Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 10 Ottobre 2021

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La ricchezza di uno sguardo dโ€™amore

Il lungo brano evangelico di questa domenica รจ costituito da alcuni episodi unificati dal tema del rapporto con i beni e le ricchezze. Troviamo anzitutto lโ€™incontro con un uomo ricco (Mc 10,17-22), quindi le parole di Gesรน ai suoi discepoli che commentano questo incontro in cui il potere delle ricchezze ha talmente โ€œpossedutoโ€ il cuore di un uomo da impedirgli di seguire la chiamata del Signore (Mc 10,23-27), e infine le parole che Pietro rivolge a Gesรน esponendogli la situazione del gruppo dei discepoli che hanno lasciato tutto per seguirlo e la relativa promessa di Gesรน (Mc 10,28-30).

Gesรน รจ in cammino (Mc 10,17) e mentre prosegue la sua strada verso Gerusalemme, ecco che un uomo gli si fa incontro. Da questo incontro nascerร  una catechesi sul rapporto con le ricchezze. Marco presenta questa persona come anonimo (โ€œun taleโ€: Mc 10,17; รจ Mt 19,20 che presenta questa persona come โ€œgiovaneโ€), dunque come uomo in ricerca della propria identitร , mosso da desiderio di senso. La sua sete e ricerca si esprime nel suo correre da Gesรน, nel suo prostrarsi davanti a lui, nel suo interrogarlo (v. 17). โ€œMaestro buono, che cosa devo fare per avere in ereditร  la vita eterna?โ€. Anzitutto Gesรน รจ interpellato come maestro, uno che puรฒ insegnare, fare segno, indicare una via da percorrere. Ma Gesรน spiazza lโ€™interlocutore rispondendogli con unโ€™altra domanda che rifiuta lโ€™attributo โ€œbuonoโ€ che va riservato a Dio (Sal 119,68: โ€œTu sei buono e fai il beneโ€) e con il โ€œperchรฉ?โ€ che gli rivolge (Mc 10,18) invita lโ€™uomo ad andare a fondo della sua stessa ricerca e ad interrogarsi. Non solo Gesรน non sfrutta la richiesta dellโ€™uomo (che cosa devo fare?) invitandolo a seguirlo, ma orienta la sua ricerca suggerendogli di andare piรน a fondo delle motivazioni che lo muovono. Gesรน non si limita ad ascoltare la domanda di quellโ€™uomo ma coglie quellโ€™uomo come domanda.

Potremmo dire che Gesรน sposta lโ€™attenzione dal fare allโ€™essere e orienta il suo interlocutore allโ€™edificazione della propria umanitร  alla luce della Torah (vv. 18-19). I comandi etici del decalogo, disposti secondo un ordine differente da quello presente nellโ€™AT (Es 20; Dt 5) indicano un cammino che riguarda i rapporti con gli altri (lโ€™insegnamento di Gesรน radicalizza il comando di โ€œnon uccidereโ€: Mt 5,21-22), quindi con la sessualitร  (esistono relazioni erotizzate e altre no: โ€œnon commettere adulterioโ€), poi con le cose (โ€œnon rubareโ€), quindi con la veritร  e la sinceritร  (โ€œnon testimoniare il falso, non frodareโ€) e infine con i propri genitori. Lโ€™โ€œonora tuo padre e tua madreโ€ ha qui il significato di accordare il giusto peso e dire di sรฌ alla propria origine, a quei genitori che ci hanno messo al mondo trasmettendoci doni e tare.

In questo senso il suo essere alla fine degli altri comandi ricordati da Gesรน รจ pienamente giustificato: si tratta dellโ€™obbedienza basilare per vivere una vita armonica, per non vivere in reazione, per slanciarsi verso il futuro e non rimanere ostaggi del proprio passato. Alla risposta con cui lโ€™interlocutore afferma di aver sempre obbedito ai comandamenti, Gesรน fa seguire uno sguardo di amore tanto gratuito quanto impegnativo (vv. 20-21). A ciรฒ segue la rivelazione della povertร , della mancanza che abita quellโ€™uomo (โ€œuna cosa ti mancaโ€), quindi viene la proposta di vita, lโ€™offerta di senso: trova la tua identitร , il tuo nome, nella relazione con me; credi allโ€™amore, abbandona le ricchezze e avrai un tesoro nei cieli, affronta il rischio dellโ€™amore e lโ€™alea del futuro facendo affidamento sulla mia promessa. Il contraccolpo di quella parola รจ evidente giร  a livello somatico: quellโ€™uomo si rabbuia, si incupisce, e immediatamente si allontana. La spiegazione รจ data alla fine: โ€œera infatti uno che aveva ricchezze ingentiโ€ (v. 22).

Tutto era andato bene fino a quando la chiamata di Gesรน non lโ€™ha toccato nei beni materiali. La notazione psicologica, lypoรบmenos, โ€œaddoloratoโ€, โ€œtristeโ€, รจ segno che lโ€™invito di Gesรน ha esercitato unโ€™attrattiva su di lui; se si rattrista รจ perchรฉ in qualche modo aveva intuito una gioia che non riesce a fare sua. Non รจ uno grossolanamente succube delle ricchezze e insensibile a ogni altro valore, ma una persona sottoposta a due spinte antagonistiche, quella verso Gesรน e quella verso la ricchezza. Questโ€™ultima appare cosรฌ una potenza che possiede colui che la possiede; una potenza che ne determina lโ€™agire e il vivere.

Lโ€™ultima parola del brano รจ pollรก, โ€œaveva ricchezze ingentiโ€: cโ€™รจ una quantitร  che rende lโ€™ostacolo โ€“ i beni โ€“ insormontabile! Secondo il NTi beni possono schiavizzare chi li possiede (โ€œNon potete servire a Dio e a mammonaโ€ Mt 6,24). Il rischio per lโ€™uomo รจ di metter fiducia nelle ricchezze, divenendo idolatra, disumanizzandosi. Il termine Mammona deriva dalla radice โ€™aman che indica la fede, il credere, dunque anche lโ€™affidamento del credente al Signore. Ma quando uno mette la fiducia nei suoi beni, egli soffoca in sรฉ la disponibilitร  per il Regno. Lโ€™attaccamento alle ricchezze puรฒ falsare la veritร  dellโ€™uomo. E qui va ricordato che nel denaro โ€œsi credeโ€ e la gente fa un atto di fede nel denaro, pone la propria fiducia nel denaro.

Possiamo allora approfondire un poโ€™ il contenuto della tristezza generata dallโ€™attaccamento ai troppi beni. Il contrasto fra la corsa verso Gesรน e il repentino allontanamento dellโ€™uomo ricco suggella lo scacco del desiderio di questโ€™uomo, il quale rimane definito da ciรฒ che possiede e non da un nome personale. Cercava il nome proprio, resta un participio presente (โ€œuno che aveva molti beniโ€). Lโ€™attaccamento ai beni spegne la sua sete e gli occlude il futuro: lโ€™andare via รจ anche un tornare indietro, un regredire. La paura ha avuto la meglio: i beni danno sicurezza, la persona e la parola di Gesรน aprono una prospettiva rischiosa. I beni qui ostacolano addirittura lโ€™attivitร  piรน sensata dellโ€™uomo: lโ€™amore, essere amato e amare. โ€œLโ€™amore non รจ una cosa che si puรฒ avere, bensรฌ, un processo, unโ€™attivitร  interiore di cui si รจ il soggetto. Posso amare, posso essere innamorato, ma in amore non ho un bel nulla. In effetti, meno ho, e piรน sono in grado di amareโ€ (Erich Fromm).

Marco suggerisce anche che il denaro, garantendo sicurezza materiale, costituisce una via di fuga dal dolore, una forma di rimozione della sofferenza che il cammino interiore implica. Gesรน, infatti, svela la mancanza che abita in quellโ€™uomo cosรฌ pieno di tutto e lo invita a quel cammino interiore che lo metterebbe in contatto con la sua veritร  e povertร  profonde. Cosa che comporta sofferenza. รˆ perรฒ ovvio che lโ€™estraniazione da sรฉ che questโ€™uomo opera, comporta una perdita di essere, e dunque genera tristezza. Un elemento proprio della redazione marciana di questo episodio รจ lo sguardo di Gesรน (emblรฉpsas), sguardo che ha come meta gli occhi di questโ€™uomo, sguardo che รจ lโ€™atto con cui Gesรน cerca di far passare questa persona dal campo dellโ€™avere in cui รจ imprigionato a quello dellโ€™essere. Lo sguardo di Gesรน accompagna ed esprime lโ€™amore di Gesรน: amare รจ rivolgere uno sguardo allโ€™altro che gli dice un sรฌ radicale e unโ€™accoglienza incondizionata. Amare รจ volere che lโ€™altro esista: โ€œAmo, volo ut sisโ€, scrive Agostino. Ora, lo sguardo e le parole di Gesรน possono liberare questโ€™uomo dalla visione unidimensionale che egli ha di sรฉ come uno che ha molto, e questo restituendolo a una dimensione di molteplicitร  e complessitร : uno che puรฒ essere amato, che puรฒ farsi soggetto della propria vita, che puรฒ mostrare la sua libertร  scegliendo, che puรฒ donare, che puรฒ manifestare il suo dominio sui suoi beni, che puรฒ osare il proprio futuroโ€ฆ Ma il troppo di beni posseduti imprigiona questโ€™uomo.

Proprio in questa condizione di โ€œtroppo pienoโ€, di fiducia posta in beni esteriori che arrivano a schiavizzare mentre ci si crede liberi, risiede lโ€™ostacolo che le ricchezze pongono alla salvezza (Mc 10,23-27). In realtร , dice Gesรน, non solo le ricchezze sono un ostacolo, ma la salvezza in quanto tale non รจ impresa possibile alle sole forze dellโ€™uomo: ogni autosufficienza, di qualunque tipo, ostacola il Regno di Dio. Ma, certamente, il possibile di Dio puรฒ incontrare lโ€™impossibile degli uomini (cf. Mc 10,27). Dopo aver distolto lo sguardo dallโ€™uomo ricco che se nโ€™รจ andato, Gesรน lo rivolge ora ai discepoli e guarda anche loro negli occhi (Mc 10,27: emblรฉpsas) mentre pronuncia le parole su ciรฒ che รจ impossibile agli uomini ma non a Dio. Sguardo dโ€™amore che impegna Gesรน stesso e intende infondere fiducia a discepoli sbigottiti e sconcertati. Sguardo dโ€™amore che sfocia nella promessa di Gesรน ai discepoli. E promettere รจ sempre aprire futuro e dare speranza. Ai discepoli, infatti, che hanno abbandonato tutto ciรฒ che possedevano per seguire Gesรน, รจ rivolta la promessa di Gesรน del centuplo quaggiรน, insieme a persecuzioni, e la vita eterna (Mc 10,28-30). Cโ€™รจ una benedizione insita nellโ€™abbandonarsi al Signore, ma della promessa del Signore fanno parte anche le persecuzioni, dunque le contraddizioni, le difficoltร , le eventuali inimicizie a motivo del vangelo. Se il discepolo sa che esse sono parte integrante della promessa del Signore, allora esse potranno non scoraggiarlo o indurlo ad abbandonare. E comunque, la sequela di Gesรน deve essere rinnovata e scelta nuovamente ogni giorno, pena, il suo fallimento. In effetti, ci avverte Marco, coloro che hanno un giorno lasciato tutto per seguire Gesรน, arriveranno a un momento in cui abbandoneranno Gesรน e fuggiranno (cf. Mc 14,50).


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose