Spinto verso la fatica del deserto
La prima domenica di Quaresima presenta sempre il testo evangelico delle tentazioni di Gesรน. Questโanno ci viene proposta la versione di tale episodio nella redazione estremamente concisa del vangelo secondo Marco (Mc 1,12-13) seguita dalla pericope che dice lโinizio della predicazione di Gesรน (Mc 1,14-15) e che tralasciamo perchรฉ giร perchรฉ commentata nella III domenica dellโOrdinario. La pagina evangelica inizia in modo inatteso e brusco: โE subito lo Spirito scaccia Gesรน verso il desertoโ. Lโimmediatezza dice che Gesรน non si รจ preparato a questa andata nel deserto, che la cosa giunge improvvisa. E il verbo il cui soggetto รจ lo Spirito, il verbo greco ekballein (sospingere, scacciare) esprime una certa violenza, una costrizione. Lo Spirito getta fuori, spinge Gesรน nel deserto. A dire che lโazione spirituale รจ unโazione non coincidente con il desiderio umano. Gesรน si lascia trascinare, ma non รจ una sua iniziativa, una sua scelta lโandare nel deserto. Forse si vuol significare che solo la forza dello Spirito puรฒ consentire di reggere la prova del deserto e che andarvi per eroismo o protagonismo spirituale รจ un atto spiritualmente suicida. La radicalitร del deserto puรฒ affascinare, ma essa rigetta chi vi si inizia senza la mozione dello Spirito.
Cosa avviene a Gesรน? Dopo lโesperienza del battesimo in cui Gesรน รจ tra la folla, accanto a Giovanni il Battezzatore, e ascolta la voce dal cielo che lo proclama figlio di Dio, ecco che la luminositร e la maestositร di questa esperienza si mutano nella discesa nel deserto che รจ invito allโinterioritร , anzi, un imperioso comando allโinterioritร . Se รจ vero che รจ necessario discernere il proprio desiderio per conoscersi e saper scegliere la propria vita, รจ altrettanto vero che c’รจ anche una distanza tra il nostro desiderio e la vita dello Spirito in noi. E che ci sono resistenze da vincere per entrare nella vita dello Spirito. La nostra nascita alla vita dello Spirito รจ dolorosa, frutto di lotta e costellata di resistenze. Di Paolo si dirร in At 20,22 che รจ costretto dallo Spirito ad andare dove lui non vorrebbe minimamente andare. Intravediamo lo Spirito anche dietro a quellโallos, quellโaltro che condurrร Pietro dove lui non vuole (Gv 21,18). ร lโaltro Paraclito (Gv 14,16). Lo Spirito appare come volontร di Dio che puรฒ entrare in conflitto con la nostra, ma da cui siamo chiamati a lasciarci vincere, ovvero, ad assumerla come nostra. Del resto, questa violenza accettata da Gesรน e fatta sua, questa che รจ violenza dello Spirito, richiama la violenza della parola di Dio che strappa Abramo dalla sua terra e gli impone di andarsene verso un luogo sconosciuto: โVattene!โ (Gen 12,1). In realtร Abramo รจ in una solitudine radicale anche se parte con la sua gente. Egli parte verso il vuoto che il Signore, non Abramo stesso, riempirร . Anzi, sarร un vuoto che quando la promessa di Dio sembrerร per grazia colmare con il dono di un figlio, Dio stesso provvederร ancora a ricreare chiedendo il sacrificio del figlio (Gen 22,1-2).
Lโazione spirituale รจ dunque azione di profonditร , di discesa, di abbassamento. Non di innalzamento, non di salita, ma anzitutto di contatto con il basso. Dice un apoftegma dei padri del deserto: โSe vedrai un giovane salire al cielo di sua volontร , afferralo per un piede, e scaraventalo a terra, poichรฉ ciรฒ non gli serveโ. Non si sale se non partendo dal basso, non ci si alza se non si รจ caduti, se non si รจ conosciuto e incontrato lโinferno interiore e nominato e combattuto il nemico che รจ in noi. Anche nel testo di Marco quando si parla di Gesรน che stava con le fiere e gli angeli lo servivano si inizia dal basso, dalle fiere, dalle bestie selvagge: si tratta di un movimento verticale ma dal basso verso lโalto, non il contrario. Chi conosce il quadro di Caravaggio โLa conversione di san Paoloโ ricorda che Paolo รจ a terra, sbalzato dal cavallo, e che, nella sua caduta, le braccia tese verso lโalto esprimono lโinizio della salita ed egli sembra quasi spinto da una forza
antigravitazionale: la caduta รจ lโinizio dellโascesa. Il culmine della scala di cui parla Benedetto nella sua Regola รจ lโumiltร (RB VII,62ss.), lโadesione allโhumus, alla terra. Chi inizia dallโalto invece si espone allโillusione, allโautoinganno. ร sedotto dal proprio stesso procedere spirituale, รจ sedotto dallโangelo e finirร , come ricorda argutamente Pascal, col โfare la bestiaโ. Dice un pensiero di Pascal: โLโuomo non รจ angelo nรฉ bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare lโangelo faccia la bestiaโ.
Il testo di Marco รจ discreto: non dice in cosa consista la tentazione. Non vi รจ il dettagliare la tentazione in tre momenti come in Matteo e in Luca. Tutto resta avvolto nel silenzio. Silenzio che รจ anche del testo stesso, non solo di Gesรน che non si affida nemmeno alle parole della Scrittura come negli altri sinottici. Qui al posto della parola della Scrittura vi รจ il silenzio. Silenzio per restare in se stesso, per abitare il proprio spirito e non dissiparsi allโesterno con parole, per restare concentrato. Silenzio per scoprire che il mondo รจ in noi, non banalmente fuori di noi. Per sapere che i miraggi e le tentazioni di mutare miracolosamente la durezza delle pietre nella fragranza del pane nascono nel cuore; che le tentazioni della potenza e della gloria sono i sogni che coltiviamo in noi; che le illusioni di imporci agli altri e attirarne lโattenzione con imprese prodigiose come gettarci dal tempio ed essere salvati, sono fantasmi che abitano in noi. Davvero il silenzio fa veritร e ci suggerisce di non proiettare sugli altri e sullโesterno ciรฒ che รจ in noi: โGuarda in te stesso e scopri il male che รจ in te. Se lo vedi in te eviterai di condannarlo e giudicarlo negli altriโ.
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Qui si situa anche la potenza della solitudine. Nella descrizione di Marco colpisce che, dopo aver parlato del deserto in cui stava Giovanni come un deserto popolato da moltissime persone che accorrevano a lui, un deserto umanizzato, ora, parlando del deserto in cui si inoltra Gesรน, ci venga presentata una landa solitaria, spopolata, in cui i soggetti che si fanno vivi sono attori della vita interiore e invisibile: lo Spirito di Dio e il Satana, le fiere e gli angeli. La solitudine รจ la condizione che consente lโaffiorare dellโinterioritร . Essa รจ memoria della nostra unicitร . Ci ricorda che lโimperativo a cui non possiamo sottrarci pena il tradimento della vocazione originaria e fondante di ciascuno di noi, della nostra immagine e somiglianza con Dio, รจ la libertร , con cui possiamo realizzare noi stessi, cioรจ obbedire allโunicitร irripetibile che Dio ha voluto per ciascuno di noi. La lotta del deserto รจ anzitutto in questo abitare solitudine e silenzio. Che normalmente sono dimensioni rare, a cui non siamo abituati e a cui cerchiamo di sottrarci. Inoltre, il potere semplificante ed essenzializzante di solitudine e silenzio fa emergere i lati piรน oscuri e tenebrosi che sono in noi. Ma proprio lรฌ si situa il lavoro di veritร che queste dimensioni operano per noi. Che non sono il fine cui giungere, ma la strada da percorrere per arrivare al fine dellโincontro con il Signore e dello stare con lui, al fine dellโincontrare gli altri in veritร e caritร .
La fatica del deserto รจ ben espressa nella pagina evangelica dal verbo โstareโ, โdimorareโ, anzi, letteralmente, โessereโ. Gesรน erat in deserto, non manebat; Gesรน erat cum bestiis. Non รจ solo un rimanere, ma qualcosa che ha a che fare con lโedificazione dellโessere stesso della persona. Gesรน sta senza fare nulla, senza fare nulla che non sia unโazione e unโattivitร interiore. Nel deserto Gesรน finalizza il fare allโessere. Gesรน fa esperienza della durata. Silenzio e solitudine sono le condizioni per fare esperienza della durata e lโesperienza della durata รจ la condizione della contemplazione. Che รจ lavoro di unificazione e pacificazione. Come avviene per Gesรน. Infatti, se Gesรน annuncia, subito dopo i 40 giorni nel deserto, che โIl regno di Dio รจ vicinoโ (Mc 1,15) รจ perchรฉ quel regno Gesรน lโha conosciuto in se stesso, nella pace tra bestie e angeli, tra inferno e cielo, nel suo aver continuato ad abitare la parola ricevuta dallโalto โTu sei mio figlioโ (Mc 1,11) e a lasciarsi guidare dallo Spirito santo mentre si trovava nel confronto con Satana. In quellโesperienza del deserto Gesรน vive in sรฉ ciรฒ che avviene nel mondo, o meglio fa di se stesso il luogo del mondo riconciliato. Gesรน รจ lโumanitร riconciliata, lโumanitร nella pace. Gesรน รจ il Regno di Dio davvero vicinissimo. Lโera messianica si apre perchรฉ ciรฒ che รจ destinato al mondo รจ avvenuto nella persona di Gesรน. Questo evento di riconciliazione profonda tra forze infere e potenze celesti, questa pace messianica profetizzata da Isaia, Gesรน lโattua in se stesso, in lui avviene la riconciliazione e la pace. Gesรน รจ spazio di pace e di unitร , di unificazione e riconciliazione. Egli riesce ad assorbire la violenza delle bestie selvagge senza cadere nel disumano, riesce a convivere con le potenze divine e angeliche senza innalzarsi nel sovrumano. Gesรน custodisce la postura umana e si lascia docilmente guidare dallo Spirito di Dio. Divenendo cosรฌ esempio del battezzato: โTutti quelli che sono guidati dallo
Spirito di Dio, questi sono figli di Dioโ (Rm 8,14). Gesรน si lascia guidare dallo Spirito nel deserto e lรฌ vive la sua figliolanza divina, la sua immagine divina, la sua creaturalitร abitata dalla parola di Dio che lo rende figlio e dallo Spirito che lo fa vivere come figlio.
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A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose