Preghiera e silenzio
Le prime due domeniche di Quaresima, in tutte le annate liturgiche, presentano quella successione tra il racconto delle tentazioni di Gesรน e la narrazione della sua trasfigurazione che รจ simbolo del cammino quaresimale fino al suo compimento pasquale. Ma vi troviamo anche unโimmagine della nostra quotidianitร . Questo รจ particolarmente vero nellโannata C perchรฉ la polaritร tentazione – trasfigurazione si declina come polaritร tentazione di Gesรน – preghiera di Gesรน, dunque tentazione – preghiera nostre. ร infatti un tratto peculiare della redazione di Luca lโaver inserito la narrazione della trasfigurazione nel contesto della preghiera di Gesรน: โGesรน salรฌ sul monte per pregare e mentre pregava lโaspetto del suo volto divenne altro e il suo abito bianco, sfolgoranteโ (Lc 9,28-29).
Luca crea un parallelo spirituale suggestivo tra tentazioni, in cui Gesรน si oppone al divisore con la parola della Scrittura (Lc 4,1-13), e trasfigurazione, in cui Gesรน รจ reso partecipe della luminositร di Dio attraverso la parola della Scrittura simbolizzata da Mosรจ ed Elia, la legge e i Profeti, con cui sta conversando (Lc 9,28-36). Questa polaritร รจ anche descrizione della situazione in cui noi stessi siamo immersi quotidianamente. Quotidiana รจ per noi la possibilitร del male. Ma altrettanto quotidiana รจ la possibilitร della lotta, della resistenza alla seduzione del male, dunque della preghiera e dellโascolto della parola del Signore nelle Scritture.
La preghiera รจ il luogo del nostro possibile mutamento, รจ il tempo accordato e lo spazio fatto alla possibilitร di essere resi piรน conformi all’immagine del Signore Gesรน. Lโalternativa infatti di fronte a cui siamo posti รจ: essere trasformati dal male che compiamo e contro cui non combattiamo piรน abituandoci ad esso, oppure essere trasformati dalla preghiera e dalla parola del Signore. La preghiera per essere trasformati a somiglianza del Signore e perchรฉ il prevalere del male e della tentazione non ci trasformi e ci deformi.
In questa luce, dovremmo pensare la preghiera non tanto come unโazione virtuosa, ma piuttosto come una misura di sopravvivenza umana e spirituale, come ciรฒ che impedisce al male di deformarci, di renderci cattivi o indifferenti o cinici o demotivati. Infatti, rinunciare a pregare, smettere la fatica della lotta contro la propria pigrizia, ci porta a cadere nella tentazione e a cadervi sempre di nuovo, ma soprattutto ci porta a non avere piรน speranza, ad atrofizzare la nostra volontร di amare, a non credere piรน in noi stessi, a nutrire sfiducia negli altri, a non credere piรน alla preghiera, anzi, a non credere piรน tout-court. Ci porta a vivere facendo a meno del Signore e a chiuderci in noi stessi.
Luca dunque narra che mentre Gesรน pregava, lโaspetto del suo volto divenne altro (Lc 9,29). Non un altro volto, ma un volto altro, un volto che si รจ lasciato abitare dallโalteritร di Colui che Gesรน stava pregando. La preghiera รจ luogo di trasfigurazione perchรฉ luogo di alterazione. Non a caso Gesรน insegnerร ai discepoli a pregare perchรฉ รจ pregando che essi possono entrare nellโalleanza, cioรจ, nel modo di vita di Dio. Ma รจ importante che prima di dare loro indicazioni e insegnamenti sul pregare (Lc 11,1-13) egli stesso preghi e sia visto in preghiera dai discepoli. La preghiera รจ per Gesรน spazio di accoglienza in sรฉ dellโalteritร di Dio: se il volto รจ il luogo essenziale di cristallizzazione dellโidentitร , allora la preghiera incide sullโidentitร personale. Il divenire altro del volto di Gesรน dice che il suo volto narra lโinvisibile volto di Dio. La preghiera agisce su colui che prega. La sua efficacia non รจ estrinseca, ma interiore, come appare qui per Gesรน.
Ma anche in Pietro e nei discepoli noi possiamo vedere un divenire, un mutamento. Essi sono oppressi dal sonno, incapaci di tenere gli occhi aperti, con le palpebre che pesantemente si chiudono e con la testa che non riesce a restare ritta. Tuttavia riuscirono a vedere la gloria del Signore e i due uomini che stavano con lui (Lc 9,32). Siamo rinviati a una lotta, a una fatica che in qualche modo ha consentito ai discepoli di partecipare o almeno di assistere allโevento sul monte.
Qui ci viene detto che la preghiera esige una lotta con il proprio corpo. La preghiera รจ anche sforzo fisico, non meramente intellettuale. Se la preghiera arriva a dare una forma al corpo รจ anche perchรฉ essa chiede al corpo di parteciparvi, anzi di esserne il soggetto. La tradizione a volte parla della ginnastica della preghiera, intendendola in senso non metaforico, o almeno non solo spirituale. I Salmi propongono tale ginnastica: inginocchiarsi, inchinarsi, alzarsi, sedersi, prostrarsi faccia a terra, levare al cielo le mani in segno di supplica, tendere in avanti le braccia come in attesa di un dono, alzare gli occhi al cielo, e si potrebbe continuare a lungo. La preghiera deve coinvolgere il corpo perchรฉ proprio e solo quando arriviamo a sentire il corpo possiamo dire che รจ partecipe della preghiera.
Pietro poi, parla in maniera insensata: โEgli non sapeva quel che dicevaโ (Lc 9,33). Dal sonno opprimente i discepoli passano a un parlare fuori posto. Dopo lโingiunzione โAscoltate luiโ ecco che il percorso perviene al suo punto finale di sapienza: essi entrarono nel silenzio (Lc 9,36). Silenzio grazie al quale potrร nascere lโascolto, lโaccoglienza della presenza e della parola di Dio, e dunque potrร iniziare la preghiera, potrร avvenire lโingresso nellโalleanza.
Pietro aveva espresso il suo desiderio di costruire una tenda per Gesรน e per Mosรจ ed Elia (Lc 9,33); Pietro coglie lโelemento di bellezza dellโesperienza che lui e gli altri discepoli stanno vivendo, ma non ne ha colto lโaltra faccia, quella del terribile, e proprio allora la nube diviene tenda per Pietro e gli altri discepoli (โMentre parlava cosรฌ, venne una nube e li coprรฌ con la sua ombraโ: Lc 9, 34). Pietro passa dal progetto di costruire tende per altri alla disponibilitร a entrare nella nube, nella dimora che Dio prepara per lui. Deve passare dal parlare irriflesso al silenzio.
ร interessante notare che lโesegesi patristica ha spesso identificato la nube con lo Spirito santo: Spirito che dunque รจ dynamis trasfigurante, forza capace di trasfigurare il credente. Ma รจ altrettanto interessante notare unโaltra interpretazione della nube, presente in Pietro da Celle (XII secolo): egli interpreta la nube in riferimento alla Scrittura. Scrive: โLa nube รจ la divina Scrittura, รจ nube perchรฉ rinfresca, รจ nube perchรฉ protegge, รจ nube perchรฉ fa piovere. ร luminosa perchรฉ fecondata dalla luce dello Spirito santoโ. Lo Spirito e la Scrittura; lo Spirito che vivifica la Scrittura rendendola parola vivente di Dio. La Scrittura che introduce il lettore nella relazione con Dio attraverso la Parola e lo Spirito. Questo รจ il lavoro quotidiano del credente Lโalleanza รจ una realtร in cui entrare ogni giorno rinnovando, attraverso lโascolto, la fede nella promessa di Dio.
La preghiera dunque รจ lotta, ed esige lโascolto. La voce dallโalto chiede ai discepoli di ascoltare il Figlio: questa infatti รจ la via per accogliere in sรฉ la presenza del Signore, per ricordare le sue parole, per introiettare la sua volontร . Ascoltare รจ ospitare. Ma poi la preghiera richiede anche silenzio. Nella trasfigurazione i discepoli faticano a fare silenzio. Parlano, e parlando dicono anche insensatezze. Luca non esita a commentare che Pietro non sapeva quel che diceva quando propone di fare tre tende. Sembra arguirsi dal testo che il silenzio รจ faticoso, ma la mancanza di silenzio รจ ostacolo alla preghiera.
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I discepoli infatti arrivano a stare zitti solo alla fine. E in Luca non รจ mentre scendevano dal monte, come in Mt (17,9) e in Mc (9,9), ma sembra dedursi dal testo che si tratta di un silenzio prolungato, mentre stanno ancora sul monte insieme a Gesรน, ma senza dire nulla, condividendo il silenzio. Infatti รจ solo il giorno successivo che essi scendono dal monte (Lc 9,37): si sono fermati sul monte e lโesperienza di preghiera di Gesรน si รจ prolungata nel silenzio condiviso con i tre discepoli. Un silenzio pieno, un silenzio parlante, un silenzio orante, un silenzio di comunione, un silenzio per interiorizzare ciรฒ che era avvenuto.
Di piรน, in Luca non รจ Gesรน che ordina ai discepoli di tacere e di non dire nulla a nessuno (come in Mt e Mc), ma sono i discepoli che ci arrivano da sรฉ in base a due elementi: la voce dallโalto che dice โAscoltateloโ (Lc 9,35) e il fatto che Gesรน resta solo (Lc 9,36). E, restando solo, resta anche nel silenzio. I discepoli sono condotti al silenzio dal silenzio di Gesรน. E questo dice anche la solitudine come elemento della preghiera. Anche la solitudine di Gesรน ispira la loro solitudine. Solitudine che รจ spazio di comunione. La comunione deve radicarsi nel profondo, non certo esaurirsi nellโessere fianco a fianco o nel mangiare alla stessa tavola o nel parlare insieme.
E cosรฌ, attraverso la fatica del corpo, lโascolto, il silenzio, la solitudine, i discepoli compiono un cammino spirituale su questo monte. Lasciandosi avvolgere dalla nube, sono entrati piรน in profonditร nel mistero della preghiera a cui Gesรน li ha guidati. Mistero di preghiera che รจ anche il luogo intimo della trasfigurazione possibile del credente.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose