La presenza del Signore
Nella terza domenica del tempo pasquale noi contempliamo lโapparizione del Risorto ai discepoli riuniti a Gerusalemme, contempliamo il suo farsi presente in mezzo a loro per donare loro la sua pace. Quella pace che nasce solo dalla coscienza della sua presenza. Credere il Risorto รจ crederne ed esperimentarne la presenza. Sรฌ, questa รจ la fede cristiana, questa รจ la fede pasquale: credere la presenza del Signore.
Il testo evangelico si apre riportando la conclusione dellโepisodio dei due discepoli di Emmaus che, incontrato Gesรน e riconosciutolo come Risorto dopo che aveva spezzato il pane e spiegato le Scritture, ritornano a Gerusalemme dove trovano riuniti โi Dodici e gli altri che erano con loroโ (Lc 24,33) che annunciavano il Cristo risorto. Luca suggerisce che รจ la comunitร il luogo dove si conosce e celebra la resurrezione, ma se i due di Emmaus sono solo destinatari e ascoltatori di questo annuncio (โDavvero il Signore รจ risorto ed รจ apparso a Simoneโ: Lc 24,34), essi possono riunirsi attivamente al gruppo mediante il racconto di ciรฒ che hanno vissuto: โEssi narravano ciรฒ che era accaduto lungo la via e come lo avevano riconosciuto nello spezzare il paneโ (Lc 24,35).
Questo รจ il versetto con cui inizia la pericope odierna. La fede pasquale รจ annunciata con il kerygma, ma anche narrata con la diรฉghesis: annuncio e racconto, kerygma e diรฉghesis sono le due forme con cui il credente dร ragione del suo incontro con il Risorto e lo incontra realmente. Anche lo smarrimento, la de-vocazione, la confusione in cui sono caduti i due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), anche la loro perdita di speranza, la loro disillusione vengono ora recuperati mediante la narrazione che ha al suo cuore ciรฒ che รจ accaduto lungo la via, ovvero la venuta inopinata ma realissima del Signore. Ed รจ proprio mentre i due discepoli stanno narrando la loro vicenda che Gesรน in persona stette in mezzo a loro. Il Cristo si fa presente nellโannuncio ma anche nel racconto. Quasi a dire una valenza sacramentale della narrazione, capace di rendere presente il Signore stesso e di rendere partecipi dellโevento narrato coloro che ascoltano la narrazione.
Eppure, tutti quanti i presenti non accedono alla fede nel Risorto. Tanto coloro che giร annunciavano la resurrezione tanto quelli che lโavevano riconosciuto nello spezzare il pane non credono alla sua presenza. Come ogni comunitร cristiana, anche quella dei Dodici unisce proclamazione di fede e dubbio, gioia pasquale e non fede. Addirittura Luca scrive che โper la gioia non credevanoโ (Lc 24,41). Non basta neppure che Gesรน sia visto, ascoltato, toccato e che mangi davanti a loro perchรฉ i discepoli giungano alla fede: occorrerร ancora lโapertura della loro mente allโintelligenza delle Scritture. Senza le Scritture non si dร fede pasquale. Non รจ sufficiente toccare il corpo del Risorto: Cristo deve essere incontrato nel corpo scritturistico e allora nasce la fede pasquale che lo confessa quale realizzatore del disegno di salvezza del Padre. Scrive Ugo di san Vittore: โLa parola di Dio rivestita di carne umana รจ apparsa una sola volta in modo visibile e ora questa medesima Parola viene a noi nascosta nella pagina scritturistica e nella voce umana che la proclamaโ. Ed ecco che ancora una volta Gesรน condivide con i suoi discepoli il cibo e poi apre la loro mente alla comprensione delle Scritture svegliando anche la loro memoria: โSono queste le parole che vi dissi quando ancora ero con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me
nella legge di Mosรจ, nei Profeti e nei Salmiโ (Lc 24,44). Lโintero ultimo capitolo del terzo vangelo รจ centrato sullโaffermazione dellโimportanza centrale delle Scritture per accedere alla fede pasquale. Occorre ricordare le Scritture (Lc 24,6.8), credere alle Scritture (Lc 24,25), comprendere le Scritture (Lc 24,45).
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Se poi le Scritture si sintetizzano nel mistero pasquale e tale mistero รจ il compimento delle Scritture, in veritร anche la missione e la predicazione della chiesa sono vitalmente innestate nella testimonianza delle Scritture, nel Primo Testamento: โCosรฌ sta scritto: il Cristo dovrร patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemmeโ (Lc 24,46-47). Fondata sullโevento pasquale, la chiesa trova nelle Scritture, nellโAntico Testamento, la testimonianza e la profezia di quellโevento e anche del suo stesso essere. โDi questo voi siete testimoniโ: di questo e non di altro, si potrebbe aggiungere. Gesรน afferma che il compimento delle Scritture รจ il suo corpo crocifisso e risorto. E cosรฌ, sia la sua parola che il suo corpo indicano al credente la via dellโintelligenza al mistero pasquale di Cristo. Lโapertura che Gesรน attua รจ apertura della mente (Lc 24,45), del cuore (At 16,14), degli occhi (Lc 24,31) perchรฉ il mistero pasquale รจ mistero dellโamore che vince la morte e conduce lโuomo ad amare con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze, con tutta la propria persona. La Scrittura illumina il corpo di Cristo e questo illumina il corpo del credente e della comunitร cristiana rendendoli capaci di amore. Quellโamore che si manifesta come coraggio di conversione, di cambiamento e come accoglienza della remissione dei peccati e perdono reciproco. Di questo voi siete testimoni: la parola รจ rivolta a noi. ร il nostro compito. Ma essere testimoni del Risorto significa anche essere testimoni delle Scritture. Il termine mรกrtys (testimone) proviene da una radice che significa โpensareโ, โricordarsiโ, โessere preoccupatoโ. Il testimone รจ anzitutto colui che medita e ricorda la Scrittura che parla di Cristo (โle cose scritte su di me nella Leggeโฆโ: Lc 24,44). Da lรฌ nasce la missione come connotata da richiesta di conversione e annuncio della misericordia di Dio e della remissione dei peccati (cf. Lc 24,47). Ma si tratta di una testimonianza che la chiesa puรฒ dare solo se animata da โquello che il Padre mio ha promessoโ (Lc 24,49), cioรจ lo Spirito santo. ร una testimonianza il cui soggetto รจ lo Spirito santo attraverso e nella chiesa. Cosรฌ la Scrittura e lo Spirito santo, nella loro reciprocitร , radicano la chiesa nellโevento pasquale e ne vivificano la testimonianza e lโannuncio rinnovandolo sempre nella storia e nel tempo.
Ma forse il testo evangelico ci suggerisce anche altro. Il Risorto che si fa presente in mezzo ai discepoli non si fa riconoscere dal volto, ma dalle mani e dai piedi, cioรจ dagli arti trafitti nella crocifissione. Gli arti che portano i segni dei chiodi. Il Risorto mostra la carne umana ferita, che รจ stata oggetto di violenza e di ingiustizia. Questo รจ ciรฒ che lโincarnazione ha dato a Dio: lโumana esperienza della sofferenza, dellโessere vittima, della morte. In Cristo, Dio ha fatto esperienza dellโuomo nella sofferenza fino alla morte e alla morte di croce. Ormai il Cristo va toccato, va cercato a tastoni nella carne umana posta sotto il segno molteplice e multiforme del male, della sofferenza, dellโessere vittima. Il volto del risorto va ormai riconosciuto nei volti dei tanti poveri, oppressi, perseguitati, sofferenti e vittime della storia. Ecco quando il Cristo non รจ piรน uno spirito (โUn fantasma โ lett. spirito, pneรปma, spiritus โ non ha carne e ossa, come vedete che io hoโ: Lc 24,39), quando il cristianesimo non รจ unโalienazione, una fuga spiritualistica, proprio quando prende sul serio e assume il dolore del mondo, il male dellโuomo, la sofferenza, lโingiustizia che attraversa la storia e devasta le vite. Ma proprio allora il credente scopre che la sua ricerca รจ anchโessa a tastoni, come quella del non-credente, come quella delle genti che โcercano Dio a tastoniโ. Al paradosso del Crocifisso-Risorto che ha arricchito la vita di Dio con la povertร , la sofferenza, le piaghe dellโuomo, deve rispondere il paradosso del cristiano che fa esperienza di Dio nellโincontro con il sofferente, nel volto del disperato, della vittima dellโingiustizia. Ecco il paradosso che il vangelo odierno chiede al credente: confessare il Risorto, credere il Dio che salva, il Dio della vita, mentre vediamo e tocchiamo la carne sofferente, piagata e umiliata dellโuomo. Anche la fede, a quel punto, รจ ricerca a tastoni, e lโesperienza pasquale non รจ luce abbagliante che sconfigge le tenebre, ma spiraglio luminoso in un continuum di oscuritร , รจ esperienza di tenebra che non riesce a sconfiggere la luce, รจ alternanza di luce e tenebra. A quel punto, la fede รจ domanda piรน
che risposta, non รจ arrogante certezza, ma ricerca umile, segnata dallโenigma, traversata da un perchรฉ insolubile, eco del perchรฉ? rivolto a Dio dal Crocifisso. E proprio quando si prendono sul serio e si pongono al centro della propria vita non le preoccupazioni per sรฉ, ma le sofferenze di Dio nel mondo, puรฒ nascere anche la testimonianza cristiana. La paradossale testimonianza del Risorto il cui corpo รจ piagato e ferito. Il corpo del Risorto puรฒ essere incontrato nei corpi dei sofferenti che sono accanto a noi. ร il sano materialismo cristiano.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose