardo di chi รจ stato visto dal Signore nella propria piccolezza o sterilitร o impotenza. Noi invece riserviamo volentieri uno sguardo diverso a noi stessi e agli altri. E spesso fatichiamo a credere allo sguardo benevolo che gli altri hanno verso di noi perchรฉ il nostro su di noi รจ in veritร sguardo nemico e ostile.
Perchรฉ troppo ferito. Spesso non sono gli altri che ci fanno del male, ma siamo noi che ci facciamo del male con le nostre paure, le nostre ferite mai guarite, le nostre diffidenze e mancanze di fiducia. Ora, in quellโincontro lo sguardo, il saluto e lโabbraccio diventano benedizione reciproca: ecco cosa potrebbe essere se solo lo volessimo ogni incontro. Al saluto di Maria risponde la benedizione di Elisabetta: โBenedetta tuโ (Lc 1,42). Ecco la feconditร spirituale e la bellezza dellโincontro: riconoscersi per ciรฒ che si รจ, senza gelosie e invidie, senza diminuire lโaltro, ma riconoscendolo nella sua unicitร e mostrando gratitudine per il dono che Dio gli ha fatto. Allora ogni incontro รจ comunicazione ineffabile e gioia profonda.
Per gentile concessione del Monastero di Bose