Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 1 Maggio 2022

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Lโ€™amore discerne lโ€™amore

Il vangelo della terza domenica di Pasqua dellโ€™annata C ci pone di fronte alla presenza del Signore risorto che viene riconosciuta dal discepolo amato e da lui comunicata a Pietro. E il Risorto, una volta riconosciuto dai discepoli, ridona unitร  al loro gruppo smarrito e che si stava disgregando. La pagina di Giovanni ci presenta la crisi della comunitร  dei discepoli dopo la morte del loro maestro e guida. Anzi, anche dopo che era stato riconosciuto da loro come risorto. Ci presenta la crisi dovuta alla scomparsa del fondatore del gruppo. Cosรฌ come, a un secondo livello di lettura, ci presenta la crisi che interviene nelle comunitร  cristiane delle origini dopo la morte dei testimoni oculari, degli apostoli. Il testo di Gv 21,19 indica che ormai la morte di Pietro รจ avvenuta: “Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”. E i successivi vv. 20-23 mostrano che anche il discepolo amato ormai รจ morto. L’autore infatti vuole liberare il campo da un’interpretazione erronea di alcune parole di Gesรน che aveva condotto alcuni a pensare che quel discepolo non sarebbe morto. Specifica l’autore: “Gesรน non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: ‘Se voglio che egli rimanga finchรฉ io venga, a te che importa?'” (Gv 21,23). Morti gli apostoli si crea una situazione di incertezza e di difficile convivenza tra maniere differenti di vivere l’ereditร  evangelica. Maniere diverse che si traducono in forme spirituali, teologiche, disciplinari e pastorali diverse e che si sintetizzano, da un lato, nella grande chiesa che si richiama a Pietro e che trova espressione letteraria nei sinottici e, dallโ€™altro lato, nella chiesa efesina che si richiama al discepolo amato e che trova espressione fondativa nel IV vangelo. Se la sequela รจ la cifra spirituale del primo gruppo, il rimanere lo รจ del secondo.

Il vangelo si apre presentando il disfacimento di un corpo comunitario. E che caratteristiche presenta questa disgregazione? Anzitutto la rapiditร . Basta pochissimo tempo perchรฉ i discepoli che si riunivano insieme almeno ogni primo giorno della settimana, si sfaldino e smarriscano la loro dimensione di comunitร . Inoltre, diversi discepoli non ci sono piรน. Sembra che alcuni siano scomparsi, se ne siano andati. Ne vengono nominati solo sette. Il gruppo non ha saputo custodire la propria integritร : spinte personali e soggettive sono state piรน forti del richiamo comunitario. Il tempo senza Gesรน ha ben presto mostrato la labilitร  di alcuni discepoli, la precarietร  di alcuni che pure per diverso tempo avevano vissuto con Gesรน. Non avevano acquisito sufficiente maturitร  umana e spirituale? Non avevano sviluppato sufficiente autonomia? Restavano nel gruppo attratti personalmente da Gesรน e basta? Per motivi affettivi? Non lo sappiamo. Quel che emerge รจ anche la vanificazione del passato vissuto con Gesรน. E anche dei primi tempi passati dopo la sua resurrezione. L’esperienza di fede sembra rivelarsi qui estremamente fragile: che ne รจ del vissuto con Gesรน, dell’ascolto della sua parola, dell’aver visto i suoi segni su persone malate, che ne รจ, soprattutto, dell’amore vissuto insieme? Se di amore si trattava. รˆ quasi come se quel vissuto non abbia avuto la forza di dar forma e consolidare un futuro da viversi insieme pur senza il pastore, Gesรน. Esplodono forse le contraddizioni e i conflitti tenuti a bada fino a quel momento dalla presenza di Gesรน? Non possiamo dire. Di certo, sembra emergere un’altra dimensione: la dimenticanza, l’oblio. Hanno forse dimenticato tutto? Pietro ha dimenticato che Gesรน gli ha cambiato il nome di Simone in Cefa (1,42)? Hanno dimenticato la preghiera per loro e i discorsi rivolti loro da Gesรน prima del suo addio? Ciรฒ che non si ricorda รจ come se non fosse mai stato. Ancora si cercano rassicurazioni. Lo sfaldamento della comunitร  รจ anche dovuto al fatto che ci si rifugia in ciรฒ che si conosce per timore di intraprendere ciรฒ che appare nuovo e incerto. Le rassicurazioni emergono nel rifugiarsi nel passato particolare di ciascuno, nell’emergere con prepotenza di ciรฒ che รจ peculiare a ciascuno. Anche nelle vite di questi discepoli che pure sono rimasti riemerge con prepotenza il loro passato lontano, quello da cui si erano staccati un tempo per seguire Gesรน e intraprendere la vita itinerante con lui. Pietro ritorna al mestiere di un tempo: “Simon Pietro disse: Io vado a pescare”. E gli altri si accodano.

“Questa era giร  la terza volta che Gesรน risuscitato dai morti si manifestรฒ ai discepoli” (Gv 21,14). Questa annotazione accresce la sensazione di irrilevanza di ciรฒ che prima era avvenuto. Che esito avevano avuto le due precedenti manifestazioni del Risorto? E tutto ciรฒ che c’era stato prima? Com’รจ possibile che una storia di coinvolgimento di anni si riduca a questo nulla? Ma forse proprio cosรฌ il gruppetto di discepoli diviene figura appropriata delle comunitร  cristiane nella storia. Questi discepoli hanno confessato la fede nel Risorto, ne hanno fatto un’esperienza, hanno ricevuto il dono dello Spirito, hanno ascoltato le parole di invio del Risorto, eppure sembra che non sappiano nemmeno perchรฉ stanno insieme. รˆ una comunitร  che ha perso il senso del proprio essere insieme, della propria vocazione, e che si sta liquefacendo in una vita frustrante e sterile: “Quella notte non presero nulla”. Il testo, in effetti, inizia con una notte di pesca che non produce alcun frutto. Il gruppetto di discepoli sembra legato da un esile legame: un rapporto con Pietro piรน di abitudine e di inerzia che di convinzione. Non basta essere insieme per formare una comunitร , per essere il corpo di Cristo. Perso Gesรน, il pastore che guida e orienta, la luce che illumina, la parola che dร  senso, i discepoli si rivelano nella loro distanza rispetto a Gesรน. Distanza che non vuol dire distanza tra poveri uomini e colui che รจ Dio in terra, ma distanza tra l’umanitร  di Gesรน e la loro umanitร . Cosa hanno imparato da Gesรน? Cosa hanno interiorizzato delle sue parole e del suo esempio?

Il testo sottolinea il come della manifestazione di Gesรน: “Si manifestรฒ cosรฌ”. Come? Come un povero che chiede cibo. Come un pescatore abile che dร  indicazioni su come pescare per prendere qualcosa dopo una nottata infruttuosa. Come uno che si prende cura di loro preparando del pesce da mangiare. E infine come un ospite che li invita a mangiare insieme: “Venite a mangiare”. Come, dunque? In maniera umanissima: preoccupandosi del loro lavoro, del loro cibo, preparandone per loro e invitandoli a mangiare insieme. Sono gesti semplici e umani, i gesti della condivisione, della cura e della preoccupazione perchรฉ l’altro stia bene. Sono i gesti della fraternitร  che culminano nell’atto con cui Gesรน prende il pane e il pesce e lo dร  loro. Chi non l’avesse riconosciuto prima, a questo punto probabilmente dovrebbe saper fare l’unitร  tra questo gesto e quello compiuto piรน volte da Gesรน tra i suoi discepoli di presiedere un pasto a condividerlo. Se questo testo si trovasse nei Sinottici รจ a questo punto che sarebbe avvenuto il riconoscimento. Ma nel testo giovanneo la presenza dello sconosciuto viene riconosciuta come presenza del Risorto in modo carismatico dal discepolo amato, per intuizione spirituale, per intelligenza dovuta all’amore. Intelligenza che accende un fascio di luce nella notte in cui si trovano i discepoli. E che dice l’autorevolezza spirituale del discepolo amato. Quando il discepolo amato capisce che รจ il Signore? Subito dopo che l’obbedienza alla parola dello sconosciuto ha prodotto una pesca eccezionale. La sovrabbondanza di pesce evoca immediatamente nella memoria evangelica la sovrabbondanza di vino a Cana e la sovrabbondanza di pane nella moltiplicazione (Gv 6,12-13). Quella sovrabbondanza che รจ la misura di Dio, di colui che ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. E non รจ allora un caso che quel segno sia colto e capito dal discepolo amato che intuisce con infallibile sensus fidei, che “รจ il Signore” (v. 7). รˆ l’amore che discerne l’amore. E con amore rispettoso della volontร  del Signore, egli cede la sua conoscenza a Pietro, la comunica e condivide con lui. “Il discepolo che Gesรน amava disse a Pietro: รˆ il Signore” (Gv 21,7). Il Risorto si fa presente sulle rive del lago con il linguaggio della sovrabbondanza dell’amore. Ma una sovrabbondanza che si rivela nel quotidiano e umanissimo interessarsi dell’altro, nel preparare un pasto e nel mangiare insieme. Come dunque? Narrando loro che la quotidianitร  cosรฌ semplice puรฒ essere abitata dalla dismisura dell’amore di Dio. Dicendo loro ancora una volta che l’abbondanza dell’amore di Dio non รจ visibile se non nei gesti dell’amore quotidiano, del preparare una tavola, del condividere un banchetto, del vivere la fraternitร  e l’amicizia, dell’interessarsi del lavoro altrui, del dire all’altro: tu mi interessi e io voglio coinvolgermi con te e fare il tuo bene. Il passaggio pasquale avviene cosรฌ, discretamente, silenziosamente. รˆ cosรฌ che il gruppo smarrito ridiviene comunitร  sulle rive del lago di Tiberiade. La comunitร  riprende vita ricordando ciรฒ che ha vissuto, un’avventura di amore, ricordando la propria vocazione, che รจ quella di perseverare nell’amore. Ecco attorno a cosa si ricompone la comunitร : l’obbedienza alla parola, la condivisione del lavoro e del pasto, la memoria dell’amore e la riconferma dell’impegno di amare.


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose