Lโappartenenza di Gesรน
Poichรฉ in questโanno 2025 il giorno 2 febbraio, celebrazione della Presentazione di Gesรน al Tempio esattamente quaranta giorni dopo Natale, cade di domenica, รจ questa festa che viene ricordata dalle letture bibliche della liturgia eucaristica e, in particolare, dal brano evangelico di Luca 2,22-40. Dopo le domeniche in cui la liturgia ci ha condotto a contemplare il Gesรน che fu battezzato da Giovanni e che, โcirca trentenneโ (Lc 3,23), iniziรฒ il suo ministero e insegnava con autorevolezza nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,16-21), ora siamo ricondotti al Gesรน che, ad appena quaranta giorni dalla nascita, viene portato al tempio dai genitori per essere presentato al Signore (cf. Lc 2,22).
Il testo mette discretamente in luce alcuni momenti del processo educativo e di crescita di Gesรน (Lc 2,40: โil bambino cresceva e si fortificavaโ) a cui concorre lโambiente famigliare, โi suoi genitoriโ (Lc 2,41) Mirjam e Josef, ma anche il contesto culturale e religioso. Dopo essere stato circonciso a otto giorni dalla nascita (Lc 2,21), viene portato al Tempio di Gerusalemme in occasione della purificazione della madre โsecondo la Legge di Mosรจโ (Lc 2,22; Lv 12,2-4). Luca specifica che i genitori offrono in sacrificio, โcome prescrive la Legge del Signoreโ (Lc 2,24), una coppia di tortore o di giovani colombi: si tratta dellโofferta che fanno i poveri che non possono permettersi di acquistare un agnello (Lv 12,8).
La letteratura rabbinica ne parlava come dellโโofferta del poveroโ (qorbanย cani). Piรน avanti si dirร che i suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua (Lc 2,41). Ovvero: quando Gesรน viene alla luce viene accolto da istituzioni, riti, parole e gesti elaborati dalla cultura e dalla fede del popolo dโIsraele. Gesรน entra nel tempo, ma questo tempo รจ misurato, scandito (โquando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione โฆ quando furono compiuti i giorni della loro purificazione ritualeโ), messo a servizio di unโiniziazione. Cosรฌ, a otto giorni dalla nascita, come prescrive il Levitico, Gesรน viene circonciso, conosce quel gesto che simbolizza la sua appartenenza al popolo dellโalleanza; al bambino viene imposto il nome proprio che simbolizza la sua vocazione personalissima, il suo inserimento nelle relazioni famigliari e sociali, nelle relazioni intraumane. Quindi, a quaranta giorni dalla nascita, viene presentato al Signore nel Tempio: in realtร nessun precetto obbligava a presentare al Tempio il figlio primogenito.
- Pubblicitร -
Tuttโal piรน questa azione era raccomandata alla pietร dei fedeli: Nee 10,36-37 parla di โportare ogni anno al Tempio del Signore le primizie del nostro suolo e le primizie di ogni frutto di qualunque pianta, come anche i primogeniti dei nostri figli e del nostro bestiame grosso e minutoโ. Il gesto indica dunque la pietร dei genitori di Gesรน e, per Luca, assume un valore rivelativo che gli consente di conferire anche a questo episodio in cui Gesรน รจ un infante completamente dipendente dagli altri, una portata cristologica. I genitori di Gesรน, portandolo al Tempio e vivendo essi stessi lโobbedienza alla Torah e la sottomissione al Signore, gli fanno vivere la fedeltร che egli vivrร in prima persona, in futuro, allโinterno della sua personalissima vocazione.
Ancheย Giuseppe e Maria preparano la via del Signore: con la loro fede, con il loro amore, con la loro giustizia, con la loro obbedienza. Dunque, sottolinea il passo di Luca, Gesรน entra nella realtร e la realtร che lo accoglie รจ simbolica, รจ intessuta da fili che sono gesti e parole, leggi e riti, costumi e tradizioni che attestano e fanno emergere la valenza simbolica del mondo. Cioรจ, che il mondo รจ piรน del mondo, che il corpo รจ piรน del corpo; ovvero che il mondo non รจ solo, che il corpo non รจ solo, che lโuomo non รจ solo. Gesรน entra nel mondo e la rete di simboli culturali e religiosi, rituali e cultuali che lo accoglie, lo fa sentire chiamato, interpellato, immesso in relazioni, appartenente.
Anche Gesรน accede alla parola perchรฉ altri gli parlano e gli hanno parlato; anche Gesรน conosce lโiniziazione alla vita e alle relazioni attraverso la simbolicitร del reale. Simbolicitร che in questa pagina di Luca dice essenzialmenteย lโappartenenza: Gesรน appartiene al popolo dโIsraele; Gesรน appartiene a una famiglia precisa; Gesรน appartiene a Dio. Questa dimensione cristologica del testo รจ enfatizzata dalle parole sia di Simeone (Lc 2,29-32) che di Anna (Lc 2,38) che discernono e profetizzano la sua vocazione messianica.
- Pubblicitร -
Il cuore dellโepisodio evangelico รจ costituito dallโincontro tra il neonato e due persone anziane, Simeone, ormai prossimo alla morte, e Anna, di ottantaquattro anni. Come i genitori di Gesรน, anche Simeone e Anna sono persone semplici, pure, pulite, animate da una fede limpida. Il testo non lo esplicita, ma suppone che sia avvenuto il passaggio del bambino dalle braccia materne (immaginando che fosse Maria a tenerlo in braccio) a quelle di Simeone (Lc 2,27-28) e questo gesto passato sotto silenzio dice anchโesso dellโumanitร semplice di questo incontro. In esso ciรฒ che prevale รจย lโumano, il buon senso che pone lโumano al primo posto, lโumano come fine dei riti e delle usanze religiose, lโumano come luogo e finalitร dellโazione dello Spirito (e Simeone รจ โmosso dallo Spiritoโ: Lc 2,27).ย
E tutto avviene nel quadro di un incontro umano, non di un rito. Prima dellโazione liturgica prevista, fuori da un quadro cultuale, in un contesto spaziale del Tempio in cui anche le donne potevano entrare, avviene lโincontro tra la madre e il padre di Gesรน e lโanziano profeta. In veritร unย profeta nascosto. Un profeta quotidiano, cioรจ un uomo di fede e di speranza, un uomo di preghiera, un uomo abitato dallo Spirito di Dio, ma senza la popolaritร e la notorietร , certo spesso a caro prezzo, ma comunque reali, e con aspetti gratificanti, di diversi profeti. Un profeta nascosto che non si manifesta in pubblico, che viene quasi โscovatoโ, fatto uscire allo scoperto, rivelato da Gesรน stesso.
E lโincontro piรน significativo รจ proprio quello tra Simeone e Gesรน, tra lโanziano e il neonato, tra colui che si prepara alla morte e colui che si apre alla vita, tra colui che la vita ha attraversato e colui che sta salpando per il viaggio. ร lโincontro di due debolezze: la debolezza dellโanziano e la debolezza dellโinfante. Allโimpotenza del bambino corrisponde la non volontร di possesso da parte dellโanziano, il non voler avere un potere su di lui, ben espresso da un quadro di Rembrandt, un quadro che restรฒ incompiuto e che rappresentava proprio Simeone e il bambino Gesรน.
E rinviamo il lettore alla contemplazione del quadro di Rembrandt come migliore esegesi del nostro testo. Questo quadro, dipinto da un Rembrandt ormai vicino alla morte e che presta il proprio volto a Simeone (dipingendo Simeone, Rembrandt fa un autoritratto), mostra la delicatezza dellโanziano. Il bambino รจ deposto sulle sue braccia stese in avanti ma egli non stringe il piccolo, le sue mani che spuntano da sotto il bambino in fasce, sono tese in avanti, aperte, non stringono il corpicino, ma quasi lo presentano, lo consegnano. Inoltre, Simeone ha la bocca semiaperta come se stesse bisbigliando parole a bassa voce, forse sussurrando una preghiera, e gli occhi, che hanno visto la salvezza, sono pressochรฉ totalmente chiusi.
Debolezza dunque declinata come delicatezza, come volontร di non trattenere colui che รจ destinato a illuminare le genti (Lc 2,32), sguardo pudico, trattenuto, di chi puรฒ ormai chiudere gli occhi, e chiuderli per sempre, perchรฉ lโessenziale รจ stato visto. E due fasci di luce illuminano il viso dellโanziano e il volto e il corpo del bimbo che emergono dalla penombra circostante. Ha scritto uno storico dellโarte commentando questo quadro: โAlla sera della sua vita, quando Rembrandt ha sentito risuonare nel suo cuore ilย Nunc dimittis, quando ha cantato il cantico di Simeone da uomo che sa che cosโรจ la luce e che cosโรจ lโombra, la chiaroveggenza e la cecitร , la vita e la morte, questo canto risuona in una solitudine che รจ quella dellโanima davanti a Dio. Tutto รจ compiuto. Quel che doveva essere fatto รจ stato fatto. Ciรฒ che era stato annunciato รจ stato realizzato. Colui che, infine, ha ricevuto lโeternitร , e che la tiene tra le sue braccia, puรฒ restituire al Creatore la forma che ha appena compiuto. Non vi รจ piรน materia, non vi รจ quasi piรน forma.
La luce sacra ha cosรฌ imbevuto questa sostanza che tutto ciรฒ che non รจ luce รจ stato distrutto o consumato. ร bene che il quadro sia rimasto incompiuto. Perchรฉ โogni esistenza non si compie che nellโinfinitoโ (Marcel Brion). Dunque, lโincontro di due debolezze. Ma che differenza tra le due! La debolezza del neonato รจ una nuditร rivestita da altri; la debolezza dellโanziano รจ quella di chi si spoglia. La prima รจ la debolezza di chi รจ ignaro della vita, la seconda di chi la vita lโha solcata e ne รจ restato segnato. E proprio gli occhi che hanno visto e le braccia che hanno sorretto il bambino, nel quadro di Rembrandt sono, i primi pressochรฉ chiusi, a non profanare, a rispettare, e le seconde aperte, a non trattenere. Ilย pudoreย avvolge totalmente la figura di Simeone, la volontร di non esercitare potere su altri lo abita. Simeone รจ oltre questi atteggiamenti di possesso e di controllo che cosรฌ spesso appassionano tanti uomini, anche tanti uomini di chiesa, rendendoli uomini di potere, non di fede, di abuso, non di cura.
Per gentile concessione del Monastero di Bose