L’OSPITALITA’ LITURGICA nel QUADRO della MOBILITA’ UMANA
don PAOLO TOMATIS
Direttore Ufficio Liturgico diocesi di TORINO
Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 13 novembre 2017
Il tema dell’ospitalità applicato alla liturgia è ricco di suggestioni, dal momento che non può esservi una liturgia cristiana che non sia per sua natura “esperienza ospitale di ospitalità”: l’icona biblica di Emmaus lascia intuire il delicato percorso di passaggi e soglie attraverso cui coloro che si aprono all’ospitalità si scoprono finalmente ospitati dall’ospite divino, inatteso e desiderato.
La nostra prospettiva cercherà di analizzare il tema di una liturgia ospitale in relazione soprattutto alle persone e ai gruppi che provengono da altri paesi e da altre culture. Il faro, come sempre, è quello del Concilio Vaticano II, che nella Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium ha aperto la strada a una liturgia capace di ospitare le culture. La liturgia rinnovata del Vaticano II non prevede una rigida uniformità, ma cerca di rispettare e favorire le qualità, le doti, le ricchezze culturali della diversità dei popoli. Inculturazione e adattamento, creatività nella fedeltà, promozione di una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa (SC 11) sono i compiti assegnati a tutte le comunità, tanto più a quelle che ricevono il dono di condividere la fede con uomini e donne provenienti da culture diverse.
La globalizzazione delle culture e l’incontro dei popoli fa sì che anche nelle nostre comunità vi siano situazioni nuove che attendono di essere considerate anche dal punto di vista liturgico:
- – l’immigrazione, che non più essere considerata un’emergenza, ma una realtà strutturale, che può diventare per le nostre Chiese non solo un fatto da accogliere e gestire, ma una risorsa, un “segno dei tempi”, una ricchezza da non sprecare, per arricchire le nostre liturgie, o semplicemente per farle essere ciò che sono chiamate ad essere: luoghi ospitali di partecipazione possibile e desiderabile;
- – la domanda di battesimo da parte di adulti stranieri, che esige un accompagnamento qualificato, anche di tipo liturgico;
- – la presenza di sacerdoti stranieri, di religiose e religiosi in formazione, che torneranno prevedibilmente nei loro paesi al termine del cammino formativo;
- – la presenza di sacerdoti diocesani e religiosi italiani, che tornano dopo anni di servizio all’estero nella loro Chiesa di origine;
- – la presenza di poveri mendicanti “profughi” o “di professione”, alle porte delle chiese.
Sono questi tra i principali esempi di luoghi e figure che richiedono una riflessione attenta, volta a progettare un’autentica ospitalità liturgica, capace di valorizzare l’indole delle diverse culture, accogliendone gli stimoli positivi e vigilando sui possibili fraintendimenti.
- Saper leggere i “segni dei tempi”
- – la spinta di EG, per una “fraternità mistica” (EG 92);
- – alcuni rilievi, a partire da una esperienza concreta (Torino, 2007):
- o difficoltà di sentirsi famiglia e di fare casa;
- o esigenza di partecipazione e inclusione dei propri valori culturali e religiosi;
- o varietà di attese in riferimento alla varietà culturali.
- – attese specifiche delle diverse culture:
- o est europeo: musica, icona, riverenza per il sacro;
- o l’india e il sud-est asiatico: il silenzio e il rispetto; l’ospitalità come ambiente sinestetico (fiori, profumi e candele];
- o la Cina: ossequio e armonia, senso dell’ordo e valore della Tradizione, simpatia per il latino;
- o l’America latina: l’incarnazione e i tratti della religione popolare;
- o l’Africa: la dimensione etnica, la potenza della danza e dei tamburi, la dimensione dello Spirito e l’importanza dei mediatori;
- o l’occidente europeo: la spontaneità, il sentimento, l’immediatezza, ma pure l’ordine e il senso della cerimonia (Gran Bretagna, Stati uniti);
- o gli Stati uniti del melting pot e la sorpresa di un cattolicesimo etnico.
- – tratti comuni delle culture in cerca di ospitalità: l’esigenza “popolare” (EG 122-126)
- o il valore del tempo disteso;
- o la dimensione cosmica del contatto con la natura;
- o l’importanza del corpo;
- o la lingua “materna” (EG 139);
- o la dimensione festiva (EG 24).
- Principi per un discernimento pastorale
- – il principio cristologico e sacramentale della fraternità;
- – il principio pneumatologico ed ecclesiologico dell’unità nella cattolicità;
- – il principio liturgico della santità ospitale di Dio nell’ospitalità santa dei discepoli;
- o un doppio adattamento: della liturgia ai singoli, dei singoli alla liturgia;
- o una duplice tensione, tra attestazione/implicazione culturale e contestazione/eccedenza evangelica (Gal 3,28);
- o una doppia ospitalità, dell’assemblea e del Signore.
- L‘integrazione possibile e desiderabile
- – l’assemblea liturgica, luogo di ospitalità umano-divina:
- o la partecipazione attiva come inclusione;
- o l’attenzione ai codici di una liturgia più sensibile e affettuosa;
- o i ministeri dell’assemblea, tra accoglienza e raccoglimento;
- – l’integrazione dei singoli e dei gruppi:
- o coinvolgimento nei servizi/ministeri;
- o l’attenzione al calendario liturgico “proprio”;
- o l’ospitalità della Parola nella propria lingua e dell’animazione del canto;
- o l’iniziazione alla vita sacramentale della comunità;
- o l’ospitalità ecumenica.
- Conclusione: per una nuova tappa della riforma liturgica
Fonte – Diocesi di Vicenza