Luciano Manicardi โ€“ Commento al Vangelo di domenica 13 Agosto 2023

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Voce del silenzio

Questa domenica presenta come prima lettura (1Re 19,9a.11-13a) una teofania, una manifestazione di Dio a Elia sul monte Horeb. A sua volta il vangelo (Mt 14,22-33) presenta una cristofania, una manifestazione della potenza divina che abita in Cristo ai suoi discepoli, in particolare a Pietro, sul lago di Galilea. La manifestazione della presenza divina โ€“ spesso evocata nellโ€™AT da fenomeni naturali eclatanti che esprimono lo sconvolgimento che provoca lโ€™intervento divino nel mondo (si pensi a Es 19,16.18 dove troviamo โ€œtuoni e lampi, suono fortissimo di corno, fuoco, fumo come di fornace, tremore del monte) โ€“ appare nella prima lettura come evento discreto che chiede a Elia di farsi sensibile alla โ€œvoce di un silenzio sottileโ€ (1Re 19,12: letteralmente) in una esperienza interiore e, nel vangelo, chiede a Pietro un incontro personalissimo nella fede. Occorre dunque prestare attenzione alla prima lettura per fornirne una chiave di lettura adeguata.

La traduzione ufficiale italiana della Bibbia rende 1Re 19,12 con โ€œil sussurro di una brezza leggeraโ€. Si tratta perรฒ di una traduzione non del testo ebraico ma di quello delle versioni greca dei LXX (phonรฉ aรบras leptรชs) e latina della Vulgata (sibilus aurae tenuis). Perรฒ il senso dellโ€™espressione ebraica รจ inequivocabile: qol demamah daqqah significa voce di silenzio sottile. Giร  queste antiche versioni hanno censurato il silenzio e zittito la sua voce di fronte a ciรฒ che veniva compreso come un insostenibile ossimoro: la voce del silenzio. Parlando di โ€œbrezzaโ€, esse adottano unโ€™espressione piรน conforme allโ€™idea che ci si faceva di una teofania, che era sempre accompagnata da fenomeni atmosferici. In questo modo, lโ€™ultimo elemento della serie dei quattro elementi che si presentano a Elia allโ€™Horeb dopo il vento, il terremoto e il fuoco, รจ anchโ€™esso un fenomeno atmosferico, per quanto piรน tenue rispetto agli altri.

Questo che potrebbe apparire come un dettaglio poco rilevante รจ invece molto importante perchรฉ ci porta a una rilettura radicale di questo passo che ci mostra che la presenza di Dio รจ svelata non da fenomeni straordinari, esteriori ed eclatanti, ma dallโ€™invisibile silenzio, dallโ€™interiore silenzio, nella mitezza di un silenzio sottile. Il silenzio di Dio qui dunque non dice la sua assenza, ma la sua presenza inedita, la sua capacitร  di incontrare lโ€™uomo in forme rinnovate. Nel nostro testo รจ infatti presente lo schema retorico profetico e sapienziale โ€œtre cose, anzi quattroโ€ che presenta tre realtร  piรน una quarta, omogenea alle altre, dello stesso ordine, ma che รจ la piรน importante, quella decisiva. Questo schema si trova in Am 1-2 (โ€œPer tre peccati di Giuda, anzi per quattro, non revocherรฒ la condannaโ€ e in Pr 30,15-33.

Per esempio: โ€œTre cose non si saziano mai e quattro non dicono mai โ€œbasta!โ€: lo sheol, il ventre sterile, la terra che non si sazia mai di acqua e il fuoco che non dice mai: โ€œbasta!โ€โ€ (Pro 30,15-16). Sulla base di questa osservazione, si deve rovesciare lโ€™interpretazione tradizionale che ha fatto della quarta cosa un fenomeno atmosferico e rileggere le tre precedenti alla luce dellโ€™ultima che รจ un fenomeno interiore. Vento, terremoto, fuoco e voce (che, tra lโ€™altro, sono simboli che nel racconto della Pentecoste indicano lo Spirito: At 2,1-6) rinviano a dimensioni interiori dellโ€™uomo quali, rispettivamente, la volontร , lโ€™emotivitร  e lโ€™affettivitร , che trovano la loro sintesi nel silenzio interiore di colui che sta davanti a Dio interamente, totalmente, unificato nelle sue dimensioni profonde.

Questo schema, da ravvisarsi in forma narrativa dietro al testo di 1Re 19,11-13, implica che alle prime tre cose ne segua una quarta, sempre dello stesso ordine, ma decisiva, la piรน importante. Dunque, le prime tre cose (vento, terremoto, fuoco) vanno interpretate alla luce dellโ€™ultima, che รจ un fenomeno interiore, non atmosferico. Si tratta pertanto di cogliere la dimensione simbolica di vento, terremoto, fuoco. Alla luce di questo schema anche lโ€™espressione โ€œil Signore non era nel vento, โ€ฆ nel fuoco, โ€ฆ nel terremotoโ€, non significa una assoluta assenza, ma che non รจ in quelle cose come รจ nellโ€™ultima.

Il vento impetuosorรปah significa โ€œventoโ€, โ€œalitoโ€, ma anche โ€œspiritoโ€. Puรฒ essere una realtร  atmosferica, ma anche antropologica o teologica. Di certo, un vento che spacchi le rocce e spezzi le montagne non esiste in natura: lโ€™autore intende orientare verso unโ€™interpretazione simbolica di rรปahRรปah รจ forza, potenza, ma una potenza che puรฒ schiacciare e travolgere chi la detiene. Maimonide interpreta rรปah come forza di volontร . La forza di volontร  รจ un elemento della personalitร  del profeta Elia, una forza che puรฒ perรฒ rivelarsi eccessiva, troppo impetuosa e aggressiva. Lo Spirito investe anche la dimensione volitiva della persona, ma lโ€™esperienza spirituale non รจ riducibile alla forza della volontร . Il religioso lasciato in balia della volontร  umana diventa distruttivo.

Il terremoto: lโ€™ebraico parla di racaลก, โ€œtremoreโ€, โ€œtremitoโ€, che puรฒ designare il tremare della terra, ma anche un fenomeno psicologico ed emotivo come โ€œtrepidazioneโ€, โ€œtremoreโ€ (Ez 12,18), e indica una reazione emotiva dellโ€™uomo. Se si vuole tradurre con terremoto si tratta di un terremoto interiore, di uno sconvolgimento intimo. Siamo rinviati alla sfera emotiva, che certamente accompagna lโ€™esperienza spirituale, ma non la puรฒ esaurire. Il religioso lasciato in balia dellโ€™emotivo diviene anchโ€™esso distruttivo.

Il fuoco: spesso simbolo del farsi presente di Dio (Es 3,2-4), il fuoco rinvia anche alla dimensione passionale, affettiva, erotica: lโ€™eros รจ โ€œfiamma di Yahโ€, dice il Cantico dei Cantici (8,6). E lโ€™esperienza spirituale traversa lโ€™affettivitร  e la sfera erotica dellโ€™uomo, ma lโ€™affettivitร  e lโ€™eros non esauriscono lโ€™esperienza dello Spirito. E il religioso, preda della dimensione affettiva ed erotica, diviene ancora distruttivo.

Con la voce, qol, e la voce del silenzio, siamo di fronte al simbolo di una presenza ineffabile e interiore. Lโ€™esperienza spirituale si fa apofatica. La voce รจ silenziosa: non eccesso di zelo, non sussulto emotivo, non passione incontrollata. Applichiamolo alle espressioni religiose odierne e allโ€™uso del divino oggi: non fondamentalismo violento e intollerante, non zelo aggressivo e assassino, non integrismo settario, non passione acritica e irrazionale, non fanatismo omicida, ma lโ€™ascolto e il dialogo che sprigionano dallโ€™esperienza del Dio rivelato nella voce del silenzio tenue. Voce che chiede finezza di ascolto spirituale per essere accolta. Lโ€™ascolto di sรฉ conduce alla conoscenza di sรฉ, ma anche e soprattutto allโ€™incontro con il Dio che si manifesta anche nel silenzio.

Il testo evangelico si apre presentando un Gesรน che desidera solitudine, che ha bisogno di ritiro, di distanza dai suoi discepoli e dalle folle. Egli allontana i discepoli da sรฉ, li costringe a salire sulla barca e a precederlo dallโ€™altra parte del lago e poi licenzia le folle (Mt 14,22). E sta in disparte, da solo, senza distrazioni, senza presenze altre, solo lui con se stesso, lui con il suo Dio: Solus erat ibi (Mt 14,23). Solo spazio della sua preghiera รจ la solitudine, solo tempo della sua preghiera รจ il silenzio, solo giudice della sua veritร  รจ la sua coscienza, il luogo intimo e a tutti inaccessibile che fonda la sua stabilitร  e nutre la sua forza, il luogo del suo dialogo con il Padre che orienta anche il suo muoversi nel mondo tra gli uomini, il suo scegliere, il suo parlare, il suo tacere, il suo rimproverare, il suo consolare, il suo curare.

Ed ecco che sul finire della notte Gesรน si fa presente ai suoi che stanno tribolando in una faticosa e contrastata traversata delle acque agitate dal vento contrario. E vedendolo camminare sulle acque essi sono sconvolti e si fanno prendere dalla paura. Lo stesso Pietro, che in un primo momento fa fiducia Gesรน che gli chiede di andare verso di lui camminando sulle acque, quando vede il vento e non piรน il Signore, diviene preda della paura e inizia ad affondare.

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Chiediamoci: Perchรฉ quella paura? Perchรฉ la nostra paura nel nostro cammino di fede ed ecclesiale anchโ€™esso scosso da turbolenze e contrarietร ? Forse perchรฉ non si ritiene che le contrarietร  (il vento contrario) e le sofferenze comunitarie (la barca tormentata dalle onde) debbano far parte del cammino di vita a cui il Signore ci ha chiamati. Forse per scoraggiamento o per ribellione verso colui che ci ha affascinato ma da cui poi ci siamo sentiti abbandonati, lasciati in balรฌa delle onde.

Forse perchรฉ non pensavamo che la pur difficile sequela fosse addirittura impossibile come camminare sulle acque del mare. Forse perchรฉ pensavamo che in noi stessi cโ€™erano le risorse per andare fino in fondo senza dover andare anche a fondo. Forse perchรฉ non avevamo preso sul serio le parole di Gesรน โ€œdove sono io voglio che sia anche il mio servoโ€ e โ€œchi vuol salvare la propria vita la perderร โ€. Forse perchรฉ, come i discepoli sulla barca avevamo preso lโ€™abitudine a parlare di Gesรน tralasciando di parlare a lui, di pregarlo, come i discepoli che di lui dicono โ€œรˆ un fantasmaโ€ mentre a lui diranno nella preghiera comune: โ€œTu sei veramente il Figlio di Dioโ€.

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose