Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 20 Settembre 2020

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Li hai fatti uguali a noi!

Il testo evangelico di questa domenica รจ costituito da una parabola presente solamente nel primo vangelo e che urta la nostra sensibilitร  e per certi aspetti si presenta come irricevibile. La reazione che chiunque sente nascere spontaneamente in sรฉ alla lettura di questa parabola รจ: โ€œNo, non รจ giustoโ€. Non รจ giusto che lavoratori che hanno faticato unโ€™intera giornata sotto il caldo ricevano la stessa paga di chi ha lavorato unโ€™ora sola, e per giunta la piรน fresca. Non รจ giusto che operai che hanno lavorato per tempi diversi impegnati nello stesso lavoro, ricevano la medesima retribuzione. Cerchiamo dunque di introdurci nella comprensione del testo.

La parabola ha conosciuto interpretazioni molto diverse nella storia: รจ stata letta come allegoria delle etร  della vita umana e intesa come portatrice del messaggio che anche una conversione in tarda etร  non pregiudica la salvezza; รจ stata interpretata come allegoria della storia dellโ€™elezione che va da Adamo a Noรจ, da Abramo e Mosรจ fino a Cristo. Lโ€™esegesi moderna vi scorge normalmente una parabola che in bocca a Gesรน mirava a giustificare il suo comportamento di fronte ai suoi detrattori che lo rimproveravano di prediligere peccatori e pubblicani, di rivolgersi preferenzialmente a loro, ultimi destinati a divenire primi nella logica paradossale del Regno. Tuttavia, si puรฒ vedere in questa parabola anche un altro aspetto interno alla comunitร  dei Dodici e dunque collocarla nel contesto degli eventi della vita comunitaria che Gesรน sta vivendo con i suoi discepoli. Un confronto con il vangelo di Marco mostra che questa parabola รจ un materiale proprio di Matteo inserito a questo punto, spezzando la continuitร  della trama di Marco, come si trattasse di una ermeneutica matteana degli eventi di cui si parla in quei capitoli. E gli eventi sono la domanda di Pietro che chiede a Gesรน che cosa guadagneranno i discepoli dallโ€™aver lasciato tutto e seguito Gesรน: (Mt 19,27). Cโ€™รจ una richiesta di ricompensa. Questo il testo che precede la nostra parabola e a cui la parabola รจ strettamente connessa dal gร r, โ€œinfattiโ€, iniziale, in Mt 20,1. Poi, a seguito del terzo annuncio della passione, morte e resurrezione di Gesรน, cโ€™รจ la richiesta di due discepoli, attraverso la loro madre, di godere dei posti dโ€™onore nel regno di Gesรน stesso (Mt 20,20-23). Cโ€™รจ una rivendicazione di merito, o meglio,una pretesa di primo posto. Questa pretesa dei due fratelli, i figli di Zebedeo, che insieme a Pietro e Andrea sono i primi chiamati nel vangelo secondo Matteo (Mt 4,18-22), suscita il malcontento e la protesta degli altri membri della comunitร  che si sdegnano con loro e litigano (Mt 20,24-28). La nostra parabola รจ cosรฌ incorniciata tra le due frasi che parlano degli ultimi che diventano primi e dei primi che diventano ultimi (19,30 e 20,16): questa dinamica vale anche allโ€™interno della comunitร  cristiana. Ci sono alcuni che ritengono di avere dei diritti di prelazione e di poter godere di una maggiore vicinanza con Gesรน e di un onore maggiore di altri, cโ€™รจ chi pretende di avere un posto privilegiato, e cโ€™รจ una domanda sul senso del gesto di radicalitร  cristiana di abbandonare tutto e mettersi a seguire Gesรน. Cโ€™รจ qualche guadagno in tutto questo? Insomma una lettura legittima รจ quella di vedere nella parabola un richiamo che Gesรน fa alla sua comunitร  e alle logiche che devono vivificarla mettendo in guardia dalle dinamiche che sono distruttive.

La parabola รจ divisa in due parti, una che inizia allโ€™alba, al mattino presto (vv. 1-7), la seconda che inizia una volta venuta la sera (vv. 8-15). Nella prima parte, alle diverse ore del giorno, partendo dalle sei del mattino fino alle 17 (lโ€™ora undicesima), il padrone di casa esce a prendere a giornata dei lavoratori per la sua vigna, probabilmente per la vendemmia. Con i primi si accorda per un denaro al giorno. Ad altri che chiama piรน tardi dice che darร  loro ciรฒ che รจ giusto. E il lettore comincia a pensare a cosa potrร  essere questo โ€œgiustoโ€. Certamente, egli pensa, sarร  una paga che tiene conto del fatto che questi hanno lavorato meno dei primi. Colpisce nella parabola il comportamento del padrone della vigna che continua a cercare operai anche quando ormai il lavoro della giornata sta terminando. Anche alla fine del pomeriggio, quando รจ insensato ingaggiare ancora operai (che senso ha ingaggiare qualcuno che lavorerร  a mala pena unโ€™ora?), egli dร  un lavoro a chi non ne ha: โ€œPerchรฉ state qui tutto il giorno senza far niente?โ€ (20,7). Questo padrone in cerca di operai รจ immagine di un Dio che desidera lโ€™incontro con gli uomini, che va in cerca degli uomini e si coinvolge con loro. La motivazione di questa ricerca non รจ in urgenze lavorative che il testo non dice, ma solo e unicamente nella volontร  del padrone. Se dunque la prima parte della parabola รจ incentrata sullโ€™arruolamento di chi dovrร  andare a lavorare, la seconda parte (vv. 8-15) riguarda il momento del pagamento. Dice il Deuteronomio: โ€œDarai allโ€™operaio il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il soleโ€ (Dt 24,15).

Il pagamento inizia dagli ultimi, ed รจ questo che consente che i primi diano vita alla loro contestazione. Che il pagamento inizi dagli ultimi – fatto non spiegato nel testo – รจ forse unโ€™allusione alla scelta preferenziale degli ultimi che caratterizza il Dio biblico? Non sappiamo. Sappiamo perรฒ che cosรฌ i primi vedono il pagamento accordato agli ultimi. Vedono e vengono a sapere. Il vedere che agli ultimi รจ data la paga promessa a loro, suscita unโ€™aspettativa nel cuore dei primi: noi avremo un salario maggiore. A cui segue la delusione perchรฉ viene data loro la stessa paga che agli ultimi. Hanno cambiato lโ€™attesa del cuore: non si attendono piรน di ricevere ciรฒ che hanno pattuito, ma si attendono di ricevere piรน degli altri che hanno lavorato meno. E mormorano. Il padrone allora mostra la sua giustizia: egli รจ irreprensibile dal punto di vista del diritto, perchรฉ ha rispettato il contratto di pagamento con i primi, e perchรฉ diritto inalienabile del padrone รจ di dare agli ultimi una misura analoga a quella dei primi. Il diritto non รจ stato offeso. โ€œAmico, io non ti faccio tortoโ€. Ma forse il problema รจ un altro: โ€œSei tu invidioso perchรฉ io sono buono?โ€. Il testo greco gioca con lโ€™espressione occhio cattivo (ponerรฒs) che contrasta con lโ€™essere buono (agathรฒs) del padrone. Ciรฒ che risulta insopportabile ai primi รจ lโ€™uguaglianza dei salari, anzi in profonditร , delle persone: loro avevano tutti i diritti, secondo la loro logica, di aspettarsi di piรน. Ma tu, rimproverano al padrone, โ€œli hai fatti uguali a noiโ€ (fecisti illos pares nobis; cioรจ, li hai trattati come noi). Ciรฒ che la parabola ha di mira รจ la degenerazione del diritto in privilegio, in pretesa. Il gesto del padrone รจ sentito come scandaloso, anomalo, ingiusto, contrario agli usi, inammissibile, irricevibile. E qui emerge il proprio di questa parabola che intravede la fuoriuscita dalle logiche ferree di corrispondenza tra lavoro e paga, prestazione e retribuzione, e lascia scorgere un mondo segnato da gratuitร , liberalitร , generositร , da rapporti segnati non solo dal diritto, ma anche dalla grazia, dalla gratuitร ; non solo dal rigore del dovuto, ma anche dallโ€™inatteso del gratuito. In cui non il merito รจ lโ€™elemento che deve decidere della gerarchia delle persone, ma la bontร  di Dio. La punta della parabola รจ evidentemente in quella rivelazione: โ€œIo sono buonoโ€. E poichรฉ in Mt 19,17, pochi versetti prima, si diceva che โ€œuno solo รจ buonoโ€, in riferimento a Dio, รจ evidente lโ€™allusione teologica della nostra parabola.

Esprime bene questo primato della misericordia e della grazia sulle logiche giuridiche un brano della Catechesi sulla santa Pasqua dello Pseudo-Giovanni Crisostomo: โ€œChi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il giusto salario; chi รจ venuto dopo la terza, renda grazie e sia in festa; chi รจ giunto dopo la sesta, non esiti: non subirร  alcun danno; chi ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi รจ giunto soltanto allโ€™undicesima, non tema per il suo ritardo. Il Signore รจ generoso, accoglie lโ€™ultimo come il primo, accorda il riposo a chi รจ giunto allโ€™undicesima ora come a chi ha lavorato dalla prima. Fa misericordia allโ€™ultimo come al primo, accorda il riposo a chi รจ giunto allโ€™undicesima ora come a chi ha lavorato fin dalla primaโ€.

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Il testo ci interpella su ciรฒ che รจ al cuore della nostra vita con Dio: la relazione o la prestazione? Concepire il proprio servizio a Dio come prestazione conduce a misurarlo e a confrontarlo con il servizio degli altri entrando in un rapporto di competizione. Se invece cโ€™รจ la relazione con il Signore allora anche il peso della giornata di lavoro รจ โ€œgiogo soave e leggeroโ€ (cf. Mt 11,30) e la bontร  del Signore verso tutti รจ motivo di ringraziamento, non di contestazione. E nemmeno di invidia. Gli operai della prima ora sono smascherati come invidiosi. E lโ€™invidia รจ definita come avere โ€œlโ€™occhio cattivoโ€ (Mt 20,15). Lโ€™etimologia รจ illuminante: in-videre, significa โ€œvedere controโ€, ed esprime lo sguardo torvo di chi si chiede: โ€œperchรฉ lui sรฌ e io no?โ€; โ€œperchรฉ a lui come a me che meritavo di piรน?โ€. Lโ€™invidia ci acceca. Se essa รจ lโ€™insofferenza verso i propri limiti che ci impediscono di raggiungere quello status che vediamo realizzato in altri da noi, essa chiede di essere corretta imparando a desiderare il possibile. Nellโ€™invidia non solo non si vede piรน il Dio misericordioso, ma non si vedono neppure piรน i fratelli e si esce dalla solidarietร  con gli altri, uguali a noi.

A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose