Il volto di Dio al cuore dellโumanitร
La pagina evangelica della V domenica di Pasqua dellโannata A รจ tratta dai discorsi di addio di Gesรน ai suoi. Lโaddio รจ lโultimo saluto che intercorre tra chi se ne va per sempre e chi resta. Ma lโaddio pronunciato da Gesรน รจ anche una promessa: ad Deum. Con lโad-Dio il futuro, proprio e degli altri, รจ posto in Dio. Gesรน, che ha sempre vissuto le sue relazioni nellโad-Dio, cioรจ davanti a Dio e per Dio, vi pone anche il suo futuro. Che รจ anche il futuro di chi รจ โsuoโ, di chi โcrede in luiโ (cf. Gv 14,12). Infatti, il Figlio รจ nel Padre e il Padre รจ nel Figlio (cf. Gv 14,10), e il discepolo che rimane nel Figlio (cf. Gv 15,1-7), rimane anche nel Padre (cf. 1Gv 2,24). Se cosรฌ va inteso lโad-Dio, allora ogni nostra relazione dovrebbe restare sotto il suo segno, cioรจ sotto il segno dellโapertura e dellโinvocazione allโAltro che salva le relazioni con gli altri dai rischi della violenza e della tirannia. Lโandata ad Deum non รจ scindibile dalla vita che Gesรน ha sempre vissuto ad Deum, rivolto a Dio e alla sua presenza fino a narrarlo e spiegarlo e renderlo vicino agli uomini, anche quelli che erano ritenuti meno adatti a incontrare Dio perchรฉ ignoranti, poco religiosi e non praticanti.
Annuncio centrale del IV vangelo รจ che Gesรน, il Figlio di Dio, รจ la narrazione del Padre, la visibilizzazione del volto di Dio, anzi รจ direttamente il volto di Dio, il volto che secondo lโAT nessuno puรฒ vedere (โnessun uomo puรฒ vedermi e restare vivoโ: Es 33,20). Lโumanitร di Gesรน compie lโimpossibile: il volto che nessuno poteva vedere senza morire, รจ ora visto e contemplato da uomini e donne che in esso trovano vita. Questo รจ lo straordinario cristiano: Dio nel volto e nel corpo di un uomo, Gesรน (1Gv 1,1ss.). Nel nostro brano, a Filippo, il discepolo che chiede a Gesรน di fargli vedere il Padre (v. 8), Gesรน risponde con lo stupore che svela lโincomprensione del discepolo: โDa tanto tempo sono con te e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi dire: โMostraci il Padre?โโ (v. 9). Ecco lโossimoro cristiano: Dio? Lโumanitร di Gesรน di Nazaret. Lโuomo Gesรน รจ la presenza di Dio nel mondo. La persona di Gesรน รจ il volto di Dio al cuore dellโumanitร . Per vedere Dio occorre seguire lโuomo Gesรน. Il passaggio spirituale che la fede deve fare attraverso lโumanitร di Gesรน รจ ciรฒ che preserva il credente dallโidolatria. Vedere il volto di Dio e pronunciarne il nome sono interdetti nellโAT, perchรฉ significano impossessarsi di Dio, avere un potere su di lui, governare Dio, determinarlo, usarlo per i propri fini, insomma, divenire idolatri.
La frase di Gesรน a Filippo contiene, nella sua prima parte, un mite rimprovero che colpisce anche molte relazioni che viviamo: conosciamo davvero gli altri con cui viviamo? Non succede che a volte il vivere insieme รจ solo un incrociarci e non un incontrarci? Sicchรฉ รจ piรน un vivere accanto, ma non veramente insieme? Quando, tanto in una relazione di coppia quanto in una vita comunitaria, si arriva davvero a passare dallโio al noi? E dove si trova il punto di equilibrio che mantiene viva la relazione senza farla svanire nellโestraniamento reciproco o nella fagocitazione? Nelle diverse relazioni che viviamo, a noi รจ affidato il compito โ lโarte, dovremmo dire โ di scoprire e di mantenere nellโessenziale la conoscenza reciproca per custodire, rinnovandola ogni giorno, la consegna di sรฉ allโaltro e lโaccoglienza dellโaltro in sรฉ. Ovvero, si tratta di divenire dimora lโuno per lโaltro, ospiti e ospitanti. Come Gesรน lo รจ nella relazione con il Padre (โIo sono nel Padre e il Padre รจ in meโ: vv. 10-11) e lo vuole essere per ciascuno che lo segue e crede in lui. Egli non รจ solo la via, ma anche โil luogoโ, โil postoโ abitando il quale per mezzo della fede impariamo anche ad amare con intelligenza e rispetto, veritร e libertร .
Nel nostro testo, Gesรน chiede ai discepoli di aver fede e di non essere turbati (cf. Gv 14,1). Di fronte a un distacco, si prova dolore per la persona che se ne va, ma anche smarrimento e ansia per il futuro proprio e della comunitร che era legata vitalmente alla presenza che ora non cโรจ piรน. La dipartita di Gesรน รจ crisi per la comunitร dei suoi discepoli. E il turbamento del cuore non riguarda solo la sfera emotiva, ma indica anche la paralisi della volontร e della capacitร di prendere decisioni, lโannebbiamento dellโintelligenza e del discernimento. Per i discepoli รจ come se si schiudesse un tempo nuovo e anche un mondo nuovo. Questo indica il turbamento di cui parla il vangelo. Che รจ smarrimento, incertezza, paura. Gesรน, con le sue parole, sta facendo della sua dipartita e del vuoto che lascia unโoccasione di rinascita dei suoi discepoli. Se quelle parole abitano nel cuore dei discepoli grazie alla potenza della fiducia, ecco che essi possono passare dallo smarrimento allโiniziativa, dal turbamento al coraggio. Potremmo dire: dalla morte alla vita. Si tratta di credere piรน alla promessa del Signore: โIo vado a prepararvi un postoโฆ Verrรฒ di nuovo e vi prenderรฒ con meโ (vv. 2-3), che allโevidenza e prepotenza dei propri sentimenti di scoraggiamento e di turbamento. Vi รจ qui una potente quanto semplicissima indicazione di vita spirituale. Noi proviamo sentimenti ed emozioni che spesso ci dominano e arrivano a governare le nostre relazioni, o con cui facciamo coincidere la nostra identitร (si pensi allโespressione โIo sono fatto cosรฌโ che suona come lapide mortuaria sulla propria vita), noi nutriamo idee e convinzioni a cui spesso siamo attaccati e a cui non rinunciamo anche contro lโevidenza della loro inconsistenza. Gesรน sta chiedendo ai discepoli di aver fiducia nelle parole che lui ha detto e che raggiungono anche noi per mezzo dellโevangelo. Chiedendo fede, Gesรน spinge i discepoli a trasformare la paura del nuovo e il terrore dellโabbandono nel coraggio di donarsi appoggiandosi sul Signore; promettendo che va a preparare un posto per loro, egli vive la sua partenza in relazione con chi resta e mostra che non li sta abbandonando, ma sta inaugurando una fase nuova e diversa di relazione con loro. Il distacco รจ in vista di una nuova accoglienza (cf. Gv 14,2-3). Certo, si tratta, per chi rimane, di credere allโamore e alla fedeltร di colui che se ne va, allโamore di colui che non vediamo. Ma qui cโรจ anche il nostro quotidiano compito reciproco, quel compito a cui solo con alibi inconsistenti ci possiamo sottrarre: amare coloro che vediamo, cercare con intelligenza e discernimento, con coraggio e creativitร , vie e linguaggi di amore per amare le persone che vediamo. Perchรฉ, se le persone che vediamo non vedono amore da parte nostra, come potranno credere allโamore di Colui che nessuno ha mai visto nรฉ puรฒ vedere (1Tm 6,16)?
Le parole finali di Gesรน attestano la potenza della fede: โChi crede in me, anchโegli compirร le opere che io compioโ. In certo senso qui Gesรน sta dicendo che ogni credente รจ un suo successore, a ogni credente รจ affidato il compito di lasciare agire in lui la potenza del Signore stesso. ร importante in noi la fiducia nella presenza di Dio, nella parola del vangelo, nella promessa del Signore affinchรฉ giร ora per noi la vita in Dio รจ una possibilitร reale. Se Gesรน chiama a essere per sempre nel Padre, la vita credente รจ la vita in cui giร qui e ora noi possiamo vivere nel Padre. Ma che significa che Gesรน รจ la via, la veritร , la vita? Gesรน รจ la via, e via indica il cammino, il comportamento, il livello etico. Gesรน come via, halakah, indica Gesรน quale Torah, luce che illumina il cammino (cf. Sal 119,105). Ma la Torah, la legge, lโinsegnamento di Gesรน รจ il cammino che lui stesso compie, non รจ piรน un insieme di precetti, bensรฌ la sua stessa vita, il suo camminare con gli uomini e le donne che ha incontrato. Gesรน come via รจ colui che orienta la realtร , orienta le vite. Gesรน รจ anche la veritร , ma veritร indica il livello della profezia, della parola che interviene sulla realtร e la cambia. Il profeta, sempre scomodo, sempre scandaloso, spesso ritenuto non ortodosso, spesso sentito come insopportabile dai suoi stessi fratelli, รจ personalitร forte che non si adegua alla realtร , ma la scruta e la giudica, la critica e vi interviene con la forza scandalosa della parola. Sul piano delle vite individuali la parola profetica sconvolge, ha un impatto perfino violento e puรฒ indurre un cambiamento anche repentino. Ma ormai la profezia non รจ solo una predicazione, ma le parole e lโintera vita di Gesรน sono la parola definitiva di Dio allโumanitร . Gesรน infine รจ la vita. La vita rinvia al livello della sapienza; la parola sapienziale, infatti, dice il reale, esprime il reale e riguardo alla vita personale รจ la parola che sa scrutare le profonditร , il cuore e i reni, che sa prendersi cura della realtร e delle persone, sa curare, guarire e consolare. E anche la sapienza coincide ormai con la prassi di incontro e cura che Gesรน stesso nella sua vita mette in pratica con gli umani. Ecco, Gesรน, come via, veritร e vita si sta presentando come colui che compie la rivelazione che nella sua forma scritta si compone della Torah, della Profezia, della Sapienza. O, se vogliamo, lโumanitร di Gesรน adempie le Scritture, e Gesรน รจ colui che rivela Dio e che puรฒ dire: โNessuno viene al Padre se non per mezzo di meโ (Gv 14,6). Davvero, noi cristiani non possiamo dire nulla di Dio se non ciรฒ che vediamo in Gesรน Cristo. E lo possiamo narrare solo quando facciamo della sua vita la nostra vita, della sua pratica dellโumano la nostra pratica dellโumano.
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A cura di Luciano Manicardi โ Fonte