Sono maestro elementare, professione che cerco di vivere in pienezza, non come lavoro ma come vocazione e missione.
In parrocchia sono catechista, referente per i ministranti e accolito: in una parola, cerco di dare una mano! Mi piace molto leggere e scrivere, ascoltare musica classica, country e latina, stare in compagnia di amici. […]
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La pagina di vangelo inizia con una scena di fallimento: Gesù vede due barche accostate e ferme, i pescatori scendono da esse e lavano le reti; Pietro spiegherà che hanno pescato tutta la notte senza concludere nulla.
Quando viviamo un fallimento, una delusione, la tentazione è quella del ripiegamento, del fermarsi, dell’arrendersi. Se i pescatori scendono dalle barche, Gesù vi sale. Inizialmente Gesù continua ad insegnare ed annunciare la parola di Dio, e fin qui Pietro poteva anche accettare, una fatica in più, certamente, ma non lo impegnava più di tanto.
Ma ecco che Gesù arriva al cuore di Pietro e gli dice: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. È inaccettabile: dopo un grande fallimento non si hanno più le energie per affrontare una fatica, una situazione si ha solo voglia di fermarsi, di tacere, di piangere, certamente non di lavorare o di impegnarsi in qualche cosa, perché c’è bisogno del silenzio per potersi riprendere, per guarire le ferite. Eppure, Pietro accetta: “sulla tua parola getterò le reti”. Mi fido, getto le reti, anche se mi costa tanta fatica e secondo la mia esperienza non ha alcun senso.
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La pagina di vangelo prosegue raccontando il prodigio tradizionalmente chiamato “pesca miracolosa”. Un miracolo ha bisogno della fraternità, ha bisogno dell’aiuto dei compagni: come nella creazione della donna Dio ha avuto bisogno della costola dell’uomo, così Pietro ha bisogno degli altri per accogliere l’amore e la misericordia di Dio: le due barche ora sono piene di pesci.
La reazione di Pietro è molto forte: allontanati da me, che in greco è reso come scendi dal mio, cioè scendi dalla mia barca. L’imbarazzo di Pietro è lo stesso nostro imbarazzo quando davanti all’opera di Dio constatiamo la nostra poca fiducia. Pietro prosegue: sono un peccatore. Sempre il greco traduce “sono un maschio peccatore”. Gesù continua, non si scompone e conforta il pescatore: non temere. Come sappiamo, questa è una parola che la Bibbia ci offre 365 volte, una volta al giorno Dio ci dice non temere.
E poi conclude con un’affermazione strana: d’ora in poi sarai pescatore di uomini. Lui, che si considerava un maschio peccatore, diventò un pescatore di uomini, vivi, specifica il greco. L’esperienza del proprio limite permette a Pietro di diventare uomo, non solo maschio, offre a Pietro la possibilità. di pescare altri uomini (e donne), non per catturarli ma per liberarli. Pietro diventa sorgente di perdono e misericordia.
Le barche ora non sono più accostate lungo la sponda del fiume, in una situazione intermedia (né acqua né terraferma), ma sono state tirate a terra. La giornata ora è davvero conclusa, lasciano tutto e seguono Gesù.
Questo Vangelo spesso veniva associato alla vocazione sacerdotale, ma come abbiamo visto il Signore rivolge a ciascuno di noi questo invito: prendi il largo, non fermarti a compiangere te stesso, e se piangi, piangi sulle spalle del Signore. Come vedi lui non lascia la tua barca, anche se tu glielo chiedi, non scende dal tuo. E proprio dalla tua barca ti dice: prendi il largo, vai. Ma non finisce qui, in un ambito intimo tra te e Gesù: hai bisogno della fraternità per poter portare frutto, per poter essere quel pescatore di uomini che sa essere aiutato e che sa aiutare, che sa ricevere la misericordia e sa donarla.