Luca Rubin – Commento al Vangelo di domenica 6 Febbraio 2022

A cura di Luca Rubin

Sono maestro elementare, professione che cerco di vivere in pienezza, non come lavoro ma come vocazione e missione.
In parrocchia sono catechista, referente per i ministranti e accolito: in una parola, cerco di dare una mano! Mi piace molto leggere e scrivere, ascoltare musica classica, country e latina, stare in compagnia di amici. […]


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La pagina di vangelo inizia con una scena di fallimento: Gesù vede due barche accostate e ferme, i pescatori scendono da esse e lavano le reti; Pietro spiegherà che hanno pescato tutta la notte senza concludere nulla.

Quando viviamo un fallimento, una delusione, la tentazione è quella del ripiegamento, del fermarsi, dell’arrendersi. Se i pescatori scendono dalle barche, Gesù vi sale. Inizialmente Gesù continua ad insegnare ed annunciare la parola di Dio, e fin qui Pietro poteva anche accettare, una fatica in più, certamente, ma non lo impegnava più di tanto.

Ma ecco che Gesù arriva al cuore di Pietro e gli dice: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. È inaccettabile: dopo un grande fallimento non si hanno più le energie per affrontare una fatica, una situazione si ha solo voglia di fermarsi, di tacere, di piangere, certamente non di lavorare o di impegnarsi in qualche cosa, perché c’è bisogno del silenzio per potersi riprendere, per guarire le ferite. Eppure, Pietro accetta: “sulla tua parola getterò le reti”. Mi fido, getto le reti, anche se mi costa tanta fatica e secondo la mia esperienza non ha alcun senso.

La pagina di vangelo prosegue raccontando il prodigio tradizionalmente chiamato “pesca miracolosa”. Un miracolo ha bisogno della fraternità, ha bisogno dell’aiuto dei compagni: come nella creazione della donna Dio ha avuto bisogno della costola dell’uomo, così Pietro ha bisogno degli altri per accogliere l’amore e la misericordia di Dio: le due barche ora sono piene di pesci.

La reazione di Pietro è molto forte: allontanati da me, che in greco è reso come scendi dal mio, cioè scendi dalla mia barca. L’imbarazzo di Pietro è lo stesso nostro imbarazzo quando davanti all’opera di Dio constatiamo la nostra poca fiducia. Pietro prosegue: sono un peccatore. Sempre il greco traduce “sono un maschio peccatore”. Gesù continua, non si scompone e conforta il pescatore: non temere. Come sappiamo, questa è una parola che la Bibbia ci offre 365 volte, una volta al giorno Dio ci dice non temere.

E poi conclude con un’affermazione strana: d’ora in poi sarai pescatore di uomini. Lui, che si considerava un maschio peccatore, diventò un pescatore di uomini, vivi, specifica il greco. L’esperienza del proprio limite permette a Pietro di diventare uomo, non solo maschio, offre a Pietro la possibilità. di pescare altri uomini (e donne), non per catturarli ma per liberarli. Pietro diventa sorgente di perdono e misericordia.

Le barche ora non sono più accostate lungo la sponda del fiume, in una situazione intermedia (né acqua né terraferma), ma sono state tirate a terra. La giornata ora è davvero conclusa, lasciano tutto e seguono Gesù.

Questo Vangelo spesso veniva associato alla vocazione sacerdotale, ma come abbiamo visto il Signore rivolge a ciascuno di noi questo invito: prendi il largo, non fermarti a compiangere te stesso, e se piangi, piangi sulle spalle del Signore. Come vedi lui non lascia la tua barca, anche se tu glielo chiedi, non scende dal tuo. E proprio dalla tua barca ti dice: prendi il largo, vai. Ma non finisce qui, in un ambito intimo tra te e Gesù: hai bisogno della fraternità per poter portare frutto, per poter essere quel pescatore di uomini che sa essere aiutato e che sa aiutare, che sa ricevere la misericordia e sa donarla.

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