La risposta dellโamore
La prima lettura (Lv 19,1-2.17-18) afferma che dalla santitร di Dio discende il comando di amare il prossimo come se stessi: โSiate santi, perchรฉ io, il Signore vostro Dio, sono santo โฆ Amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signoreโ (Lv 19,2.18). Il vangelo afferma che dalla perfezione di Dio sgorga il comando di amare il nemico e che in questo amore il credente partecipa della perfezione di Dio: โSiate perfetti comโรจ perfetto il Padre vostro celeste โฆ amate i vostri nemiciโ (Mt 5,48.44). Cercando di vivere quellโincredibile e quellโinaudito che รจ lโamore per il nemico, il credente trova la sua maturitร , la sua teleiosis, la sua compiutezza e pienezza (perfezione in questo senso) cristiana. I testi propongono unโetica teologale, unโetica che trova il suo fondamento nellโagire di Dio in favore dellโuomo. Il criterio etico che orienta lโagire umano puรฒ essere espresso cosรฌ: โCome Dio ha agito verso di te, agisci anche tu verso gli altriโ. In questo modo, non solo viene superato il livello della vendetta, del โfai anche tu allโaltro ciรฒ che egli ha fatto a teโ, ma viene fondato e reso praticabile lโamore del nemico grazie alla fede in Cristo che ha amato anche i nemici (cf. Rm 5,10).
Lโamore richiesto dallโAT come dal vangelo comporta un lavoro della persona su di sรฉ. ร cosรฌ che lโโamoreโ si arricchisce di un contenuto e riceve una forma. Il realismo biblico dice che amare non รจ immediato nรฉ naturale: non รจ affatto vero che amare sia per ciascuno una realtร immediatamente disponibile e praticabile. Il passo del Levitico esorta a non covare odio nel cuore contro il fratello (Lv 19,17), a non serbare rancore contro di lui e ad astenersi dalla vendetta (Lv 19,18). Per dare una realizzazione pratica allโamore occorre prendere una distanza da sรฉ, ascoltare e leggere se stessi, il proprio cuore e decidersi in un senso invece che in un altro. Maturitร รจ dare ordini a se stessi e obbedirvi. Ovvero, essere capaci di determinarsi a volere il bene e non il male. Il vangelo sa che ci รจ piรน facile amare chi ci ama, stare insieme alle persone con cui stiamo bene, salutare solo chi ci piace e ci รจ simpatico, sa che noi tendiamo a scegliere coloro con cui stare escludendo altri (Mt 5,46-47), e il vangelo annovera questi comportamenti, ai nostri occhi cosรฌ naturali, giusti, sensati, indiscutibili (e infatti li pratichiamo quotidianamente) in quella giustizia di scribi e farisei che egli esorta a superare (Mt 5,20). Gesรน definisce questi atteggiamenti come un comportamento pagano, non evangelizzato: โNon fanno cosรฌ anche i pagani?โ (Mt 5,47). Soprattutto questo significa attenersi a un piano di naturalitร nei rapporti con gli altri che esime dal lavorare su di sรฉ e fa prevalere la dimensione carnale, come direbbe Paolo.
Dalle letture emerge anche il confronto con la possibilitร della violenza. La Bibbia, specchio dellโumano, sa che anche il credente รจ capace di odiare e che spesso cela lโodio nel proprio cuore e lo dissimula (Lv 19,17-18). Gesรน riconosce che esistono comportamenti malvagi e violenti che abitano i rapporti quotidiani tra conoscenti, amici, famigliari: dare uno schiaffo non รจ certo uccidere una persona, ma che cosa abita nel cuore di colui che dร lo schiaffo? Il quotidiano รจ attraversato dalla violenza che si esprime in scatti dโira incontrollati e che puรฒ condurre a picchiare lโaltro (Mt 5,39). Nel quotidiano cโรจ la violenza di chi vuole sottrarre allโaltro ciรฒ che รจ suo (v. 40). Cโรจ la violenza dellโabuso, della manipolazione e della coercizione, la violenza di chi conduce lโaltro a fare ciรฒ che si pretende da lui (v. 41); cโรจ la violenza dellโinsistenza, della pressione, dellโassillare lโaltro, di pretendere (v. 42). Lโamore maturo รจ realistico e sa di essere unโopzione, una decisione, non un fato; sa di essere debole, minacciato da una naturalitร di odio e avversione che puรฒ sempre esplodere. Maturitร di amore implica il riconoscimento della violenza di cui siamo capaci per vederne le radici in noi e superarle in Cristo. E implica la capacitร di vedere la violenza degli altri senza opporle una risposta analoga e contraria (โNon rendete a nessuno male per male โฆ Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il beneโ: Rm 12,17.21): cedere alla tentazione di rispondere al male con il male sarebbe dichiararsi vinti dalla logica potente del male e lasciarsi trascinare nella spirale della violenza. La compiutezza di amore a cui Gesรน invita, prevede che uno riconosca il male che gli viene inferto ma che questo non lo conduca a rompere la relazione. Opponendo una logica โaltraโ a quella del male, il credente mostra la sua libertร e offre unโalternativa anche a colui che lโha offeso e ferito. Gli mostra una possibilitร altra di vivere e agire. La vendetta per il male subito sarebbe solo una reazione, mentre una risposta altra, dellโordine della mitezza e del bene, รจ unโazione, รจ una parola altra che non imita lโagire del malvagio divenendone succube, ma pone unโalternativa. Analogamente una risposta cattiva a un agire cattivo sarebbe meramente speculare: il male dimostrerebbe di essere piรน forte del bene. Che fare dunque del male ricevuto? Il male ricevuto puรฒ divenire occasione di conoscenza del proprio cuore, dei sentimenti tuttโaltro che nobili che spesso vi albergano e riconoscimento del profondo bisogno di evangelizzazione del proprio cuore. E allo stesso tempo puรฒ diventare occasione di presa di coscienza delle meschinitร e miserie che abitano il cuore di tanti, delle sofferenze non curate e delle ferite non rimarginate che sono allโorigine di tanti comportamenti violenti e distruttivi. Sappiamo bene come comportamenti aggressivi possano nascere da traumi subiti e da dolori non addomesticati. Di fronte al male ricevuto, Gesรน chiede di agire altrimenti, di decidere se stessi in maniera evangelica, di agire avendo davanti agli occhi non il principio della ripicca e della ritorsione, ma di scegliere come proprio habitat il vangelo. Non si tratta di prendere alla lettera le indicazioni di Gesรน che sono espresse nel modo del paradosso: porgere lโaltra guancia a chi ti percuote con uno schiaffo, lasciare anche il mantello a chi vuole sottrarti la tunica, fare liberamente due miglia con colui che ti obbliga a farne uno (Mt 5,39-41). Nel primo caso abbiamo il superamento della mentalitร giuridica espressa nella legge del taglione; nel secondo caso siamo di fronte a una lite giudiziaria; infine, il terzo caso presenta una corvรฉe che normalmente i soldati occupanti romani imponevano ai locali (si pensi a Simone di Cirene costretto a portare la croce di Gesรน: Mt 27,32). Lโinvito di Gesรน รจ a entrare nella volontร del violento con linguaggio e atteggiamento pratico assolutamente non violento. ร una risposta che apre unโalternativa, che spezza logiche che potrebbero sembrare ferree e inaggirabili. Lโamore dei nemici chiesto da Gesรน afferma che non lโodio e la violenza hanno lโultima parola, ma che รจ possibile vincere la potenza della nostra istintualitร , cosรฌ come della nostra banalitร che ci spinge a urlare per aver ragione, a non ascoltare per non essere infastiditi, a troncare le relazioni con gli altri per farla loro pagare, a reagire con il male al male che ci รจ stato fatto. Tutto questo rientra nellโimpegnativo programma che va sotto il titolo: amare il nemico.
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Anzi possiamo aggiungere ancora qualche altro elemento che rientra nellโarticolato lavoro su di sรฉ che lโamore per il nemico comporta. Anzitutto: rinunciare alla vendetta. Quindi riconoscere che si sta soffrendo la situazione di inimicizia. Il famigliare o lโamico che diventa nemico รจ un dolore lancinante e spesso anche un enigma (Sal 55,13-15; Sir 6,1.9). La sofferenza che si patisce รจ preludio alla possibilitร di un cambio di atteggiamento verso di lui: un atteggiamento non dipendente e improntato a rivalsa, ma libero e improntato a benevolenza. Occorre anche riconoscere la collera che ci abita e che si manifesta in pulsioni e sentimenti, discorsi e pensieri interiori contro colui che si รจ fatto nostro nemico. La collera รจ rivelazione di noi, non solo denuncia dellโaltro. Ascoltarla ci aiuta a cogliere le nostre zone di maggiore vulnerabilitร e puรฒ portarci ad addomesticarla e a volgerla in energia positiva e vitale. Poter parlare con qualcuno della situazione dolorosa di inimicizia che si sta vivendo รจ importante per prendere un certo potere su una situazione che rischia di sfuggirci di mano. E puรฒ aiutare il faticoso percorso verso la comprensione dellโaltro e della sua inimicizia. Comprensione che non significa giustificazione, ma cambiamento del nostro sguardo su di lui per coglierlo non solo come colui che mi ha fatto del male, ma come un figlio di Dio e un fratello che il male ha allontanato da me.
Questa base di dialogo interiore, di fatica profonda, di sofferenza intima, costituisce il fondamento dellโamore per il nemico. Cioรจ, del convincimento che ci porta a compiere gesti di apertura e di โbeneโ per lโaltro. Purtroppo la realtร presenta una quantitร di situazioni infinitamente piรน articolate e complesse in cui oltre ai due entrano un terzo, un quarto, o altri ancora, o gruppi umani, e in cui si manifestano atteggiamenti di rifiuto, di non trasparenza, di menzogna che rendono quasi impossibile percorrere una via di comprensione. Perchรฉ si possa arrivare a dare una qualche forma di praticabilitร al dettato evangelico dellโamare il nemico, occorre che esista una base, pur minima, di fiducia. Ma spesso lโinimicizia esprime proprio la morte della fiducia. E allora, la scalata verso la vetta dellโamore per il nemico si fa ancora piรน improba.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose