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Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 2 Marzo 2025

Domenica 2 Marzo 2025 - VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 6,39-45

Coltivare il cuore

La metafora del frutto e dellโ€™albero รจ comune alla prima lettura Siracide (Sir 27,4-7) e al Vangelo (Lc 6,39-45), in particolare per alludere al rapporto tra cuore e parola, dove il parlare diviene rivelazione di ciรฒ che vi รจ nel profondo del cuore. La parola unisce cuore e bocca, ovvero, interno ed esterno, invisibile e visibile, silenzioso e udibile ed รจ ponte gettato tra me e lโ€™altro, e poichรฉ ci sono parole di vita e parole che producono morte e sofferenza. Le parole poi rivelano la qualitร  del cuore, la sua intenzione, sicchรฉ ne risulta la necessitร  di coltivare il cuore. Lโ€™idea di coltivazione del cuore mi pare un insegnamento essenziale che emerge da questi testi: essa riprende lโ€™immagine dellโ€™albero (Sir 27,6; Lc 6,43-44), che spesso nella Bibbia simboleggia lโ€™essere umano.

La prima lettura รจ tratta dal libro del Siracide, un testo afferente alla letteratura sapienziale. Biblicamente, la sapienza รจ un sapere pratico che mira alla conoscenza dellโ€™umano e allโ€™apprendimento dellโ€™arte della vita. E dellโ€™umano fa parte essenziale la parola, il cui esercizio รจ fondamentale perchรฉ โ€œmorte e vita sono in potere della linguaโ€ (Pr 18,21). Ecco dunque lโ€™affermazione di fondo del nostro testo: il parlare, il conversare (loghismรฒs, in greco), รจ la prova degli uomini (vv. 5.7). La parola svela la persona. In particolare, sottolinea il nostro testo, il parlare fa emergere i difetti di una persona: come un setaccio, quando viene scosso, lascia cadere le scorie, cosรฌ, nel parlare degli uomini emergono i loro difetti.

In veritร  i termini usati da Siracide nel v. 4 sono piรน grevi e significano sterco, letame (koprรญa) e immondizia, rifiuti (skรฝbala). Analoga immagine troviamo nel v. 5 dove viene istituito il paragone tra il parlare e il lavoro del ceramista: come il forno mette alla prova i vasi – essi cioรจ devono passare attraverso la fornace per emergere nella loro forma – cosรฌ lโ€™attivitร  di parola รจ la prova degli uomini, che emergono nella loro qualitร  e vengono visibilizzati per ciรฒ che sono realmente. Ulteriore immagine utilizzata dallโ€™autore del Siracide รจ quella dellโ€™albero e del suo frutto. Il frutto dellโ€™albero manifesta come รจ stato coltivato lโ€™albero. Cosรฌ la parola appare come frutto del cuore, ovvero come epifania, svelamento dei pensieri del cuore. E il v. 7 ribadisce questa idea consigliando di non affrettarsi a lodare gli uomini prima di averli sentiti parlare. Non deve stupire questa insistenza sul tema della parola perchรฉ รจ tipica di tutta la tradizione sapienziale, non solo biblica. In un testo egiziano si dice: โ€œSii un artista della parolaโ€.

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In effetti, quando parliamo, e di qualsiasi argomento trattiamo,ย sempre parliamo a partire da noi stessi e parliamo di noi. La parola รจ intimamente legata al nostro corpo e alla nostra anima, alla nostra biografia e alle nostre ferite. La parola รจ anche forma di esplicita consegna di noi allโ€™altro: la parola ci mette a nudo perchรฉ viene dal cuore, svela qualcosa della nostra interioritร . Atto di comunicazione elementare e imprescindibile, la parola รจ dunque una responsabilitร : una volta pronunciata, essa appartiene a chi lโ€™ha ascoltata. Parlare ha una dimensione etica evidente almeno a tre livelli: rispetto per lโ€™altro (a cui si parla), rispetto per la parola (che viene pronunciata), rispetto per se stessi (cioรจ, per il parlante: dire รจ sempre dirsi).ย 

La parolaรจ ciรฒ che fa di noi degli esseri umani. Per lโ€™uomo venire al mondo รจ accedere alla parola, prendere la parola. Con essa lโ€™essere umano si situa in rapporto al reale: tra sรฉ e il mondo lโ€™uomo interpone la rete delle parole e cosรฌ egli nomina il mondo, lo conosce, lo elabora, lo significa e puรฒ abitarlo. Questo legame originario tra parola e umano spiega perchรฉ la letteratura sapienziale accordi tanta importanza al tema. In tempi di strame della parola, di inflazione e abuso della parola cosรฌ che essa viene svuotata dallโ€™interno, di idolatria della comunicazione che svilisce la parola riducendola a mero strumento comunicativo smarrendo il senso del suo essere ciรฒ che ci consente di essere noi stessi, di relazionarci agli altri e di abitare in societร  e nel mondo, puรฒ essere utile rileggere alcuni passaggi sapienziali che svelano i difetti del parlare, il parlar male, il male-dire.

Chi esagera nel parlare arriva a essere detestato da tutti, a essere sentito come insopportabile perchรฉ โ€œvuole imporsi a tutti i costiโ€ (Sir 20,8). Infatti, โ€œnel molto parlare non si sfugge al peccatoโ€ (Pr 10,19): nel troppo parlare si va incontro alla dissipazione di sรฉ. Siracide mette in guardia in particolare contro calunniatori e menzogneri (Sir 28,13-16). โ€œNon seminare menzogne contro tuo fratello … Non ricorrere mai alla menzogna: รจ unโ€™abitudine che non porta alcun beneโ€ (Sir 7,12-13). La menzogna svela la mancanza di dignitร  umana del mentitore, oltre a mostrare la sua mancanza di rispetto per lโ€™altra persona e il disprezzo per la parola stessa profanata nella sua sacralitร .

La parola esercita un potere su chi la pronuncia: non รจ vero che noi siamo sempre padroni di ciรฒ che diciamo. La parola menzognera arriva a impadronirsi del menzognero e lo porta lร  dove lui non vorrebbe. E la menzogna รจ il meccanismo piรน potente che arriva a dominare chi mentendo intende controllare la realtร , ricrearla, manipolare gli altri, indurli a credere ciรฒ che lui vuole. Si abusa della parola per abusare delle persone a cui si parla. Ogni abuso si fonda sempre sullโ€™abuso della parola: si rende la parola uno strumento di potere. Quanto poi al parlare volgare, il Siracide avverte che diventa unโ€™abitudine da cui non ci si libera e che ci rende sgradevoli agli altri: โ€œNon abituare la tua bocca a grossolane volgaritร  โ€ฆ Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi non si correggerร  in tutta la sua vitaโ€ (Sir 23,13.15).

Ma veniamo al testo evangelico che si chiude con lโ€™affermazione che fa eco al testo del Siracide sulle parole come rivelatrici del cuore e che dice: โ€œla bocca esprime ciรฒ che dal cuore sovrabbondaโ€ (Lc 6,45). La pericope lucana riunisce diversi detti di Gesรน che, nei vv. 39-42 trovano una certa unitร  intorno al tema dellโ€™occhio, del vedere e della cecitร , dunque del discernere, mentre nei vv. 43-45 le parole sul frutto da cui si riconosce – si โ€œvedeโ€ – lโ€™albero introducono la frase sulle parole che rivelano il cuore, ovvero sulla parola come ciรฒ che visibilizza e fa vedere il profondo dellโ€™uomo. Un buon discernimento deve prestare molta attenzione alle parole che uno pronuncia, a come le pronuncia, a come le accompagna con il corpo e con le emozioni (in sintonia o in dissonanza) e anche a ciรฒ che tace. Gesรน rivolge queste parole in particolare ai discepoli: esse dunque riguardano la vita ecclesiale. Il detto sul cieco che guida un altro cieco (Lc 6,39) va letto nella scia delle parole di Gesรน โ€œnon giudicate e non sarete giudicatiโ€ (v. 37).

Ma chi รจ questa guida cieca? Possiamo pensare a responsabili ecclesiali non allโ€™altezza, ma forse il discorso riguarda ogni cristiano e allora il senso รจ dato dai vv. 41-42, ovvero dal detto che parla di pagliuzza e trave nellโ€™occhio. Cieco รจ colui che crede di vedere, che pretende di curare i difetti degli altri, senza accorgersi di nutrirne egli stesso di ancora piรน gravi. Lโ€™unica critica credibile nasce da unโ€™autocritica. E lโ€™unico intervento โ€œterapeuticoโ€ sensato e con qualche speranza di successo, nasce da chi ha riconosciuto se stesso come malato, ha visto la propria carenza, conosciuto lโ€™umiliazione della condizione menomata e ha accettato di lasciarsi curare. Per poter aiutare realmente lโ€™altro occorreย fare la veritร  in se stessi. La libertร  che nasce dal โ€œfare la veritร โ€ (cf. Gv 8,32) รจ la condizione dellโ€™autenticitร  del nostro intervento di aiuto presso lโ€™altro.

Altrimenti, senza questa operazione, vedere il difetto dellโ€™altro e aiutarlo a disfarsene diviene ciรฒ che ci consente di non riconoscerlo in noi. E cosรฌ restiamo ciechi e non liberi. In questo contesto, il detto sul discepolo ben preparato (Lc 6,40) si riferisce al discepolo che dal maestro ha appreso a vedere i propri difetti. Lโ€™opera di coltivazione del cuore, cioรจ della propria umanitร , passa attraverso la presa di coscienza dei propri precisi limiti e delle proprie peculiari negativitร . Un buon maestro, un maestro che dunque esercita una vera generativitร  nei confronti degli allievi, deve trasmettere, quasi trasfondere nel discepolo questa coraggiosa umiltร . Dice il testo: โ€œUn discepolo non รจ sopra il maestro; ma ognuno,ย compiuta la sua formazione, sarร  come il suo maestroโ€ (Lc 6,40). Il verbo impiegato,ย katartรญzo, รจ usato nel linguaggio marinaro per indicare lโ€™equipaggiare una nave, o in ambito medico per indicare il ristabilire, in mettere in forma. Qui si tratta di dare una formazione, di equipaggiare chi intraprende la vita cristiana, di fornirgli gli strumenti basilari per poter abitare il mondo custodendo la fede. E allora, come lโ€™albero buono si vede dai frutti buoni che porta, cosรฌ la buona formazione si vedrร  dai frutti: che sono certamente le opere che uno compie, ma anche le parole che pronuncia, perchรฉ, appunto, โ€œla bocca esprime ciรฒ che dal cuore sovrabbondaโ€ (Lc 6,45).

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Per gentile concessione del Monastero di Bose

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