Ascoltare, comprendere, dare frutto
Il testo evangelico odierno presenta lโinizio del discorso in parabole di Gesรน e contiene, dopo una breve introduzione (vv. 1-3a), la parabola del seminatore (vv. 3b-9) e la sua spiegazione (vv. 18-23). In mezzo (vv. 10-17) si trova un brano che affronta la questione metodologica: perchรฉ Gesรน parla alle folle in parabole?
Ma chiediamoci anzitutto che cosa sono le parabole. E traducendo il perchรฉ Gesรน parla in parabole alle folle (vv. 10-17) nella domanda: perchรฉ Gesรน ci parla in parabole? O meglio: cosa ci insegnano oggi le parabole? Le parabole sono racconti brevi che parlano di Dio senza farne menzione e mettendo in scena contadini e vignaioli, re e servi, pescatori e pastori, una massaia e una donna che ha perso una moneta. Esse presentano il Regno di Dio mettendo in scena un mondo ben noto ai destinatari delle parabole, perchรฉ รจ il loro mondo. Le parabole sono cosรฌ strumenti pedagogici che educano al carattere simbolico della realtร , a cogliere lโOltre nella realtร , lโAltro nelle relazioni quotidiane. Ma la familiaritร con cui le parabole si presentano agli ascoltatori non deve ingannare: esse sono abitate dalla logica del paradosso e insegnano che il paradosso abita la realtร , lโinusitato abita il quotidiano. In effetti, queste narrazioni della normalitร che sono le parabole, sono attraversate dal paradosso: ciรฒ che รจ piccolo, come il grano di senape, diviene grandissimo; un pastore rischia la vita per cercare una sola pecora che si รจ smarrita e lasciando le altre novantanove (e rischiando cosรฌ di perdere pure quelle); il contadino che accetta di non intervenire nel processo di maturazione e crescita del seme seminato insegna lโefficacia del non-agire; il padrone della vigna che dร lo stesso salario a chi ha lavorato tutta una giornata sopportando il caldo e a chi ha lavorato unโora soltanto, a pomeriggio inoltrato, certamente scandalizza, ma apre anche una breccia nelle concezioni umane abitate dalla ferrea regola della retribuzione in base al merito, dello stretto rapporto fra lavoro e ricompensa, lasciando intravedere un mondo segnato da gratuitร e benevolenza. E suggerisce che questo รจ possibile e praticabile: lo si puรฒ vedere nellโagire di Gesรน di Nazaret. La logica del paradosso, al cuore delle parabole, disorienta per ri-orientare: le parabole non hanno un fine informativo, ma trasformativo. Attraverso lo spiazzamento che suscita lโagire quotidiano e paradossale presente nelle parabole, il destinatario delle parabole scopre di poter guardare altrimenti il proprio mondo e di potervi intervenire per modificarne le logiche. Scopre di potervi inserire la logica paradossale del vangelo. Che รจ la logica stessa di Gesรน, colui che narra Dio in quanto ne รจ la parabola vivente.
Nella nostra parabola, Gesรน parla di una realtร teologica e spirituale (la parola di Dio e il suo ascolto da parte dellโuomo) narrando di un contadino che semina e che vede cadere il seme in vari tipi di terreno. Ciรฒ che colpisce รจ che, a fronte di diverse affermazioni bibliche circa lโefficacia della parola di Dio (p. es., Is 55,10-11; Eb 4,12), la parabola evangelica del seminatore presenta una semina di parola di Dio in cui prevale decisamente lโinefficacia della stessa: su quattro casi, in tre la parola resta infeconda, mentre in un solo caso porta frutto, e inoltre in tre misure molto diverse. Dal testo possiamo far emergere due differenti considerazioni: la prima, circa le opposizioni che lโuomo pone al dispiegarsi dellโefficacia della parola di Dio; la seconda, circa il tipo di efficacia della parola di Dio.
La prima considerazione vede nei tre tipi di ascolto che sfociano nella sterilitร tre ostacoli che si oppongono allโaccoglienza feconda della parola. Attraverso gli ostacoli vengono cosรฌ indicate anche le condizioni positive grazie alle quali la parola puรฒ essere ascoltata e compresa, e dunque portare frutto:
1) interiorizzazione; 2) perseveranza; 3) lotta spirituale.
- Pubblicitร -
1) Il seme seminato lungo la strada e mangiato dagli uccelli prima ancora che possa germogliare (Mt 13,4.19) simboleggia lโascolto superficiale, che non arriva a comprendere, cioรจ ad assumere, a far dimorare in sรฉ, a prendere dentro di sรฉ, ad interiorizzare. Viene cosรฌ indicato il lavoro dellโinteriorizzazione come essenziale ad un ascolto efficace. Senza questo lavoro interiore la parola non puรฒ diventare principio vitale che guida lโuomo nel suo vivere.
2) Il seme caduto su un terreno sassoso denuncia un tipo di ascolto infruttuoso perchรฉ non accompagnato dalla necessaria perseveranza (Mt 13,5-6.20-21). ร rivelativo di โcolui che ascolta la Parola e lโaccoglie subito con gioia, ma non ha in sรฉ radice ed รจ incostante, sicchรฉ, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, subito viene menoโ. Matteo dice che questโuomo รจ proskairos, cioรจ โuomo di un momentoโ, incapace di durata, incapace di resistere alla prova del tempo e di far divenire storia la sua fede. Essendo senza radice, non sa reggere nelle difficoltร e nelle persecuzioni che la parola stessa provoca. Siamo di fronte a un ascolto tanto entusiasta quanto superficiale. Lโascolto efficace abbisogna della faticosa, quotidiana perseveranza.
3) Il seme seminato tra i rovi e rimasto soffocato rinvia, secondo la spiegazione della parabola, allโuomo che, pur avendo ascoltato la parola, rimane sedotto da altre parole, dalle tentazioni mondane, dalla ricchezza (Mt 13,7.22), dai โpiaceri della vitaโ (come aggiunge Lc 8,14). Insomma รจ colui che non sa porre in atto la necessaria lotta interiore e spirituale per trattenere la parola, per combattere i pensieri e le tentazioni, e cosรฌ si lascia distrarre e sedurre dagli idoli.
Lโalternativa posta dal testo biblico รจ essenzialmente fra ascoltare senza comprendere (v. 19) e ascoltare e comprendere (v. 23): lโinterrogativo รจ dunque sul tipo di ascolto che lโuomo sa dare alla parola. Lโascolto che consente alla parola di dispiegare la sua efficacia รจ quello che, attuando lโinteriorizzazione e lโelaborazione profonda della parola, rinnovandosi giorno per giorno e sottomettendosi alla prova della durata, rinvigorendosi grazie alla lotta contro le seduzioni mondane, porta lโuomo a comprendere la parola, cioรจ a farla sua, in una comprensione profonda, spirituale, vitale. Una comprensione che conduce lโuomo alla trasformazione personale. Le resistenze alla parola di Dio sono le resistenze alla conversione (cf. Mt 13,15), alla fatica del cuore che, per accogliere la parola, deve lasciarsi purificare dalla parola stessa. Noi temiamo la purificazione e lo spogliamento prodotti in noi dallโaccoglienza della Parola, cosรฌ come i terreni non profondi, sassosi, o infestati dai rovi (cf. Mc 4,1-9.13-20) non accolgono la semente perchรฉ per farlo dovrebbero lasciarsi dissodare dai sassi, ripulire dai rovi, arare e sarchiare (cf. Is 5,1-7).
La seconda questione riguarda il tipo di efficacia proprio della parola di Dio. Ovvero: che cosa intendiamo quando parliamo di efficacia della parola di Dio? Un altro testo evangelico utilizza lโimmagine del seme che, una volta seminato, deve morire per portare frutto, per essere fecondo. ร un testo giovanneo (Gv 12,24) in cui Cristo parla in modo parabolico della necessitร della sua morte per adempiere il disegno di salvezza di Dio. Ora, secondo il NT Cristo stesso รจ la Parola di Dio (Gv 1,14; Eb 1,2; Ap 19,13) e Cristo ha mostrato la potenza salvifica di Dio nellโabbassamento della croce. Il paradosso cristiano รจ che la potenza di Dio che procura la salvezza delle moltitudini manifesta la sua efficacia proprio nellโimpotenza โdi uno soloโ (Rm 5,19). La croce รจ direttamente potenza e sapienza di Dio, rivela Paolo ai cristiani di Corinto, nel passo in cui attesta che lโevangelo รจ โla parola della croceโ (1Cor 1,18). Scrive Gregorio di Nissa: โLa croce proclama con la sua forma la potenza sovrana di colui che compare su di lei ed รจ tutto in tuttiโ. Lโefficacia della parola รจ dunque dellโordine dellโefficacia della croce. Sono due grandezze che si collocano sullo stesso piano. E la loro potenza รจ tutta nel dinamismo di amore divino che le attraversa: la parola che Dio rivolge allโuomo in Cristo รจ ricerca di comunione e appello di amore che trova la sua manifestazione radicale nella croce del Figlio: โDio ha tanto amato il mondo da donare il Figlio unigenitoโ (Gv 3,16). Come lโevento pasquale, in cui รจ insita la salvezza universale, non si รจ imposto a tutti, ma si รจ offerto, cosรฌ รจ della parola che comunica e testimonia tale annuncio. La potenza dellโamore, mai impositiva e sempre rispettosa della libertร dellโaltro, possiede lโefficacia propria del dono. E il dono, come lโamore, non รจ mai neutrale, anche quando viene rifiutato. Come allโamore si risponde con lโamore, cosรฌ al dono si risponde con la gratitudine ed entrando nella stessa logica di dono. E anche nei confronti di chi rifiuta, lโamore non cessa di essere amore, ma continua a offrirsi unilateralmente. E cosรฌ mantiene aperta la strada della salvezza per tutti.
Lโascolto della parola di Dio avviene sempre allโinterno della dinamica pasquale, nel quadro di una morte e di una resurrezione. Non a caso, lโantica esegesi cristiana vedeva nel seme caduto sulla terra buona e che porta frutto nella misura del cento i martiri, cioรจ coloro che lasciano dispiegare pienamente in sรฉ il dinamismo pasquale.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose